Capitolo 2:

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       "Mi guardò con sfida... Be, io amo la sfida."

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La fastidiosa suoneria del mio telefono interruppe quello che era il mio sonno di bellezza.
Per essere perfette come lo sono io, bisogna dormire come un bisonte.
Lanciai il telefono così lontano che sperai fosse arrivato a Marte ma no.
Era ancora qui.
Ed io che pensavo di essere un mito nel lanciare le cose.
Ed indovinate chi fu colei che disturbò il mio sonno? Natalie.
Amo quella ragazza ma ancora mi chiedo come io possa averla sopportata per 7 anni.
Ancora nel buio della mia stanza, raccolsi la prima cosa che assomigliasse anche, lontanamente, ad un telefono.
Risposi ma continuava a suonare.
Che strano.
Riprovai ma nulla.
Accesi la luce, dopo 10 minuti di ricerca e riscontrai che quello non era un telefono ma bensì la mia ciabatta a forma di banana.
Non fraintendermi.
Le trovavo carine.
In tutto ciò, Natalie non si è ancora arresa nel far squillare il telefono. Testarda, troppo.
Risposi e, stavolta, davvero.
"Ma Buongiorno. Hai preso i sonniferi degli zombie?" urlò dall'altro capo.
"Ti rendi conto di che ore sono?" continuò urlando.
La bloccai subito prima che mi venisse un trauma "Ei amore mio, calma.
Sono sveglia da 3 secondi e mezzo, c'è la vasta probabilità che mi riaddormenti se continui ad urlare. Ora calma e dimmi che ore sono." conclusi sorridendo per averla fatta calmare.
"Le otto e mezza" rispose.
"COOSAA? LA FOTTUTA FESTA." Urlai correndo per la stanza.
Non fraintendetemi, non è di fatale importanza.
Ma ho fatto una scommessa con Aaron, che se fossi stata pronta in orario per la festa di inizio anno, avrebbe fatto tutto ciò che avessi voluto per un giorno.
Direte: non è così impossibile arrivare in orario, no? Si, lo è. Per me lo è. Io e il ritardo siamo amici da una vita.
"Inizia alle nove, c'è la fai di sicuro a prepararti in mezz'ora.
Sono quasi lì" rispose e chiuse la chiamata.
Non perderò quella scommessa.
Già immagino Aaron girare per i corridoi della scuola con un tutù.
Ritorno alla realtà, cercando un outfit adatto per questa serata.
Sarà un falò in spiaggia, quindi felpa e pantaloncini andranno benissimo.
Scelgo la felpa con lo stemma della scuola color grigia e dei pantaloncini color bianchi, infine delle semplici scarpe di ginnastica.
Outfit completato.
Non amo truccarmi, quindi non sarà un problema.
Pettino i miei capelli e passo un ultima volta la piastra su essi.
Infine, la mia ossessione.
L'igiene.
Lavo per la terza volta nella giornata i denti, spruzzo il mio profumo, lavo le mani e sono pronta!
Apro la porta e trovo già Natalie fuori ad aspettarmi.
"Io sono un mito. Quale ragazza sarebbe pronta in mezz'ora?" domandai in modo retorico a Natalie, svolazzando le braccia in segno di vittoria.
"Caro Aaron, prepara il tutù." prosegui, con un sorriso vendicativo in volto.
Natalie si girò verso di me di scatto e scoppiò a ridere "ti prego, dimmi che gli farai mettere i collant."
"Sarà la prima cosa che farà." gli risposi e, sono sicura, che le nostre risate si udirono fino a Giove.
Un auto si fermò davanti a noi. Aaron ci guardò scioccato. "Ma io delle amiche normali, non potevo trovarle?" si domandò
"No, poi sentiresti la nostra mancanza." gli risposi.
Mi misi dietro e Natalie nel sedile passeggero, dopodiché partimmo.
"No, non credo." continuò Aaron.
"Oh si, sai che noia la vita senza di me." gli risposi di conseguenza io.
"Gioia e la sua modestà." disse Natalie ridendo insieme ad Aaron.
"Eh si, ho anche questo dono." risposi
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"Ei tu, grande uomo.
Mi porteresti un altro vodka lemon, perfavore?" chiesi l'ennesimo drink al barista, che ormai mi guardava stufato, ma sapeva che avrei scatenato tutta l'ira che c'era in me se avesse detto di no.
Eh già, non amo i no.
"È il terzo" rispose il barman.
"Eh abituati.
C'è ne sarà un quarto, un quinto e un... Che c'è dopo il cinque? Tu lo sai?"
Aaron arrivò al mio fianco, con uno sguardo arrabbiato.
"Non devi allontanarti, lo sai che non lo sopporto.
E smettila di bere." mi prese in braccio, trascinandomi fuori dal chioschetto dell'alcool.
"Aaron, guardami. Ho 17 anni. Uno e sette. Sono una donna matura ormai." dissi contandogli davanti.
"Di cervello è escluso." disse continuando a tenermi in braccio.
Lo guardai, profondamente, offesa. Mi misi a piangere, non so perché, però bho.
"Ma ei. Sei così cattivo con me."
Aaron mi guardo e il suo viso si addolcì.
"Lo faccio perché ti voglio bene."
"Ah ecco. Puoi prenderla e portarla a casa, te ne sarei grato.
Devo cercare anche Natalie." disse Aaron a qualcuno ma non vidi chi, poiché mi addormentai.
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Il ronzio di una macchina mi svegliò, per non parlare delle volte in cui sbattei la testa.
Be, se prima avevo qualche problema, ora ne avrò a sufficienza.
Apro gli occhi, cercando di identificare il posto in cui mi trovo.
L'unica cosa che metto a fuoco, è una mano tatuata. Marchiata.
"Sei ancora viva, è un passo avanti." disse e potei riconoscere dalla voce chi fosse...
"Blake" dissi.
"Ti ricordi il mio nome ma non il tuo." disse
"Mi hai detto di chiamarti Margherita, come la tua pizza preferita." proseguì per via del mio sguardo interrogativo.
"Ah" fu l'unica parola che uscì dalla mia bocca.
Mi guardai in torno ma non riconobbi la via di casa mia.
"Sappi che ho fatto lezione di Karate, sono praticamente imbattibile." dissi per sicurezza.
Si girò verso di me e mi squadrò da capo a piede con un ghigno di divertimento in viso.
Almeno si divertita.
"Sfrutterai le tue lezioni per un altra occasione.
Hai perso le chiavi e i tuoi non sono in casa.
Natalie è ubriaca quasi quanto te e Aaron si deve occupare di lei.
Ecco spiegato il perché stiamo andando a casa mia." concluse con una tranquillità da Oscar.
Io stavo per svenire lì
" CASA TUA? Ti conosco da 3 secondi. " drizzai la schiena in tensione.
"Non obbligherei nessuno per del sesso, posso averne quanto ne voglio.
E non sei il mio tipo." concluse, girando il viso verso la strada, sempre con quel suo ghigno di sfida.
"Perché tu?" chiesi.
"Perché Aaron era disperato, non è obbligato ad occuparsi di voi, eppure.
Era giusto aiutarlo." Detto ciò frenò davanti ad un immensa villa, scese dalla macchina e prosegui verso il portone.
Ah gentile.
Entrammo dentro casa senza dire una parola.
Quando ad un passo dalla sua camera, si girò e guardandomi negli occhi, disse:"Non ti conosco e non mi interessa farlo. Fa che sia lo stesso per te. Non toccare nulla, intesi?" senza aspettare risposta si girò e aprì la porta.

Tu non sei le altre. Où les histoires vivent. Découvrez maintenant