- I vetri delle finestre vibrano, le sedie sbacchettano attorno al tavolo, un quadro perde il chiodo e frange a terra, nella credenza i ninnoli cadono sul ripiano e fremono allunisono come percorsi da una scarica elettrica.
Ma non si tratta di elettricità, è un terremoto.
Usciamo di casa atterriti, di corsa e in fila idiana, mio padre chiude la fila, prova a tirarsi dietro la porta, ma non combacia piu con l'imbotto, non può chiuderla.
Ci osserviamo sgomenti, sembriamo topi in un bastimento allo sbando nel mare in tempesta.
La seconda scossa ci sorprende sulla rampa delle scale, scendiamo sballottati e percorriamo l'androne del palazzo fra sbuffi di calce e crepitii sinistri.
Tutto si torce, un battente del portone sul retro esplode sotto al peso di un architrave, ci strappa un grido corale.
Cambiamo direzione, nel sottofondo ovattato di un prepotente sussultare, come se un gigante imprigionato nel sottosuolo lottasse per liberarsi.
Usciamo nella corte esterna e da lì in strada, due palazzi sullo lato del marciapiede attiguo non esistono più, sono franati a terra, ridotti in due piramidi di macerie fumanti.
Grida, lamenti, richieste di aiuto.
Un terzo edificio si flette come un mazzo di carte, sembra lottare con sé stesso per tenersi in piedi.
E altre grida, altri lamenti.
Poi il tetto di quel palazzo si sfaglia. Un'altra scossa, sussultiamo come in groppa a un asino, il timpano del tetto piove giù in un tonfo assordante.
Riusciamo a metterci in salvo. Lasciamo la città.
Messina è rovente, Messina è in fiamme, Messina e le sue incalcolabili colonne di fumo, Messina in macerie.
Siamo degli sfollati, ma non lo dico, lo penso soltanto, lo tengo per me.
Ero sveglio, stavo studiando, oggi avrei dovuto sostenere un esame, siamo vivi per questo.
Siedo all'aperto insieme ad altra gente, mi passa accanto un giovane dallo sguardo smarrito, è in cerca di qualcuno.
Piango, penso a chi non ha potuto salvarsi e adesso non c'è più, a chi soffre perché è ferito, a chi ha perso i suoi cari.
Sento riverberare il mio sgomento, lo avverto sussultare, vibrare, torcersi forsennatamente, e infine sdoppiarsi nel suo gemello speculare, infinitamente buono, e sento crescermi dentro un moto di eterna empatia verso l'intero genere umano.
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