7. L'invasiva cura per una crisi d'astinenza da problemi

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Crisi d'astinenza: è una sindrome, caratterizzata da segni e sintomi che cambiano da dipendenza a dipendenza; essi appaiono alla sospensione o alla riduzione dell'utilizzo di una sostanza assunta a dosi elevate e per un lungo periodo di tempo.

CAPITOLO 7.

Le macchine non possono sentire niente: né la pressione schiacciante dell'impazienza, né quella insostenibile della delusione che ti strappa via le parole e riduce al silenzio. Niente. È quello che si è sempre raccontato, dopotutto: non importa in che libro o in che canzone d'altri tempi. Chi canta un corpo elettrico sa bene che le macchine non provano.

Sono solo cavi di plastica legati a lamiere, chiodi stretti e metallo freddo.

Come le dita poggiate sulla mia spalla.

Le mie grida s'interrompono per il tempo di uno spasmo. Poi vengo assalita da una repulsione così isterica da tentare di scalciare via le coperte, levarmi quelle cose di dosso e -

La mano scende a chiudersi attorno al mio polso.

Piano.

Come a non voler spaventare un animale sanguinante, braccato, smarrito.

Riprendo il controllo di me stessa quel tanto che basta per fare una considerazione sullo strano materiale che la ricopre: è rigido al tocco, ma liscio come una perla e dalla stessa superficie perfettamente lattea che si arrampica lungo il braccio, fino a un viso pieno e proporzionato. È quando incontro lo sguardo della cosa che decido di darci un taglio con questa scenata. Mi costringo a chiudere la bocca e istintivamente porto le mani sul petto. Il cuore sembra sul punto di mollarmi.

In risposta la macchina con il corpo da ragazza nasconde gli arti oltre il bordo del letto e abbassa la testa. Per poco non mi lascio andare a un sospiro di gratitudine: se non mi guarda, non dovrò preoccuparmi di camuffare l'incredulità che mi paralizza. Non potrei riuscirci, comunque. Non quando quello che vedo è un puzzle intricato di meccanica e anatomia che si compenetrano fin dentro al suo corpo.

Il lato sinistro, in particolare, è costituito da uno strato di lamina bianca perfettamente modellata. Delle articolazioni più scure collegano braccio e spalla, tradendo un ronzio leggero quando la ragazza - l'androide? - si avvolge in una stretta timida.

Mi pare di averla fissata per troppo tempo. Le macchine sono per definizione insensibili, è vero, ma lei sembra molto triste, come se non vedesse l'ora di scomparire all'istante. Mi chiedo in quanti l'abbiano squadrata come sto facendo io adesso.

Tanti. Qualcosa suggerisce "tu più di tutti".

Credo che a posto suo detesterei essere guardata in questo modo, e androide o no, non vorrei sapere che qualcuno ha paura di me.

- Mi dispiace di aver gridato in quel modo, - dico.

La gola si lamenta per il trattamento che le ho riservato nelle ultime due settimane; la schiarisco prima di continuare.

- Non sono sempre così imbarazzante.

Dì qualcosa.

Ma lei è immobile.

Dì qualcosa.

- Solo qualche volta.

Finalmente la macchina alza la testa. Le scappa un sorriso, e io faccio finta di non notare tutte le diramazioni metalliche impiantate sotto la sua pelle, che scorrono ad attraversarle il collo, le guance e la fronte, fino all'attaccatura di un orecchio finto.

La pupilla di uno degli occhi si allarga e restringe fino a focalizzare la mia immagine, senza che la palpebra accenni al minimo movimento. L'altra però si chiude in uno scatto involontario. E vivo, soprattutto.

Entropy - Il Sistema IsolatoUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum