Capitolo 13:

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              "Mi sento confusa."

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Dove mi trovavo adesso? Nel mio posto felice, ovvero una gelateria.
Io da sola, in una gelateria, a mangiare gelato. Emozionante, vero?
So solo che in testa avevo ancora le parole di Blake. Cosa intendeva? Era a causa mia? Non sapevo dare una risposta a nessuno di queste domande, sentivo solo un grande senso di colpa alleggiare dentro di me.
Quando ritornai nel corridoio, la folla stava per andarsene poco per poco.
Avrei voluto scusarmi con i ragazzi, fargli sapere quanto fossi davvero dispiaciuta.
Aaron e Natalie quando mi viderò, corsero da me per sapere dove fossi finita. Ma Aaron ne era consapevole di dove fossi, di conseguenza mi rivolse un occhiata rassicurante, di conforto.
Gli dissi di star tranquilli, che sarei andata a casa.
Ma prima avevo bisogno di stare da sola, di pensare. Di odiare la piccola parte di me che si sentiva gratificata dal fatto che Blake l'avesse difesa. Non era giusto, non dovevo.
Blake aveva sbagliato, qualunque cosa egli avesse sentito su di me.
"Vuoi condividerlo con me?" disse una voce, dinanzi a me. Aaron era qui. Gli sorrisi alzando un sopracciglio.
"Davvero pensavi che ti avrei lasciato da sola?" continuò, sedendosi vicino a me e prendendo un cucchiaino dal bancone.
Raccolse un po' di gelato dalla vaschetta e se lo portò fra le labbra.
"Perché lo ha fatto?" mi chiese successivamente, guardando attentamente ogni mio movimento.
"Ha detto di averlo fatto per me, ma non so il motivo preciso." confessai, guardandolo.
Lui sorrise, scuotendo la testa.
"Perché ridi?" gli chiesi dubbiosa.
"Immaginavo fosse così. Uno impulsivo, istintivo e irruento." esclamò.
Lo fissai negli occhi. "Non c'è giustificazione per ciò che ha fatto. È stato a causa mia." sibilai, sentendo lacrime salate bagnarmi leggermente gli occhi.
Aaron scattò sulla sedia, avvicinandosi a me.
"Ei no, non ci pensare neanche. Tu non c'entri, non gli e lo hai chiesto mica tu di litigare con qualcuno. Tu non sei responsabile delle sue azioni." Disse, sollevandomi il capo.
Mi abbracciò, e si, ne avevo bisogno.
Avevo bisogno di Aaron in quel momento.
Gli sorrisi e mi rifugiai fra le sue braccia.
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Aaron mi aveva aiutato a finire il gelato. Avevamo passeggiato fra le strade di una Miami notturna. Ed ora, eravamo a casa sua. Stavamo vedendo un film, con tanto di pop corn e patatine.
Direte: tu a casa di un maschio? Si.
Conosco Aaron da quando avevo 10 anni, mi fido di lui più di chiunque altro. So che non penserebbe mai a me in un altro modo. L'amicizia che c'è tra noi è indistruttibile, abbiamo litigato tante volte ma ogni volta ritornavano.
Era come impossibile starsi lontani.

