Il giovane dei desideri irrea...

By _Arii_Marti_

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''la morte non può uccidere un sogno, la morte non è la fine dei desideri'' e la tua esistenza serve a dimost... More

Prologo
Fascino insolito
Scompiglio
Crisantemi
Domande
Un nome, un significato
Il cimitero
Una strana sensazione
2 Novembre 2021 (40 giorni dopo)
Una sconvolgente scoperta
Un incendio di ametiste
La Rivelazione
La Dimostrazione
Il regno dei cimiteriali
Avversarie simili
Le frasi del destino
La mia vita è la tua
La speranza che lenisce la sofferenza
Terremoto
Il rito
La mamma di Cassie
Presentazioni
Progressi e paure
Dolceamaro
Curiosità traditrice e amicizia fedele
TRE PIANI DI PURA MAGIA
Ops: difficoltà in vista!
17 novembre 2021
Appuntamento
Il treno fantasma
La Parigi sotterranea
Solo contro te stesso
Mezzosangue
Noi
Mille urla nella testa
Sensi di colpa
Quel ricordo feroce
Tu
La causa di tutto
Tre azioni, tre battiti di ali
Primo battito di ali
Secondo battito di ali
Terzo battito di ali
Non ti deluderò
Ferite inguaribili
29 Gennaio 2022
Spazio autrice

Shopping

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By _Arii_Marti_

Ogni pomeriggio mia mamma si metteva in piedi davanti alla porta e, prima di lasciarmi uscire, abbassava gli occhiali per squadrarmi dalla testa ai piedi: sulla pelle raggrinzita della fronte le spuntavano tante minuscole rughe. La facevano sembrare severa, ma in realtà si comportava così perché ero l'unica figlia rimasta: aveva troppa paura di perdermi.

Quando Diamond era morto, io ero ancora una bambina fragile e non riuscivo a sopportare una perdita del genere. Non volevo nemmeno più andare a scuola. Alla mattina rifiutavo perfino di alzarmi dal letto, perché in ogni angolo della casa la sua mancanza si espandeva, il vuoto cresceva, la voragine diventava più profonda.

Diamond era più grande di me solo di qualche anno, ma sapeva tantissime cose. Per questo mi rivolgevo a lui per qualsiasi domanda, e un giorno gli chiesi addirittura dove finissero le persone quando morivano: lui mi rispose che non andavano in cielo, come tutti credevano, ma sottoterra. Poi però aggiunse che le loro anime sopravvivevano, lì sotto, e non abbandonavano mai i loro cari.

Quando se ne fu andato, io temevo perfino di camminare sul terreno, perché poteva aprirsi un burrone all'improvviso e risucchiarmi al suo interno, insieme a tutti i defunti. Insomma, feci preoccupare tantissimo mia mamma, e per lei perdere Diamond fu un duro colpo quanto che per me: era il mio fratellone, un fratellone dolce, che mi proteggeva, mi coccolava, a cui ero unita da un rapporto meraviglioso anche se eravamo solo due bambini.

-Cassandra, dove stai andando? Hai già fatto i compiti?

Poi: - Quando torni? Chi viene con te?

Pronunciavo il nome di compagni a caso, ma se non li conosceva, inarcava le sopracciglia. -Vorrei il numero dei rispettivi genitori, per favore.

Incrociava le braccia e picchiava un piede sul pavimento, in attesa. -Mamma, non ce li ho... Proverò a farmeli dare per la prossima volta.

Alla fine riuscivo sempre a svignarmela e a raggiungere il cimitero. Ma quante cose le stavo nascondendo, adesso, dopo tutto ciò che le avevo fatto passare in passato? L'avevo costretta a risollevarmi da terra quando anche lei si trovava ancora sul fondo. Era stata un'ingiustizia, e ora... Non potevo biasimarla per i suoi controlli assillanti. Non ne avevo il diritto.

