L'Alba di Caøs ed Årmoniå

By Roxana_Fireheart

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Lui mi guardava con quella sua aria pensante, con il suo sguardo pesante. -Senza sentimenti- mi ha detto ser... More

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By Roxana_Fireheart

Lui a suo dire, non volle più soffrire, io a mio dire capì in fretta che star insieme gli faceva più male che non stare e basta.
Che abbandonarsi e basta.
Fu ironico che, urlando di non volermi perdere preferì farlo.
Urlando a fare male, non volle sentirlo
Non volendo sentire,
smise d'amare
Così fece e così lo lasciai fare.
A volte bisogna farlo, alle volte si deve lasciar vincere e stare a guardare o non farlo, lasciar solo la vittoria e un pugno di sabbia, a volte cenere, poco più.
Io, dal canto mio, mi tenni i pianeti. Tenni sogni ed incubi perchè mi minacciai di accartocciarli e la cosa minacciò me.
Il Caøs e L'Årmoniå volteggiarono sul mio volto una notte, sussurrarono, lasciandomi una chiave.
Stupida, non li avevo mai capiti nei loro girotondi.
Non ero io
Non era lui.
Non avevo idea di che cosa stessi guardando.
Anellandomi scuse, misi insieme i pezzetti sparsi, ricostruendo il mosaico.
Così tutto semplicemente sparì, tutto ma non le stelle.
Loro,
Beffarde,
non svaniscono mai.
Presi le mie carte, tutte quelle tanto criticate, accartocciate, strappate buttate.
Capì che sarebbe state quelle le ali che tanto ricercavo, ali di cera e cartapesta. Ali macchiate di liquido scuro spesso sbavato.
Le mie piume.
Ritrovai il mio vecchio amore, i miei vecchi vezzi, vizi, i vecchi casini che nel tempo avevo abbandonato, che avevo buttato negli ultimi anni, ironicamente, per non ferire.
Quel Caøs che avevo lasciato che fosse qualcun altro a portare, lo ripresi io.
Non mi curai di sedarlo, non volevo farlo. Decisi invece di viverlo, fino in fondo, fino all'ultima briciola, scivolando nel marasma, divenendo tale in uno schema troppo grande per avere una logica.
Aprì le porte, poteva entrare, feci in modo che lo facesse, lo accolsi, quel mio bel peccato.
Dolore, Ira, Anima e corpo.
Chi non prova le pene dell'amore non ama e io non avevo alcuna paura del dolore, io volevo amare.
Passai le mani sul lucchetto, l'unico rimasto, la serratura aveva tre mandate.
Furono suoni secchi, bellissimi.
Ripresi tutto e mi resi conto d'amarla. Avevo rischiato di accartocciarla, di privarla,  lei che era riparo, arma, scudo, tetto, letto, il camino acceso in una giornata di pioggia, il cielo limpido nella notte delle stelle cadenti. Era tutto, non era niente, era ogni respiro, ogni respiro che fa male.
Fece un male cane come doveva essere.
Come doveva essere amata, fendente dopo l'altro.
Mi resi conto di amarla
dio... quanto l'amavo.
Ogni singola spira, ogni singola scia, ogni singolo alito fumante.
Ogni sorriso era mio, ogni lacrima era la mia non importava quante fossero, non mi importava, ci rischiai il cuore e lo feci con lo stomaco, avrei dato la Luna e non "Se avessi potuto" , lo feci, perchè da me poteva avere ogni cosa. Poteva uccidermi, ma lei non lo avrebbe fatto, no, mi avrebbe forse ridotto a brandelli, irata, lasciandomi quegli ultimi respiri e in quelli salvarmi, ancora.
Iniziò a rifondersi in me, quel beffardo modo che avevo accantonato. Le fasce calde che tornano ad avvolgersi.
Familiari abiti sgualcuti che pur, splendidi, portan la bocca a curvarsi all'insù. Sorrisi e fu allegria.
Avevo perso, avevo perso.
Mi stavano perdendo.
Io stavo perdendo.
Stavo lasciando vincere qualcuno, stavo lasciando che perdessi, che si giocasse da sè quel gioco di carte.
Stavo lasciando che si giocasse anche con ciò che io avevo messo nel piatto.
Ma sorrisi, forte, anche a denti stretti.
Sentendo, smettendo di farlo, poi sentendo di nuovo, più forte e poi
Nel perdere
vinsi lei
Nel perdere, nel tornare ai ripari inciampai nel Cosmo, nelle sue tenebre, nel fuoco delle sue stelle.
Avevo bruciato una piuma, avevo richiamato tutti i miei diavoli.
Mi resi presto conto che forse con quel lucchetto aperto, avrei potuto perdere.
Avrei sopportato la sconfitta, lasciando che fosse l'altro a vincere ciò che voleva. Fare ciò che desiderava tanto.
Ancor oggi, stanno vincendo, a poco a poco, stanno portando i punti a salire, presto ci sarà la premiazione.
Io sto perdendo e lascerò che vinca.
Perderò.
Ma con quel camino acceso, con quel Cosmo, quel fuoco, quel buio.
Con quest'amore.
Riderò per ogni lacrima che, perdendo dovrei versare. Dedicherò lei il più luminoso dei sorridi.
Le prenderò la Luna e la metterò tra i nostri sospiri.
Come fu allora, anche adesso, anche domani.
La mia spada a colare nero, io ad ogni fendente, colpo dopo colpo, dopo colpo.
Fu la notte forse, forse furono le stelle che ammiccarono nel cielo, ma
Amai, fino al fondo altalenante respiro.
Non avevo mai capito, quando potesse essere bello lo sforzo, di ballare tra i diavoli.
Lo feci e ne amai ogni secondo
continuo a farlo,  ad amare, ogni giorno, con lei, tramite lei, insieme, lei.
il cosmo intero nello sfarfallio selvaggio di un cuore sì, ferito, ma mai fermo.
Mai più.

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