Il giovane dei desideri irrea...

By _Arii_Marti_

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''la morte non può uccidere un sogno, la morte non è la fine dei desideri'' e la tua esistenza serve a dimost... More

Prologo
Fascino insolito
Scompiglio
Crisantemi
Domande
Un nome, un significato
Il cimitero
Una strana sensazione
2 Novembre 2021 (40 giorni dopo)
Una sconvolgente scoperta
Un incendio di ametiste
La Rivelazione
La Dimostrazione
Il regno dei cimiteriali
Avversarie simili
Shopping
Le frasi del destino
La mia vita è la tua
La speranza che lenisce la sofferenza
Terremoto
Il rito
La mamma di Cassie
Presentazioni
Progressi e paure
Dolceamaro
Curiosità traditrice e amicizia fedele
TRE PIANI DI PURA MAGIA
Ops: difficoltà in vista!
17 novembre 2021
Appuntamento
Il treno fantasma
La Parigi sotterranea
Solo contro te stesso
Mezzosangue
Noi
Sensi di colpa
Quel ricordo feroce
Tu
La causa di tutto
Tre azioni, tre battiti di ali
Primo battito di ali
Secondo battito di ali
Terzo battito di ali
Non ti deluderò
Ferite inguaribili
29 Gennaio 2022
Spazio autrice

Mille urla nella testa

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By _Arii_Marti_

Graveyard era appoggiato con la schiena al muro, in angolo appartato davanti a scuola.

Era proprio vicino all'ingresso laterale dell'aula di arte: di fianco a lui si innalzava il grande albero che avevamo torturato con le nostre incisioni sulla corteggia. Anche le nostre palle da calcio lo decoravano come addobbi natalizi: ogni volta finivano tra i suoi rami più alti e non riuscivamo mai a tirarle giù. Certo, i gemelli si davano da fare anche in arrampicata, ma nemmeno loro arrivavano così in cima. Adesso i rami erano piegati verso il basso, spogli e irrigiditi dal freddo, ma creavano comunque una zona circolare di ombra sotto cui si era rifugiato Graveyard, come un vampiro insofferente alla luce.

Aveva la testa china e il cappuccio della felpa sulla testa: solo il naso punteggiato da lentiggini e il ciuffo dispettoso facevano capolino. Stringeva i pugni e faceva emergere i muscoli e i ricami delle vene, che spingevano contro la pelle e sembravano voler uscire.

Mi feci largo tra la folla di studenti, tirando gomitate a destra e a sinistra.

-Che modi sono, Cassandra?!

-Come ti permetti?!

Non badai alle voci indispettite che si confondevano alle mie spalle e proseguii, ma Graveyard mi notò e cominciò a scappare, prima con rapide falcate e poi di corsa. Si diresse verso il retro dell'istituto. Lo inseguii. "Questo comportamento non mi piace! Chissà in quali guai si è cacciato..."

-Graveyard, fermati. - urlai. -Devi spiegarmi tutto, non racconterò niente a Burald!

-Non posso.

Procedeva con estrema velocità, ma non aveva fiato neppure per rispondere. Tra poco sarei riuscita a fermarlo.

-Ma non dirò niente a nessuno, senza il tuo permesso. Te lo giuro!

Inciampò nelle radici di un altro albero e tirò un urlo, agitando le braccia in aria e lottando contro la possibilità di cadere. "È sempre il solito!" Lo raggiunsi e, evitandogli una brusca caduta, lo spinsi forte contro la parete. Mentre sbatteva contro il muro, il cappuccio gli scivolò giù dalla testa e gli scoprì il viso: era pallido, con le sopracciglia avvicinate e gli occhi marroni diventati all'improvviso enormi. Ansimava. Aveva le guance scavate dalle occhiaie.

Un piccolo tratto della sua clavicola venne alla luce e mi permise di vedere un tatuaggio stampato sotto al suo collo: si trattava di tre corvi neri, in volo nel cielo candido della sua pelle. Ma il disegno era circondato da un alone rosso e in alcuni tratti più scuro, tendente al viola o al bluastro, che faceva pensare a un livido. Allungai le dita per sfiorarlo: la sua pelle in quel punto era anche un po' gonfia. Di ritrasse con un gemito. Doveva fargli male, a giudicare dalla sua espressione strizzata dal dolore. Ehi, ma... Burald mi aveva spiegato che il loro Dio li puniva attraverso i tatuaggi! Eppure questi erano così diversi...

- Quelli cosa sono? - Le mie narici erano dilatate. Mi formicolavano le braccia. -Non ce li hai mai avuti. Quando sono comparsi?

Deglutì. -Non importa, Cassandra.

La palpebra gli sbatté più volte, allora abbassò lo sguardo e finse di concentrarsi sui suoi piedi.