Un profumo inconfondibile mi accoglieva sulla strada e mi riconduceva a Burald, che mi aspettava al cancello. L'intensità dell'odore cresceva man mano che mi avvicinavo. La prima cosa che riuscivo a vedere in lontananza era la sua chioma ammantata di luce: spesso, di fianco a lei, c'erano anche una cascata di capelli color cioccolato e un ciuffo rosso. Se veniva mosso dal vento, sembrava un fuocherello che agitava le sue fiamme.

Avanzando, il tono aspro di Darkness e l'ironia di Graveyard diventavano sempre più forti e mi entravano nel cuore: sorridevo e, quando mi univo a loro, l'amicizia mi contagiava. Alice nel frattempo aveva visitato il regno sotterraneo e metabolizzato le scoperte, ma ancora non accettava di rimanere a meno di un metro di distanza da Graveyard: ora che conosceva il segreto aveva la scusa pronta per intrufolarsi nei nostri appuntamenti, ma ogni volta succedeva che venisse anche Graveyard e fosse troppo impegnata a tenerlo lontano da lei per pensare a Burald. Non mi stava procurando grandi problemi, insomma.

"Sto addirittura mettendo da parte il rancore per la morte di Diamond? Mi sto scordando di essere strana e piena di crepe?" Feci cenno di no, osservando la mia treccia profumata. Mi ricordava una corda robusta e mi teneva legata a lui. "No, non posso scioglierla. Forse è ancora presto."

▪️▪️❤️▪️▪️

Stavo uscendo da scuola. Darkness era accostata vicino all'ingresso, di fianco alla grande bacheca di legno su cui venivano appesi tutti i volantini, e davanti a una delle due porte che ora erano spalancate per lasciar uscire gli alunni. Tra uno sbadiglio e l'altro sollevava lo sguardo dal pavimento di mattonelle giallastre e lo faceva rimbalzare sulla gradinata dell'esterno, fino a raggiungere il parcheggio. In mezzo all'asfalto, qua e là, dei poveri abeti erano parcheggiati come automobili smarrite. Il viso di Darkness appariva cupo a causa del solito trucco pesante, ma appena mi vide parve illuminarsi. La raggiunsi con il cuore in subbuglio, perché nemmeno quel giorno Burald era venuto a scuola. Dovevo preoccuparmi?

-Cosa ci fai qui?

Una folla di ragazzi frettolosi ci travolse, come un fiume che esce dagli argini e trasporta tutto ciò che trova: l'odore di cicca alla menta, vari profumi femminili e sudore acre sostituì la puzza di candeggina del pavimento, mentre gli schiamazzi e il vociare confuso presero il posto del silenzio.

-Te lo dirò quando ci saremo liberate da questo ammasso di teeneger disperati.

-Va bene, ma muoviamoci.

Mi spostai in un angolo. Lei mi imitò e appoggiò una spalla alla parete. Passò anche Alice: il suo vestito a fiori firmato svolazzava, scoprendole le gambe lunghe e perfette anche se questo non era consentito a scuola, mentre si arricciava una ciocca di capelli con una mano e con l'altra si applicava un rossetto rosa. I suoi occhi però puntavano inquieti da una parte all'altra dell'atrio e la sua andatura non era saltellante come sempre.

Si accostò insieme a me e Darkness. Mi sfuggì uno starnuto chiassoso perché sì, era vero che gli ultimi tempi erano stati difficili anche per lei, ma non per questo poteva allungare ancora la mia attesa.

-Cassie, devi assolutamente salvarmi! Per favore... Lo so che non siamo amiche, però potresti, con enorme gentilezza, venire con me domani al cimitero degli animali? Quella testa dura di Graveyard continua a insistere, ma io non ho nessuna intenzione di rimanere sola con lui, tantomeno in un posto del genere!

Cercai di non sbuffare, ma mi venne spontaneo. -E dai, che ti costa farlo contento? Tanto non sarà soddisfatto fino a quando non mi sarò tolta dai piedi, non vedi come...

