𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝙸𝚇

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Dormirono quasi dieci ore. Un'eternità, per loro, ma entrambi avevano passato le ultime notti insonni, quindi non se ne curarono più di tanto.
Il primo a svegliarsi fu Tim; si tirò a sedere con un grido strozzato, ed un nodo alla gola.
Cercò forsennatamente la sua torcia tra le coperte sfatte, e l'accese non appena riuscì a prenderla in mano. Puntò il fascio di luce prima contro alla parete di fronte a lui, poi sul muro alla sua sinistra; fece vagare lo sguardo sulla porta in legno, poi su due foto che si era concesso di appendere.
Assicuratosi di essere solo, si alzò dal materasso ed andò alla finestra sul muro opposto; tolse le assi di legno che usava per oscurare la stanza, e finalmente la luce del sole la invase, illuminando ogni angolo dell'ambiente.
Tim si coprì gli occhi scuri, ancora abituati al buio, con un braccio. L'aria fresca della mattina primaverile gli solleticò il viso, ed il ragazzo si perse ad osservare quello sprazzo di bosco che la finestra ritagliava; ad uno sguardo esterno pareva un luogo tranquillo, rilassante, quasi idilliaco: le fronde degli alberi venivano accarezzate lievemente da una piacevole brezza, e si poteva udire il canto di varie specie di volatili, mentre sull'erba saltavano all'occhio diversi punti coperti di fiori, quasi vi fosse stato steso sopra un tappeto colorato.
Ma era solo una facciata, e Timothy lo sapeva.
Bastava che si concentrasse per qualche secondo, ed il ragazzo poteva vedere la realtà attraverso il velo dell'illusione: i tronchi degli alberi, in apparenza sani, erano in realtà secchi ed innaturalmente longilinei; i loro rami spogli si protendevano verso il cielo come dita rachitiche intente a provare ad afferrare le nuvole.
L'erba in realtà non era verde e rigogliosa come dava a credere, ma, nei punti ove ancora presente, dipingeva di giallo smorto il terriccio arido.
Ciò che lasciava allibito Tim ogni volta era però il silenzio: talmente piatto da sembrare innaturale, ed in parte lo era, non veniva interrotto nemmeno dal più piccolo e flebile dei suoni; non il cinguettio di un passero, non lo squittio di uno scoiattolo, non il frusciare delle foglie -o meglio, dei rami- al vento.
Era molto simile al silenzio portato dalla morte.

Il ragazzo scosse la testa e si allontanò dal davanzale a cui si era appoggiato.
Subito, quasi avesse premuto un interruttore, su quel paesaggio infertile si dispiegò di nuovo la tela raffigurante la natura rigogliosa e piena di vita che l'Operatore aveva sapientemente dipinto, il cui scopo era occultare agli occhi degli umani gli effetti della sua permanenza in un luogo.
Timothy andò prima in bagno, poi in cucina; esitò qualche istante fuori dalla porta di Brian. Decise però di lasciarlo dormire.
Anzi, dato che, nonostante l'incubo e l'assaggio di realtà avuti, si sentiva particolarmente di buonumore, decise di fargli una sorpresa.

Il risveglio di Brian non fu dei migliori; si destò a causa di un grido proveniente di sicuro da una stanza della casa. Ci impiegò qualche istante a collegare la voce al suo possessore, ma non appena identificò in esso Tim, scattò in piedi come una molla.
Afferrò al volo la spranga di metallo che erano soliti usare quando uccidevano, e la videocamera con un supporto per il petto, usata la notte prima; aveva ancora della pellicola rimanente.
Si infilò in fretta e furia le cinghie a cui era fissato il dispositivo mentre correva a scandagliare l'abitazione, in cerca sia del suo compagno, che degli aggressori.
La camera dell'altro ragazzo era vuota, così come il bagno. Si precipitò quindi in direzione della cucina, spranga alla mano.
<Tim, che succede?!> gridò, ancora dietro l'angolo formato dallo stipite della porta.
Non appena varcò la soglia della stanza, rimase a fissare per una dozzina di secondi la scena che si palesò di fronte ai suoi occhi.
<Vuoi startene lì impalato ancora a lungo, o vuoi aiutarmi?!>
Il grido seccato dell'amico lo riscosse; lasciò cadere a terra l'arma e corse al lavello. Riempì una pentola d'acqua e la rovesciò addosso a Timothy, che si lasciò sfuggire un'esclamazione di sorpresa.
<Cristo, Brian, era proprio necessario?> sbuffò, fradicio, sbattendo a terra i resti bruciati di un grande pezzo di stoffa, ormai consunto dalle fiamme appena estinte.
<Oh, scusa, non pensavo aspirassi a diventare la Torcia Umana 2!>
Rispose Brian, lasciandosi sfuggire un inevitabile sorrisetto addolcito nel constatare le condizioni dell'altro ragazzo: zuppo d'acqua, coi capelli disordinati, e stizzito com'era, sembrava un pulcino arrabbiato.
<Mi spieghi come diamine hai fatto a bruciare l'unica tenda che avevamo?> Chiese poi, divertito.
Tim mugugnò tra sé e sé qualche imprecazione indefinita, e sbuffò.
<Ci ho dimenticato vicino una sigaretta accesa. Dovevo girare i pancake.>
<...Tim?>
<Mh?>
<Sei un coglione.>
Timothy ridacchiò.
<Lo so. Ho imparato dal migliore.>
Constatò, strappando un altro sorriso a Brian.

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