-Si, invece. - Avvampai. Burald non si meritava anche questo tradimento. -Sì, invece, importa eccome! Fino alla settimana scorsa non c'erano, ne sono sicura.

A un tratto mi prese i polsi, mi scansò e si liberò dalla mia presa, si assicurò con un'occhiata che nessuno avesse assistito alla scena e fuggì prima che avessi il tempo di reagire. Rimasi con le labbra dischiuse per la sorpresa: nel petto mi cresceva un peso strano, mentre il cuore mi si stringeva in una morsa.

"Se n'è andato in mezzo secondo, voltando le spalle a un'amica!" Mossi la testa in segno di disappunto e mi precipitai in aula. "Sono sicura che l'abbia fatto a malincuore, per una ragione legata a Mr. Risen. Non può essere altrimenti!"

Burald entrò in classe con una lentezza insolita. Trascinava i piedi. Ma non poteva semplicemente fluttuare fingendo di camminare, come faceva sempre? Lo seguii in ogni suo movimento, ma il mio sguardo gli rimase incollato addosso anche quando si fu seduto al banco. Dopo mille tentativi di concentrarmi sul suo volto per decifrarne l'espressione, la mia attenzione cadde sulle nocche delle sue mani. Sussultai: erano lacerate.

La pelle era ridotta a brandelli e lasciava scoperto il sangue, che ribolliva in superficie come la lava di un cratere: solo alcune crosticine galleggiavano nel liquido rosso, come minuscole toppe che non riuscivano a ricucire le ferite. Burald si era di nuovo fatto male da solo. Ora teneva le mani sulle tempie e ogni tanto se le massaggiava.

"Chissà cosa gli stanno dicendo le voci. O meglio, le anime... O meglio, Diamond." Si passò una mano tra i capelli. "Nulla di buono, credo. È in difficoltà."

Il rumore della sedia che strisciava sul pavimento catturò l'attenzione di tutti, che si voltarono verso di me e ammutolirono all'improvviso. Sfoderai un sorrisetto impacciato. - Che c'è? Il prof non è ancora entrato. - Alzai le spalle. - Continuate pure le vostre chiacchiere!

I gemelli alzarono la testa in sincrono, e altrettanto in sincrono la riabbassarono per dormire accasciati sul banco. -Scusa. - mormorarono. Erano troppo insonnoliti per rispondermi male. Ma Alessandro rinvenne poco dopo e si guardò intorno smarrito. -No ma aspetta Massi, cos'è stato?

L'altro fece una risatina. -Ma ci sei o ci fai? La signorina delle treccine, che tra l'altro adesso non ce le ha più, sta andando dal suo tipo horror.

Ginevra drizzò il petto e si sistemò il colletto della camicia: il suo piacere per i pettegolezzi non era ancora svanito, anzi, si era rafforzato quando aveva rinunciato a ristabilire l'ordine in classe. Era troppo confusionaria. E poi la confusione portava gossip! Tirò una gomitata a Serena per attirare la sua attenzione. -Quindi ora è diventato il suo ragazzo?

-Certo, ho appena detto che sta andando dal suo tipo. Hai sentito bene, non sei mica sorda. - borbottò Massimo.

Anche Serena assunse un'espressione stupita. -È ufficiale?

Sbuffai tra me e me: adesso ci si metteva anche Serena a commentare la mia vita privata! Era da sempre la mia vicina di banco, le passavo i compiti sebbene non fossi di certo un genio a scuola, e adesso, dopo anni di convivenza pacifica, si metteva a spettegolare su di me?

Cos'avrebbero detto? "La ragazza con gli occhi diversi e il fantasma. Bella coppia, no?" Starnutii.

Ma cos'avevo da vergognarmi? Burald era meraviglioso. E poi chissenefrega! Oh sì, avevo proprio ragione. Quella parola mi riempiva di soddisfazione. "Chissenefrega!" gridai dentro di me, prima con un tono indignato e dopo con un tono esultante. Oh, quanto suonava bene!

Burald sollevò un angolo della bocca, mentre mi avvicinavo a lui e prendevo uno sgabello per sedermi al suo fianco, ma continuò a tenere il suo sguardo sospeso nel nulla.

-Perché lo hai fatto di nuovo?

-Lo sai, Cassie: ne ho bisogno.

Sentii lo scricchiolio di una nuova crepa che gli si apriva dentro. -Ma non ne hai altri, di bisogni? Magari ti distrarrebbero da quello...

Mi prese il viso: gli bastò sfiorarlo con le dita per immobilizzarlo e poi spostarlo con delicatezza, in modo che sulla mia pelle non rimanesse il segno della sua presa. Ma non mi baciò. -Solo quello... che vorrei fare. - sussurrò.

-Fallo. - mormorai. -Non mi importa niente di loro.