Lo osservai mentre si godeva il film, avevo bisogno di parlargli.
Dovevo sfogarmi. Non volevo interrompere ma ne avevo davvero bisogno.
"Aaron, posso parlarti?" gli chiesi.
Si voltò verso di me e sorrise, stoppando il film
"Menomale. Mi stava annoiando." disse, ridendo.
Mi misi comoda, stendendo le gambe e lo guardai negli occhi.
"Mi sento confusa" sussurai
"...non sento di avere il pieno di controllo della mia mente, del mio corpo quando sono con lui.
Mi costringo a stargli lontana e mi convinco che non fa per me, che non c'entra niente uno come lui con me. Ma quando mi è vicino...io..non so, quando mi è vicino, lo desidero..." dissi tutto d'un fiato.
Mi aspettai di vedere un espressione delusa o criticatoria sul viso di Aaron, ma non vidi nessuna traccia che mi stesse giudicando.
" Gioia, mi credi così stupido? Secondo te, non ho notato come vi guardate? O come entrambi, vi desideriate da impazzire quando siete vicini? Non aspettavo altro che lo ammettessi a te stessa." concluse sorridendo.
Lo fissai colta di sorpresa, lui aveva capito tutto prima che lo capissi io stessa?
" Sto sbagliando, vero?" sussurai
".. dico con Natalie, sto sbagliando?"
Aaron mi guardò sincero, sapeva che volessi ascoltare solo la verità. Odiavo le bugie.
"Da una parte si. Stai sbagliando nel non dirgli ciò che stai provando. Ma non nel provarlo, non sei tu a controllare queste cose. Puoi sforzarti quanto vuoi, supplicare e cercare di convincere la tua mente che non è così, ma non funzionerà.
Anzi, lo desidererai maggiormente."
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Il giorno dopo, ci vollero: 3 suoni della sveglia, una luce accecante e il rumore delle macchine per svegliarmi.
Quando provai ad alzarmi, mi ritrovai completamente distesa sul pavimento.
"Aia" sussurai, alzandomi da esso.
Mi diressi verso l'armadio, estraendo da esso una maglietta di cotone azzurra e un paglio di jeans blu.
Il mio umore potrebbe rialzarsi solo grazie ad una bomboletta di panna e del gelato.
Sono dipendente dal cibo. Gli altri hanno la droga, io ho il cibo. Originale!
"Mmmh uffa" mi lamentai senza un preciso motivo. Ero ancora stremata dalla giornata precedente, mi sentivo colpevole e gratificata al contempo. La sensazione di desiderio verso Blake non ne voleva sapere di passare. Era una dipendenza. Nonostante i suoi atteggiamenti e la sua irrascibilità, riuscivo ancora a vedere una forma di lui che mi piaceva. Attraeva da morire. Mi sapeva di proibito, di qualcosa che non bisogna neanche pensare di avere. E purtroppo, io amavo l'impossibile. Più era difficile, più mi piaceva. Vidi una sorta di masochismo a riguardo.
Mi diressi nel mio bagno come un anima in pena.
Ci fu ancora traccia del cattivo umore mattutino, un evidente traccia che fossi ancora un umana.
E che non mi fossi inserita nel gruppo soprannaturale, a causa delle mie evidenti occhiaie e la pelle pallida.
Ma le top model che prendono per svegliarsi la mattina già perfette? Antibiotici? Cheratina? O un abbondante dose di piselli? Ei, aspettate. Niente doppi sensi. Mentre stessi cercando su internet se fosse possibile essere ingravidati virtuale da star, mi spuntò un sito dove diceva: "La frutta che rende la tua pelle uno schianto". La mia infinita curiosità mi suggerì di controllare e lessi che i piselli sono ricchi di clorofilla (non ci voleva un sito per saperlo, ma shh) e contribuiscono a rendere la pelle migliore. Ecco spiegato il perché io odiassi i piselli. E anche qui, tenete a bada le vostre testoline perverse!
Quando fui completamente pronta, recuperai una mela dal cestino della frutta e salutai la mia famiglia con un dolce saluto.
Che brava bimba!
Stranamente e dico davvero, sono in anticipo.
L'autobus avrebbe impiegato 10 minuti per portarmi a destinazione e la scuola sarebbe iniziata tra 5 minuti. Ah no. Riformulo il pensiero: sono in ritardo, come sempre.
Percorro l'entrata e mi accorgo di molteplici sguardi su di me. Sembrano tutti voler scovare un mio segreto. Alcuni sono di ammirazione e gli altri di odio. Quelli di odio provengono maggiormente dalle ragazze. Ma che ho fatto ora? Non ho commesso nessun crimine? L'unica cosa per cui potrei essere arrestata è barare nel canestro della sala giochi. Be, praticamente salii su esso e feci canestro. Ma è pur sempre un canestro, no?
Vidi Aaron in compagnia di un nostro compagno di classe, John.
Lo presi da un braccio e lo feci voltare verso di me: "Perché sembra che la maggior parte delle persone in questa scuola vogliano sbranarmi viva e darmi in pasto ai pesce palla?" chiesi.
Aaron sospirò affranto, dubbioso se dirmelo o no. Poi mi guardò e sorrise in modo sincero ma preoccupato per me. Oh andiamo, che ho fatto ora?
"Si è venuto a sapere che Blake abbia provocato quella rissa per te." mi informò.
Okay, va bene. Non doveva saperlo nessuno, ma dove sta il problema?
Aaron non vedendo nessuna reazione da parte mia, capì che non avevo afferrato il concetto.
"Non ti sembrerà così strano da credere. Ma Blake Sanders è particolarmente conteso in questa scuola." esclamò, con un tono ovvio.
Ah. Ecco perché la maggior parte di loro mi stessero trucidando con lo sguardo.
"...sai cosa significa?" mi chiese, con uno sguardo preoccupato e consapevole.
Che mi daranno in pasto ai leoni? Nel senso figurato della parola.
"Che mi perseguiteranno come avvoltoi?" provai ad indovinare ed azzeccai. Aaron mi sorrise e dopodiché proseguì la sua passeggiata con John, che per tutta la conservazione rimase affianco ad Aaron silenzioso.
Quei due non me la raccontavano giusta.

Sotto lo sguardo di occhiate intimidatorie, che mi fecero solo saltare i nervi, raggiunsi la mia classe.
Essa era occupata da quasi tutti gli alunni e da Ms. Nowton, che mi rivolse un occhiata di pena non appena entrai.
Mi odiava così tanto?
Non ebbi tempo di ragionarci in più, poiché inizio la sua lezione con un: "Davis interrogata."
Ecco, lo sapevo. Avevo bisogno solo di lei per migliorare la mia fantastica giornata.

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Uscii dalla classe per dirigermi alle macchinette della scuola. Stranamente da sola, poiché Aaron fosse in compagnia di John e Natalie sembrava essere scomparsa.
Volevo parlare, volevo chiedergli se tra noi era tutto apposto.

Percorsi il corridoio e mi ritrovai davanti all'oggetto dei miei desideri. Esattamente lì. Pieno e strabordante di cibo. Era questo l'amore?
Digitai il numero 17A e ordinai il mio solito: ovvero, Caffè macchiato col latte e tre bustine di zucchero.
"Non cambi mai, vero?" chiese una voce dietro di me, che potei riconoscere in 3 secondi.
Non si arrende, vero?
"Perché dovrei? Non sono io ad essere scappato dopo aver messo le corne alla mia ragazza." esclamai voltandomi a guardarlo in viso e cercai di andarmene subito.
Dico andarmene, perché me lo vietò.
Mi prese da un braccio e mi chiese di rimanere.
"...perfavore" sussurò
"Non sei mai stata un egoista, né una che scappa dai problemi.
Parliamone e basta." continuò, lo sguardo conferiva tristezza quasi angoscia per ciò che mi aveva fatto.
Gli sorrisi divertita, incrociando le braccia al petto con ancora il caffè in mano.
"Oh mio piccolo Derek, è qui che ti sbagli. Tu non sei un problema, saresti troppo importante altrimenti."
Finii, gli rivolsi un ultimo sorriso e me ne andai, sorridendo trionfante.
Avevo vinto di nuovo.

Tu non sei le altre. Where stories live. Discover now