-Non lo sopporto! È un mostro che esce dalle bare, ti rendi conto?

-Anche Burald lo è, se la metti così. Perché su di lui la pensi in modo diverso?

- Lui almeno, se deve uscire da una cassa da morto, lo fa con stile. Graveyard non è minimamente affascinante!

Potenti lampi attraversarono le iridi di Darkness: sembravano spezzarle in due le pupille e lanciare saette a chi osservava, in questo caso Alice. -Parlate più piano, o vi sentirà qualcuno.

La sua anima pareva concentrarsi tutta lì, in quelle nocciole incastrate nel suo viso, negli istanti di rabbia o di impazienza. Terminata la carica di energia negativa, tornavano vitrei. "Gli occhi di ogni cimiteriale si possono riempire, basta trovare il modo adatto a loro."

Alice sgranò gli occhioni da cerbiatta in un'espressione supplice. -Cassie, per favore...

-Va bene, va bene, ma adesso lasciaci da sole!

Alice se ne andò e il flusso di alunni si diradò fino a sparire del tutto, mentre la mia amica del regno sotterraneo faceva ruotare la tracolla della sua borsetta borchiata con aria di minaccia, come se progettasse già di tirarla in testa a qualcuno. Mi chiesi il perché di questo suo comportamento sempre irritato, rabbioso, quasi... feroce. Sembrava che ce l'avesse con il mondo intero, ma per quale motivo? Darkness non era una ragazza maleducata, tantomeno malvagia, e doveva esserci di sicuro una miccia o una scintilla dentro di lei, sotto la superficie, che la spingeva a fare così. Adesso però dovevo sapere ciò che doveva comunicarmi, quindi rinviai tutto il resto a un altro momento.

-Quindi? Cosa c'è che non va?

-Nulla di grave, sore. - Si interruppe a osservare le mie unghie mangiucchiate con aria di rimprovero. -Oh, che disastro! Domani ti porterò da un estetista come si deve per rimediare...

Me le misi dietro la schiena, ma tenni lo sguardo alto. Il mio vizio di sfogare su di loro la paura era quasi scomparso, se non del tutto: forse stavo davvero crescendo, forse Burald mi dava davvero la forza. -Hai ragione, sono stanca di vederle ridotte così.

-Stavo dicendo... Sai, visto che tra ragazze ci si aiuta, volevo dirti una cosa. Mi dispiace rovinarti la sorpresa, ma è meglio non farti trovare impreparata. Dovresti scegliere un vestito carino da mettere, perché Burald sta organizzando qualcosa...

Il mio battito si arrestò e i pensieri smisero di scorrere, come in pausa. Espirai, permettendo a un'ondata di ossigeno di entrarmi nei polmoni, ma subito dopo il flusso ricominciò più rapido e tempestoso che mai. "Burald... Vestito... Organizzare... In che senso?"

-Cosa? Io? No... Io non ho nulla da mettere! No, no, no... Sarò un disastro!

-Stai calma. Anzi, pensa che fortuna: abbiamo la scusa giusta per fare un po 'di shopping!

Agitò il braccio in aria, e disegnò grandi cerchi in aria con la borsetta. Le si dipinse un sorriso scaltro sul volto, ma io aggrottai la fronte. -Shopping?

-Sì, ti accompagno io. Se non hai niente di bello per l'occasione, compreremo qualcosa. Troveremo il vestito che fa per te!

Annuii. Il mio sguardo cadde di nuovo sulla sua clavicola e, quindi, anche sul disegno sopra di essa: i tre uccelli erano sempre più scuri, come cornacchie pronte a viaggiare nelle tenebre della notte. Se li era voluti marchiare sulla pelle? Cosa significavano per lei? Uffa, non sapere nulla era alquanto frustrante.

-Scusa, Darkness... Avrei una curiosità... Ma quei corvi, sotto al collo, te li sei fatta tatuare tu?