Lui esitò. Mi guardò negli occhi per capire se fossi proprio sicura. Annuii. "Certo, certo che sono sicura." Allora si portò il mio viso alla bocca, mi baciò e mi lasciò andare. Fu come se pareti di ossa s'innalzassero attorno a noi, un odore polveroso ci avvolgesse e un'atmosfera insolita ma suggestiva ci isolasse da tutto il resto: mi sembrava di essere tornata al giorno prima, nelle catacombe.

Smisi di tremare, ma il suo sguardo continuava a graffiarmi, vibrare e creare pieghe dentro di me. I muri crollarono e rimasero solo cumuli di teschi e resti umani, che mi osservavano da sopra i banchi e la cattedra. Le mascelle erano storte e i fori oculari vuoti, l'osso sull'altro lato della testa ingiallito: avevano tutti lo stesso sorriso bieco. Il cuore mi batteva forte. Un brivido mi percorse la schiena. "Meglio non prestare attenzione alle visioni. Burald mi sta facendo impazzire!"

Mi baciò di nuovo, ma questa volta per farmi rinvenire. Sollevai la testa e ritrovai i ghigni ironici dei crani nelle espressioni dei nostri compagni, che ci osservavano con curiosità. "Chissenefrega."

Burald li controllava con la coda dell'occhio, ma poi finse di ignorarli e iniziò ad accarezzarmi i capelli. Eravamo così vicini che i nostri profumi si fondevano. La mia acconciatura era sempre più scomposta, con numerose ciocche che mi erano finite davanti agli occhi o ai lati della testa.

Gli occhi di Burald erano assenti. Mi toccava in un modo che chi non lo conosceva avrebbe potuto definire distratto, tuttavia i suoi movimenti rigidi, a scatti, rivelavano l'emozione che risvegliavo in lui. Si comportava sempre così quando eravamo vicini. Mi sistemò una ciocca dietro l'orecchio e sorrise.

Uno schianto e un gridolino mi fecero sobbalzare. Alice era di fronte al banco. Aveva gli occhi sottolineati da due occhiaie scure e la sua pelle sembrava pulita, le ciglia sottili e libere dagli strati di mascara, anche se per questo non meno graziose. Cosa le stava succedendo?

A terra giaceva la sua pochette dorata e i cosmetici che erano scivolati fuori si erano distribuiti sul pavimento grigio della scuola. Lei non si chinò e non rese visibile dall'alto i seni abbondanti che spuntavano dalla scollatura del maglioncino, come avrebbe fatto qualche settimana prima, ma rimase in piedi. -Oh, pazienza. Li stavo portando verso il bidone. - Fece per cambiare direzione. -Scusate, ora potete riprendere.

-Aspetta, Alice!

Si voltò. -Sì, Cassie?

- Perché li vuoi buttare nella spazzatura?

-Perché è ora che la smettiate di pensare tutti che sia una poco di buono solo per il mio aspetto. E poi non ho più voglia di truccarmi: ora sono preoccupata per Graveyard. Non sono per niente d'accordo con quello che sta facendo, vorrei solo che la smettesse...

-Anche io sono preoccupato per Graveyard. - sussurrò Burald.

-Ah, sì? Al momento stai pensando ad altro. E comunque sei più preoccupato per te stesso, che per Graveyard.

-Alice...

Si girò un'ultima volta e rivolse gli occhi al cielo. -No, Cassie, non sono invidiosa, e non sono arrabbiata con te. Volevo solo dire a Burald che se fossi in lui cercherei di salvare una persona a cui voglio bene da... Ecco, da un'azione scorretta. E anche in fretta.

La ragazza si dileguò e tornò nell'altro lato della classe. Lui strinse le labbra e anche i pugni, talmente tanto che per poco le ferite non ricominciarono a sanguinare. - Perché si intromette?

-Credo che provi qualcosa per Graveyard. In ogni caso stava solo cercando di aiutarti, e forse sa qualcosa che noi non sappiamo.

- Non credo proprio. - borbottò. Si perse ancora nei suoi pensieri grigi, grigi come trappole, e si portò le dita alle tempie. Gli accarezzai un braccio. - Burald cos'hai alla... o forse dovrei dire nella testa.

-Un baccano assurdo.

- Cosa vogliono i morti da te, ancora?

Scosse la testa. - Non posso spiegartelo adesso. Incontriamoci al cimitero, oggi... Ti prometto che ti dirò tutto.

-E così dovrò aspettare fino a quel momento...

Mi baciò un'altra volta: forse il suo compito non comprendeva convogliare il suo fiato nel mio, forse non era citato nel desiderio, tuttavia era parte delle mie richieste e non le avrebbe deluse mai e poi mai. In fondo anche lui le condivideva. I nostri cuori erano molto diversi, ma diventavano due specchi quando si trattava di amarsi e sfiorarsi.

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