12. La punizione inflitta dal terzo principio della dinamica

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Terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, dunque le forze esistono sempre a coppie. Se un corpo esercita una forza su un oggetto, questo eserciterà a sua volta una forza della stessa intensità ma di verso contrario.

CAPITOLO 12.

- No.
Lo ripeto fino a scolpirlo sul mio volto. Nella mia testa, dietro la fronte, colpo dopo colpo, fino a quando non rischia di perdere significato. Lo dico a Nicholas o a me stessa? Aver dimenticato il destinatario del mio rifiuto non è importante: rimane un no. Secco. Implacabile. Un no e basta, senza ma, malgrado, magari.

Cammino all'indietro e il mio gomito fa traballare un vaso di porcellana. Mi giro di scatto e lo riafferro e aggiro un comò dalle linee futuristiche per raggiungere l'uscita. Nicholas si avvicina come il riflesso di uno specchio che funziona al contrario, con i palmi delle mani aperti quasi volesse accalappiarmi. Non ricordo il modo in cui sia arrivato così vicino, quindi mi tiro più indietro: nell'ombra mi sembra di cogliere il bagliore dei suoi occhi che si sgranano d'incredulità.

Un retrogusto dolciastro insaporisce le mie labbra bagnate. È il sapore di Nicholas Reichenbach. Sa di bevanda zuccherata all'arancia e fa venire sete.

No no no no no no no.

Mi dirigo verso la porta, ma il buio mi disorienta e inciampo sull'angolo di un tappeto. Vorrei che il cielo di Chicago bruciasse alla stessa temperatura del mio corpo per far luce nell'appartamento.

- Dove stai andando?

Nicholas calpesta il libro sul pavimento. Lo guarda inorridito, principe che schiaccia Il Principe, poi torna a fissarmi, ancora più sconvolto. Perché lo sta dicendo, cosa intende, che cosa sta cercando di fare?

- Sybil, - mormora, con i capelli in disordine e la voce rauca di qualcosa. Desiderio? Rabbia, delusione, sconforto. Una miscela eterogenea di tutto quanto. Che cosa ha fatto, che cosa ho fatto io, dopo solo un mese passato a tormentarci?

- Via, - rispondo, ma sembra che a parlare sia un'estranea, o qualcuno che conosco appena e da cui, in altre circostanze, in un'altra città, in un altro Stato, mi terrei a distanza. Non so dove trovo la forza di riuscire a scucire le labbra senza disfarmi sul pavimento. Mi copro la bocca con una mano e lavo via lo zucchero con il sudore. Come è potuto succedere? Non doveva succedere.

- Non doveva succedere, - dico ad alta voce. Rimanere al passo con i miei pensieri è più semplice di quanto non lo sia mai stato, come se la mia mente si fosse trasformata in una macchina che carbura a stento. L'unica lampadina accesa al suo interno è quella d'emergenza: il resto delle sue funzionalità è k.o.

Mantenere lo sguardo su di lui è terribile, perché terribile è sapere che potremmo aver rovinato tutto ciò che avevamo senza alcuna ragione. E avevamo già troppo poco, perché non c'è stato abbastanza tempo di costruire dell'altro, dal nostro incontro.

Il mio stomaco si riempie di vespe e nessuna farfalla. Nicholas fa un passo verso di me e io ne compio una lontano da lui, scuotendo la testa.

- Lo volevi anche tu, - sputa fuori. C'è un grammo di veleno in ogni lettera che scandisce con la bocca ancora arrossata dalla mia. Dal modo in cui lo sottolinea sembra che stia cercando di farmi entrare in testa un po' di buon senso, anche solo una briciola, come se fosse tutta colpa mia. Mia, di nessun altro. Ma si sbaglia.

- No, non lo volevo. Avrei dovuto allontanarmi subito e non so che cosa mi sia preso, ma non era quello che volevo.

- Oh, non è per questo che sei venuta in camera mia? – sibila.

Entropy - Il Sistema IsolatoOnde histórias criam vida. Descubra agora