8. La cristallizzazione di un piano che non tende all'amorfismo

2.1K 118 26
                                    

Cristallizzazione: è una transizione di fase della materia da stato liquido a solido,
nel quale composti disciolti in un solvente solidificano, disponendosi secondo strutture cristalline ordinate.

CAPITOLO 8.

Torno a Marshall solo per prendere quello che mi serve.
Ieri mattina Xanders ha fatto in modo che a mia zia venisse recapitata una raccomandata dal medico curante della mamma. A quanto pare non è in condizione di rimanere da sola in questo momento, perciò è meglio che si trasferisca da lei per un po', fuori città.
Quando la incontro sul ciglio della porta, la zia mi stringe a sé e borbotta un "dove sei stata?" umido e plateale. Inzuppa la maglia che Shad mi ha prestato proprio all'altezza della spalla, marchiandola con i segni inconfondibili del suo mascara scadente. Aspetto che l'abbraccio sia finito, poi indico la ragazza che mia ha scortato fin qui.
- Lei è Maria, l'amica di cui ti parlavo per telefono.
Maria sventola la mano per salutare, come se ci conoscessimo da sempre. Non può certo dire a mia zia che ci siamo incontrate due giorni fa, quindi si limita ad offrirmi una mano per portare giù le valige.
- Andrò a stare da lei.
- Ma tesoro, Minneapolis è così lontana! Sei sicura di non voler venire da me?
Faccio finta di pensarci di nuovo, e di struggermi d'indecisione. Mi tiro le maniche della maglia fino a coprire i pugni, poi annuisco. Lei singhiozza con rassegnazione.
In realtà mi ha sempre detestato, ma alcune persone pretendono di portare il minor carico possibile di dolore, e non aspettano altro che condividerlo. Mia zia è una di queste.
- Sicura. Non sarei di alcun aiuto, comunque.
Indico l'interno della casa.
Mia zia si morde le labbra come se volesse controbattere, ma alla fine si passa una mano tra i capelli sbiaditi e mi fa promettere che chiamerò tutte le sere. Mette un indice sopra l'altro, costringendomi a rompere la croce formata dalle sue dita: mia nonna - quella paterna, però - ci diceva che era come dare la propria parola d'onore. Io e Lilith abbiamo costretto tutta la famiglia ad adottare questo rito.
Trovo la mamma seduta sul divano con una tazza di latte ancora caldo tra le mani, e la speranza che stesse meglio si rinseccolisce fino a svanire. Mi dico che una volta uscita da qui non dovrò sopportare di vederla in questo stato per molto tempo, ma subito dopo il senso di colpa mi rivolta lo stomaco fino alla nausea.
Perché non la vedrò e basta.
Non vedrò questa donna spezzata, né il suo gonfiore da psicofarmaci, né le sue crisi inaspettate.
Ma non vedrò la mia mamma.
Mi siedo al suo fianco, dandole un bacio sulla spalla. Lei mette via la tazza e mi poggia una mano sulla coscia, ma è come se la sua massa corporea fosse evaporata e niente di lei fosse rimasto a parte le ossa. Perfino quando le ho mentito su quali sarebbero stati i miei programmi per le prossime settimane mi è sembrata del tutto disinteressata.
- Vi raggiungerò, - dico.
- Ho solo bisogno di un po' di tempo.
Lei stringe gli occhi e so che sta per piangere.
- Non voglio che ci raggiungi.
Anche le sue parole sono inconsistenti come la sua presenza. Un tempo mi avrebbero ferito, ma adesso strascicano un carico diverso: credo che mia madre voglia proteggermi da quel seme di follia che si sta facendo strada nella sua disperazione. Lo so, voglio sperarlo. Perché devo avere fiducia, giusto?
Rimaniamo a guardare la foto di me e Lilith che la mamma tiene in grembo: io ho un graffio sulla faccia che dalla tempia arriva fino al mento, regalo del gatto bisbetico della nonna, e Lilith ci soffia sopra. Sembriamo felici, ma è un momento che non ricordo nemmeno di aver vissuto.
Mamma si appiattisce la foto sul ventre come se si fosse pentita di averci messo al Mondo.
So che cosa sta pensando.
Se fossimo rimaste al sicuro, sospese in una culla di liquido amniotico, tutto questo non sarebbe mai successo.

***

Vestiti, scarpe, spazzolino e caricabatterie; portafoglio (vuoto), quaderno di matematica (per far chiudere il becco a mia zia), chiavi e pettine. Non credo di aver bisogno d'altro per il momento, ma per sicurezza controllo di aver preso tutto il necessario.
Camera mia è perfettamente identica a come l'ho lasciata: stretta, disordinata e poco luminosa. Una mattonella da bagno della Villa basterebbe a farla sfigurare, ma... ma niente. Siamo seri: terrei comunque la mattonella. Almeno quella potrei rivenderla e comprare dei mobili nuovi.
Mi metto lo zaino in spalla e sfreccio lungo il corridoio, pronta per sfuggire all'atmosfera sfiorita della casa e tornare a pensare lucidamente.
Prima di scendere le scale rimango qualche secondo davanti a una porta pallida, dalla verniciatura meno intaccata della mia, ma pur sempre scadente. La mia mano indugia sulla maniglia come se avesse paura di scoprire che scotta, e rimane lì fino a quando Maria non si affaccia dalla tromba delle scale. Dice che non vuole mettermi fretta, ma che sarebbe meglio ripartire.
- Sybil, - mormora, e un tono grave scolpisce fastidiosamente il suo accento spiccato.
- Dobbiamo andare.
Tiro giù la maniglia tutta in una volta, trattenendo il respiro.
Mia madre ha chiuso la porta a chiave.
Sento i passi di Maria che si avvicinano con estrema delicatezza, ma lascio la presa prima che lei mi raggiunga o mi rifili una parola gentile. Vado di sotto e recupero le mie cose, poi saluto tutti e mi assicuro che la zia abbia comunicato alla polizia il nuovo indirizzo della mamma.
Mi infilo in macchina, stringendo tra i denti la catenella che porto al collo, e aspetto che Maria rassicuri la mia famiglia come da manuale. Quando sale in macchina la prima cosa che fa è offrirmi del cioccolato.
Lo prendo volentieri.
- Era la camera di tua sorella?
Sigillata, con le spalle voltate al resto della casa e tutti gli oggetti di Lilith assopiti sotto uno strato di polvere. Chissà se, girando la chiave, la mamma credeva che almeno una parte di lei sarebbe rimasta a casa.
- Sì, - rispondo, mentre Maria si allaccia la cintura e il motore brontola che vuole andarsene.
Lo capisco, e non posso che dargli ragione.

Entropy - Il Sistema IsolatoWhere stories live. Discover now