🎠 Atropo e la Fuga nell'Aldiqua 🎠

175 8 12
                                    

Bentornati, mio caro stormo di lettori, al periodico servizio di recensioni del dio Morfeo. Tre giovani donne, chiamate Cloto, Lachesi e Atropo, hanno deciso all'inizio di questo mese di portare un po' d'equilibrio laddove ce n'era davvero bisogno. Eh, già! Il fato stavolta si è prodigato per portarmi una storia più leggera e spensierata, una boccata d'aria fresca calzante dopo le dense e cervellotiche opere di Febbraio. Già, avete letto bene: il fato. Perché proprio del fato parla l'opera in questione, in particolare di Atropo e della sua Fuga nell'Aldiqua, una vicenda nata dall'immaginazione di Sciortinex e narrata in nove brevi capitoli dall'atmosfera umoristica. Conoscendo personalmente le Parche sapevo già che dietro questa iscrizione c'era il loro zampino ma non sono sceso dall'Olimpo per interferire con la volontà del destino. D'altra parte, probabilmente, quest'opera doveva aver tanto deliziato le tre donne da spingerle ad iscriverla al più ellenico dei servizi di recensione. L'autrice dovrebbe sentirsi davvero onorata da questo privilegio, sempre se crede nel politeismo, dato che attirare la loro attenzione è tutt'altro che facile con tutto il febbrile lavoro in cui sono costantemente immerse. Ma passiamo oltre e incominciamo la recensione. Il soggetto, innanzitutto, è davvero magnetico: Atropo, dopo aver ricevuto l'ennesima critica al suo lavoro da parte di un altro hater, dà le dimissioni in preda alla frustrazione e si trasferisce nell'Aldiqua in cerca dei piaceri della vita mondana. Questo porterà a qualche mese d'immortalità forzata per la seccante razza umana, ma tutto cambierà quando Atropo incapperà in un grave errore: baciare una mortale. La premessa, ad una prima lettura, è davvero sfiziosa. Alla seconda, invece, diventa terribilmente preoccupante. Un cambiamento drastico come l'acquisizione dell'immortalità da parte della razza umana conduce ad un ambiente narrativo piuttosto problematico. Si può morire di morte violenta o no? Si ha ancora bisogno di mangiare? Di bere? Di dormire? Il corpo continua a deteriorarsi o rimane cristallizzato in una singola età? La confusione è notevole. Fortunatamente quest'opera sa cosa vuole essere: un breve racconto umoristico da leggere senza pretese. Le gag verso cui la trama tende derivano spesso da equivoci scatenati dalla natura aliena dell'immortalità ma non si attaccano mai come lamprede a quest'unico espediente umoristico. L'obiettivo dell'opera è far ridere, o almeno sorridere, il lettore, senza annoiarlo con spiegoni sulla nuova logica in vigore. Il succo dell'opera, infatti, è l'intreccio, così come le situazioni divertenti che esso genera, perciò il worldbuilding passa in secondo piano, diluendo il racconto e rendendolo rapido e scorrevole. Una narrazione di qualità sa cosa spiegare e cosa lasciare all'immaginazione, ignorando le noiose voci che pretendono di conoscere tutto per poter apprezzare la storia, e qui v'è un'ottima dimostrazione di ciò. Com'è possibile che nel settimo piano e mezzo ci sia una porta che conduce alla mente di John Malkovich? A nessuno davvero importa, perché l'assurdità, se trattata con il giusto riguardo, fa sempre ridere. E in questa storia il filtro della narrazione funziona molto bene, dando luogo a una serie di vicende che intrattene meravigliosamente grazie al suo intreccio brillante e alle gag originali.

🎠 Copertina:

🎠 Copertina:

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Il Tempio delle Storie [RECENSIONI] CHIUSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora