26. Le mutande della discordia

Start from the beginning
                                    

– Non me ne frega niente! È il fatto che ci ha fregato non una, ma due volte!

– Ah... – sospirai, arreso.

Hako uscì furibonda dal locale, lasciando che fossi io a prendere accordi con la cameriera. Le diedi i miei dati affinché potesse registrare il debito, che avremmo pagato in un momento successivo, con maggiore calma.

Concluse le operazioni, uscii definitivamente dalla taverna, pronto ad affrontare la seconda tragedia della giornata, ma Hako non iniziò subito a discutere, anzi, lasciò interi minuti di passeggiata cittadina nel silenzio.

Mi dispiacque iniziare la mattinata così male. Il sole era vivido e il cielo terso; le strade del villaggio si riempivano progressivamente di gente, e più andavamo verso occidente, più incontravamo persone di età simile alla nostra. Da ciò sembrava che stessimo giungendo alla parte del villaggio più nuova e giovanile.

Il clima era benevolo e l'atmosfera che si respirava era di serenità e pace, eppure fra noi due quel giorno vi fu una frattura.

A quanto pare Hako prese molto male il fatto di averle cambiato i vestiti, e ne fui rammaricato, pensando a come volessi farle niente di più che una cortesia. Per qualche ragione, tuttavia, appena si fu svegliata divenne subito rossa in viso e iniziò a urlarmi contro.

Eravamo alla ricerca di un fabbro che potesse aiutarci a distruggere il filamento recuperato dall'accampamento, ma per lo stesso motivo risultava difficile pianificare lucidamente le nostre mete, per quanto teoricamente prioritarie ed emergenziali, in quanto distratti dal litigio in corso.

Io rimasi in silenzio, cercando il momento e il modo giusto per spiegarmi meglio, ma fu Hako stessa a riaprire il discorso a un certo punto, piantando i piedi per terra. Ci arrestammo così in mezzo alla strada, iniziando a discutere.

– Cioè, tu non ti sei fatto problemi a spogliarmi mentre ero ubriaca e dormiente, e io dovrei anche ringraziarti? – si voltò verso di me, con le orecchie ancora rosse per l'ira.

– Detta così suona male... – risposi in mesto tono.

– Per te è normale denudare una persona che dorme?!

– No, però... aspetta. Ti ho cambiato solo l'essenziale, non ti ho neanche tolto quegli strani piccoli pantaloncini che avevi! – dissi, sperando di sminuire quel mio atto tanto considerato nefasto.

– Cosa... – quelle mie parole doverono essersi impresse violentemente nella sua testa, da cui ne rimase attonita, – tu, tu mi volevi togliere anche le mutande?!

– Le cosa?

– Cosa significa cosa?!

– Parlo di quei micro-pantaloncini!

– Eh sì! – rimase un attimo in silenzio, ragionando, – scusa ma... non sai cosa siano le mutande?

– No! – risposi con convinzione.

– Mi prendi in giro? – disse con tono non privo d'ira, ma sicuramente allora risultò anche confusa.

– Perché dovrei prenderti in giro? Te l'ho detto, volevo solo farti un favore! Scusami se l'hai presa male ma, – mi interruppi quando si avvicinò improvvisamente a me.

Arrivò determinata e sbuffante al mio fianco e mi tirò i pantaloni da un lato, come per vedermi le gambe. Io di riflesso mi scostai subito, ma lei ebbe il tempo, a quanto pare, di recepire le informazioni che cercava:

– Ehi! Perché mi hai tirato i pantaloni? – protestai.

– Keiko, seriamente non porti le mutande...

La forgiatrice di lame ⅠWhere stories live. Discover now