XIII - Behind The Curtains [parte 1]

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Davanti allo schermo di un computer, le giornate scorrevano tutte uguali. Ore a fissare le solite icone, a premere i soliti tasti, ad avviare i soliti programmi.

In quella sua passione, che adesso era riuscito a trasformare in lavoro, c'era sempre stato il lato noioso che si contrapponeva a quello più esaltante del risolvere problemi. Eppure, spesso la gente faticava a distinguerli e finiva per deriderlo. Nessuna novità, insomma.

Quella mattina, invece, l'inimmaginabile bussò alla porta del suo ufficio.

Fu la scialba voce del collega ad annunciarlo. – Benson, credo stia cercando te. –

Freddie alzò lo sguardo e lo proiettò in direzione della soglia. Se avesse avuto qualcosa in mano, gli sarebbe senza dubbio caduto. – Sam? – era la prima volta che si presentava, di sua spontanea volontà, in quella zona. - Che ci fai qui? –

La bionda si appoggiò con la schiena allo stipite, incrociando le braccia. Un sottile ma sfrontato sorrisetto le colorava il volto. – Ho bisogno di assistenza tecnica. –

Freddie superò in fretta lo stupore e inarcò un sopracciglio. – Sul serio? –

Sam abbozzò una risata e si decise a entrare. – Certo! –

Manteneva la stessa espressione, ma lo sguardo si era fatto più profondo. Si avvicinò alla scrivania e batté due leggeri colpi sul legno. – Tutto ok? –

Lui riconobbe di avere difficoltà a ricambiare le occhiate di Sam. Lo disturbava, per qualche ragione, sapere esattamente a cosa si riferiva quella domanda.

Era però anche convinto che, dopotutto, la risposta non avesse molta importanza. Annuì, sforzandosi di apparire convincente. Fare il suo lavoro, poi, in quel caso faceva parte dello sforzo. – Hai problemi col computer? –

- Vieni, ti faccio vedere. –

Freddie la seguì nel corridoio, prendendo la via delle scale. – Che è successo? –

Pochi passi, e Sam si fermò. – Volevo parlarti un attimo. – si voltò verso di lui. – Ma non avevo intenzione di farlo davanti all'altro sosia di Steve Jobs. –

Freddie sorrise, ma soprattutto per il nervosismo. Non c'erano mai stati colloqui privati tra loro, tantomeno cercati da Sam.

- Ricordi cosa ti avevo detto qualche tempo fa? –

Freddie sollevò nuovamente il sopracciglio. – Certo, come no, un sacco di cose. –

- Ti avevo parlato di quell'appartamento, non lontano dal mio. L'avevano messo in affitto, più di un mesetto fa, ma è stato preso praticamente subito. Non mi hai fatto sapere più nulla, ma anche se lo avessi fatto, saresti comunque arrivato in ritardo. La coppia che ci era andata ad abitare, però, ha già deciso di lasciarlo per trasferirsi in uno più grande, senza né preavviso né altro. Quindi, se sei interessato, sappi che è tornato disponibile. –

Il ragazzo la fissò come intontito. Ricordava l'offerta che Sam gli aveva fatto qualche settimana prima. Il lavoro e l'appartamento. Lui aveva approfittato soltanto del primo, perché appena arrivato a Los Angeles, contando i pochi risparmi che gli erano rimasti, sostenere un affitto era francamente impensabile.

Ma adesso, l'idea di fuggire da quell'ignobile stanza del motel cominciava ad allettarlo. Con un posto di lavoro e un paio di stipendi in più in tasca, poteva permettersi una casa tutta sua.

- Conosco il tizio che gestisce le trattative. – proseguì la bionda. – Posso riuscire a farti avere un prezzo veramente buono. –

La domanda successiva, per Freddie, aveva un peso ben diverso. – Perché lo stai facendo? –

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