L'edificio era costruito con una tecnica che ibridava legno e pietra, e aveva un aspetto che era già sensibilmente diverso dalle prime strutture che si incrociavano passeggiando nella zona più a est del villaggio. Più ci si spingeva a occidente, più le architetture diventavano litiche, con il legno che, in percentuale progressivamente maggiore, lasciava il posto a quella chiara pietra a grandi blocchi.

Giunto alla fine del disimpegno voltai lo sguardo a destra, con Hako che mi seguitava sporgendo il musetto oltre la parete per condividere la mia stessa vista.

Nessuno sembrò averci ancora notati. Accompagnato dal continuo e vivido tintinnare, mi rivolsi ad Hako:

– Che facciamo? Entriamo?

– Beh, ormai siamo qui... direi di sì.

Dopo qualche istante di esitazione decidemmo di immergerci a pieno nella massa di ospiti della taverna.

Il solaio, costruito con una pesante intelaiatura lignea, ma anche gli arredi, le pedane in legno e la calda luce delle lanterne, davano un aspetto molto rustico all'ambiente.

Eravamo entrambi disorientati e speravamo di non dare troppo nell'occhio, augurandoci che nessuno capisse che fossimo due vagabondi appena giunti dalla foresta dopo un combattimento sanguinolento.

Le intenzioni erano quelle di mettere qualcosa sotto i denti e chiedere qualche informazione in giro, auspicandoci di trovare qualcuno di sufficientemente ospitale.

Io mi diressi a un tavolo libero e mi sedetti, Hako invece si fermò più indietro, davanti all'alto bancone. Ci accorgemmo di esserci distaccati appena ci guardammo attorno, alla ricerca l'uno dell'altro. Entrambi ci dirigemmo in due punti diversi della taverna come per automatismo e rimanemmo straniti dalle altrui azioni. Ci guardammo in faccia, senza smuoverci, convinti che ognuno avesse agito nel modo giusto, e certamente non reagimmo richiamandoci urlando da una parte all'altra del locale. Piuttosto, attendemmo che l'uno si decidesse a recarsi nella posizione dell'altro.

Dopo qualche secondo di tentennamento si presentò una giovane donna al bancone vicino al quale era Hako

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Dopo qualche secondo di tentennamento si presentò una giovane donna al bancone vicino al quale era Hako. Io vidi la scena a qualche cubito di distanza, seduto al tavolo.

– Ciao ragazzina, desideri qualcosa?

– Ehm... volevamo ordinare. Io e quel ragazzo lì, – mi indicò.

– Ah, sì... beh vai al tavolo no?

– Il tavolo? Sì certo, giusto... il tavolo, – confermò confusa.

Ad avere torto sulla posizione fu lei, che dopo il dialogo decise di sedersi al tavolo accanto a me. La donna, invece, tornò nei vani riservati al personale, sparendo dal bancone.

– Perché ti... – appena aprii bocca, Hako mi interruppe.

– Sono abituata a ordinare al bancone dalle mie parti, zitto, – mi ammutolì, come a non voler riconoscere di aver sbagliato. Quella piccola indecisione divenne una piccola sfida a chi avesse ragione e, a quanto pare, avevo vinto io.

La forgiatrice di lame ⅠWhere stories live. Discover now