Il suo sorriso scomparve e la palla roteante tracciò oscillazioni sempre più piccole, fino a immobilizzarsi.

-In realtà no. Sono sempre stati parte di me, e basta.

Mi prese per un braccio e mi trascinò fuori. Già, era nata con quei segni, perché era a loro che si riferiva Burald, quella volta. Di certo ce li aveva identici anche lui, dato che erano gli stessi per tutti i cimiteriali.

-Darkness...

Si voltò e alzò gli occhi al cielo. -Che c'è, sore?

-Sei stata tu a rispondere alla telefonata della segreteria e a fingerti la madre di Burald?

Scoppiò a ridere. -Chi, sennò? Conosci qualcuno di più furbo?

▪️▪️❤️▪️▪️

Alzai lo sguardo. Il soffitto era punteggiato di piccoli neon: la stanza era molto ampia e il discreto numero di clienti si disperdeva al suo interno, mentre in fondo alla sala si estendeva una lunga fila di camerini, una trentina per la precisione, tutti con una tenda in raso. -Ma questo negozio è immenso!

Le pareti erano rivestite di vernice nera, e davanti a me era appesa una lampada a forma di teschio scolpita nel legno di noce: dai buchi tondi che stavano al posto degli occhi veniva emanata la luce. Ma incontrare il suo sguardo non fu affatto piacevole: cambiai direzione.

Per poco non andai a sbattere in uno specchio ottocentesco, che aveva la cornice arricchita da una elaborata decorazione in stile gotico e rifletteva il mio viso, forse sbagliato, forse infantile. Una fitta mi percosse: trovarmi di fronte a me stessa mi destabilizzava ancora, anche se forse, circondandomi di altre persone fuori dal comune e provando a non pensarci, avrei potuto evitare di trovarmi faccia a faccia con le mie crepe e magari dimenticarle.

Una pila altissima di indumenti si presentò vicino a me. Potevo distinguere delle calze a rete, una minigonna sgualcita, una giacca e dei pantaloni di pelle. "Questo sarebbe qualcosa di carino?"

Darkness spuntò da dietro il mucchio. -Allora? Vedi qualcosa che ti piace?

Feci una smorfia, così si allontanò sbuffando e sparì nel locale, che pareva ideato apposta per lei. "Credevo che mi portasse in un normalissimo centro commerciale... E invece!"

Gli appendiabiti erano illuminati da led che ricordavano il chiarore argenteo della luna e reggevano centinaia di abiti scuri. Mentre camminavo, facevo scorrere i polpastrelli sui loro tessuti.

"Pelle, velluto, cotone... jeans, viscosa... Seta!" La sfiorai a malapena, ma era così liscio che la mia mano si fermò. "Dio, quanto è morbida e..." Estrassi l'abito e lo osservai, tenendolo per la gruccia. "lucente!"

La stoffa del corpetto, cosparso di brillantini, terminava in un fiocco che mi scendeva sulla schiena nuda. La gonna era corta: forse era proprio la sua semplicità a donarle un aspetto così sensuale.

-Darkness, è perfetto!

Era lì vicino, in piedi di fronte a un ragazzo seduto su un divanetto di pelle. Agitava la tracolla della borsetta, con l'altra mano posata sul fianco in un pugno ben serrato. -Sono andata a cercare un abito per la mia amica e tu mi hai rubato il posto. Quella era la mia sedia.

Con un'espressione piuttosto confusa, era stravaccato e si grattava l'angolo del sopracciglio destro, dove luccicava un piercing. I capelli viola erano sparati in una cresta che si sarebbe notata tra un milione di teste. Si limitava a fissarla e a masticare la sua cicca alla menta. - Senti dolcezza, non me ne può fregare di meno. Te ne sei andata, e adesso questo posto è diventato il mio.

Lei rimase un secondo perplessa.

-Cosa aspetti? Torna a lamentarti dai tuoi genitori, dolcezza.

