𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚇𝚇𝚇𝙸

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Non ne poteva più. L'attesa lo stava facendo diventare pazzo -più di quanto già non fosse, intendeva-.
L'informatica non era il suo campo, proprio per niente, ma desiderava ugualmente avere qualcosa da fare piuttosto che stare lì con le mani in mano a guardare Brian mentre cercava di indovinare la password del wi-fi della donna che avevano appena ammazzato.
<Cazzo, Tim, smettila di fissarmi. Non riesco a concentrarmi.> sibilò il più piccolo, senza distogliere lo sguardo dal computer su cui stava lavorando.
<Dimmi cosa posso fare per aiutarti.> ribattè lui, nervoso; odiava l'idea di essere rinchiuso in un buco d'appartamento con un cadavere ancora caldo.
<Cerca sul modem, magari è scritta lì.>
Tim andò subito al mobiletto su cui era posato quell'affare lampeggiante. L'occhio gli cadde immediatamente su una foto incorniciata lì vicino. Gli si strinse il cuore; l'immagine raffigurava quella donna mentre condivideva un tenero bacio con un'altra poco più grande di lei, bionda.
La osservò per un paio di secondi, poi prese un piccolo respiro, e la ribaltò; ora il vetro era poggiato direttamente sul ripiano, la fotografia nascosta contro al legno.
Occhio non vede, cuore non duole.
Timothy sperava con tutto sè stesso che questo stupido proverbio valesse anche per situazioni come quella, ma purtroppo non era così.
Purtroppo, o per fortuna?
I sensi di colpa, dopotutto, erano l'unica cosa che gli permettevano di capire di essere ancora una persona, seppur in parte.
Un essere umano.
<Allora, hai trovato qualcosa?>
Nel sentire Brian, scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri che lo tormentavano.
<Non ancora.>
Prese con attenzione il modem, e ne controllò tutta la superficie; sulla parte inferiore era presente ciò che restava di una lunga striscia adesiva malamente strappata.
Rimise l'oggetto a posto.
<Niente.>
<Cerca lì attorno.>
Alzò gli occhi al cielo, con un piccolo sorriso divertito.
<Che fai, ora dai tu gli ordini?>
Sentì Brian ridacchiare dalla stanza accanto.
<Zitto e muoviti.>
<Sissignore.>
Aprì il cassetto del mobile, rivelando il quantitativo quasi inumano di fogli che conteneva. Ne tirò fuori un po'; a rigor di logica, quella maledetta password doveva essere scritta su un pezzo di carta, non su un foglio intero. Ipotizzato questo, il problema ora consisteva nel trovare un foglietto in mezzo a tutto quel caos.
Estrasse direttamente il cassetto e ne rovesciò il contenuto sul mobile. Se solo...
<Trovata.>
Anziché giungere dalla stanza accanto, la voce di Brian era molto più vicina.
Tim si voltò subito.
L'amico era in piedi sulla soglia della stanza, appoggiato allo stipite della porta con una spalla; teneva le braccia incrociate al petto, e lo guardava con aria divertita. Nemmeno provava a nasconderlo.
Il più grande assottigliò lo sguardo, suscitando nell'altro ragazzo una risatina.
<Da quanto sei lì?>
<Mah, un minuto scarso. Sei carino quando ti concentri.>
L'affermazione dell'amico lo colse di sorpresa, bloccandogli in gola la risposta ironicamente pungente che intendeva dare. Oltre al fiato.
A quanto pare doveva aver assunto un'espressione ilare, perché Brian ridacchiò di nuovo.
<Che c'è?>
<Cos'hai detto?>
<Che sei carino.>
<Che hai messo nel caffè 'sta mattina?>
Il tono con cui pronunciò questa battuta era più stranito di quanto volesse; si schiarì la voce.
<Nulla, nulla. Ho solo... Pensato molto.>
Seguì con lo sguardo l'amico mentre gli rivolgeva l'ennesimo sorriso, questa volta timido, stranamente, per poi tornare in sala.
Decise di sorvolare momentaneamente su quella piccola parentesi; lo seguì.
Brian era seduto al tavolo, davanti al loro computer. Se l'erano portato dietro apposta per l'occasione: finalmente avrebbero avuto a disposizione una connessione ad internet, ed avrebbero potuto compiere una gran parte delle loro indagini.
Il più piccolo iniziò a digitare delle parole chiave sul motore di ricerca. Tim si sistemò dietro di lui, in piedi, con le braccia incrociate al petto; guardò la barra: "Uomo alto senza faccia".
Brian premette invio.
Tra i primi risultati, oltre a dei siti, comparvero anche numerose foto, e per poco Timothy non seguì l'istinto, che gli consigliava di distruggere quel maledetto portatile.
Un dettaglio lo colpì.
<Perché le foto sono così nitide?> domandò sottovoce, quasi come se lui e l'amico temessero di essere colti in flagrante a fare qualcosa di illegale.
Come se uccidere una donna sotto commissione non lo fosse, tra l'altro.
Brian aggrottò la fronte, navigando tra le pagine; la mano sul touchpad del dispositivo tremava lievemente.
<Non lo so. Credo che lui sia qui da molto, molto più tempo di quanto credessimo. Magari esiste da prima dell'invenzione della macchina fotografica, e quindi all'inizio non sapeva come disturbare le immagini.> ipotizzò; Tim annuì. Era plausibile, anche perché tutte le foto presenti, esclusi i montaggi, erano molto vecchie.
<Continua a cercare.>
<È quello che sto facendo.>
Tim roteò gli occhi, con un sorrisetto sulle labbra; non colse la leggera nota di fastidio misto ad evidente nervosismo con cui Brian gli rispose. O forse scelse di non coglierla?
Si sedette di fronte a lui, e posò la testa sul tavolo; si sentiva incredibilmente stanco.
Non sapeva quanto fosse passato, ma improvvisamente la voce dell'amico lo destò dallo stato di dormiveglia in cui era caduto.
<Ho trovato qualcosa.>

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