A quel punto avvampò, ribollì, come se invece del sangue le scorresse lava sotto la pelle, e strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche tutte bianche. -E cosa ti fa pensare che ce li abbia?

Anch'io mi pietrificai perché, in effetti, non li aveva mai nominati, non aveva mai accennato a dover tornare a casa per non farli preoccupare e, inoltre, lei era sempre dove voleva e all'ora che voleva. Anche di notte, forse, a giudicare le occhiaie che le solcavano le guance. I suoi vestiti stropicciati, come se non ci fosse stato nessuno in casa sua a fare il bucato. E il suo atteggiamento sembrava in tutto e per tutto quello di una ragazza non abituata ad ubbidire alle regole di casa. Ma forse le regole dei cimiteriali erano del tutto diverse.

Il ragazzo subito non rispose, ma continuò a guardarla con occhi sagaci, con gli occhi di chi sta cercando un punto debole da colpire. -Ah, ho capito adesso. I tuoi genitori ti hanno abbandonata perché sei troppo insopportabile?

Tutto, quel ragazzo avrebbe potuto dire tutto, qualsiasi cosa, ma non ciò che aveva detto. Aveva appena toccato il taglio di un leone ferito, il punto più vulnerabile di Darkness: sussultò alla parola genitori e i suoi occhi sembravano sul punto di scagliargli addosso un mare di saette. Di sicuro il suo carattere irascibile aveva qualcosa a che fare con loro: la miccia all'origine dell'incendio doveva essere un abbandono, che ancora oggi la rendeva violenta con tutto ciò che incontrava per strada. In ogni caso, le mie erano solo ipotesi.

- Farai meglio ad alzarti, se non vuoi ricevere la mia catena nei denti! - ringhiò. -Ti avviso, ha un sapore metallico per niente gradevole.

-Darkness, lascia stare quel tipo, vieni qui! - gridai.

Lui finse di tossire e si alzò in tutto il suo metro e novanta. - Non ho bisogno di essere difeso, bimba con le treccine.

"Lo sapevo, lo sapevo... I miei difetti sono tornati a tormentarmi, non sono mai spariti. Perché ho sperato di poterli scordare e basta? Sono stata una sciocca." Deglutii. "Ehi, ma aspetta... Devo piantarla. "

Burald mi stava facendo riscoprire il mio valore reale, perché mi apprezzava e mi trattava con rispetto, e sentirmi ben voluta dalle persone che mi circondano era importante per me ma, più di ogni altra cosa, mi aveva fatto affrontare prove che prima non avrei mai saputo sostenere. Mi aveva fatto scoprire la mia forza, quella di andare avanti nonostante la tensione di scoperte così stravolgenti, nonostante la difficoltà di stare con una creatura disumana. Io ero stata all'altezza. Ero stata degna della fiducia che mi aveva dato. E questo era rafforzato, ma non condizionato dal fatto di piacergli. Non dipendeva dal giudizio degli altri. Il mio valore non dipendeva dal giudizio di nessuno.

Quindi non dovevo badare all'opinione di quell'estraneo. E poi era un estraneo pure sciocco, che si divertiva a tormentare i punti più vulnerabili degli altri. Un fulmine di metallo spezzò l'aria e gli arrivò dritto in faccia, anzi, nell'occhio. -Proprio a te!

Darkness riafferrò la sua catena al volo e lo colpì di nuovo, questa volta con il suo sguardo pieno d'ira. Forse gli avrebbe anche pestato i piedi con i suoi anfibi enormi, ma i suoi occhi tornarono vitrei e la sua bocca si piegò in un sorriso smagliante.

-Brutta streghetta!

Alzò le spalle. -Io ti avevo avvertito!

Mi raggiunse e la sua attenzione venne attratta dal vestito. Glielo porsi, lei lo sfiorò con le dita e approvò con un cenno. -Che dici sore, dopo la grande occasione, me lo presti? 

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