2. Spedizione di classe!

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Il professore richiamò la classe:

– Per favore!! – e tutti ripiombarono in un silenzio tombale, – Stiamo solo anticipando la spedizione terrestre e posticipando quella navale, ma la farete lo stesso! Perciò, adesso, ascoltate la maestra Chirei.

– Grazie, Soube.

Per quanto prontamente costei accettò di diventare protagonista dell'aula, fu evidente che non stesse aspettando altro.

– Va bene, allora... – la maestra partì a piena velocità col proprio discorso, – Siamo ben consapevoli di quanto la nostra materia sia ripudiata da molti, ma se esiste ancora, in questa scuola annacquata, c'è una ragione. – la maestra riusciva con grande abilità a mantenere una consistente dose di carisma nonostante la costanza del suo atteggiamento disinvolto e informale, – Potrete essere i più abili navigatori del mondo, i più grandi marinai o cartografi, ma tutti i viaggi per mare, per quanto lunghi, hanno sempre una fine... e, esclusa l'eventualità di crepare in fondo al mare per un naufragio, quella fine sarà sempre sulla terra secca. – prese una teatralissima pausa, poi riprese, – Saper affrontare un mare in tempesta è inutile se poi, una volta giunti a riva, non si è capaci di sopravvivere. Noi qui vi insegniamo a cavarvela non solo in mare, ma ovunque la vita vi condurrà –. Infine, terminò il discorso con quella che mi parve essere una postilla personale non prevista, – Tuttavia, prima ancora che sia il mondo a porvi davanti delle difficoltà, saremo noi stessi a farlo con la nostra fantastica materia! – concluse con un malvagissimo sorriso.

Sentire quelle parole mi fece sentire meglio, meno strano, o quasi più saggio dei miei compagni di classe, come se avessi compreso quel che loro ancora stentavano a capire, ma sapevo che fossimo tutti sulla stessa barca. Loro ripudiavano la terra, io ripudiavo il mare, e capivo che l'immaturità di un pensiero simile risiedesse nel concetto stesso di precludersi una parte di mondo, ma questo semplice discorso teorico non bastava a dissuadermi dall'idea che il mare mi fosse in qualche modo nemico.

A dissipare il gelo che seguì il discorso della maestra, quella volta, fui io, celatamente emozionato per l'inaspettata buona notizia, in completa controtendenza col resto dei presenti.

– Quando si partirà? E come dovremmo organizzarci, maestra?

Solo in seguito all'essermi alzato di scatto dal banco mi accorsi degli sguardi torvi dei miei compagni, i quali parvero non gradire particolarmente il mio entusiasmo.

Mi risiedetti nell'imbarazzo.

La maestra sembrò aver ignorato il clima di tensione, poi saltò giù dalla cattedra e iniziò ad appuntare le varie informazioni sulla spedizione alla lavagna. Naturalmente, come da nessun altro all'infuori di lei ci poteva aspettare, impresse le lettere sulla nera pietra senza far uso dell'apposito pennino acquifero, piuttosto lasciando che le scritte apparissero nella loro verdognola fosforescenza sotto l'umidità delle sue stesse dita.

– Esploreremo la foresta a nord-est, non lontana dalla città sul promontorio. Porterete con voi il solito equipaggiamento: bussola, cibo, tessuti, acqua, corde, qualche arma utile eccetera. Sarete divisi in gruppi da due, – si voltò verso la platea a scrittura finita, – Avete tempo fino all'ora di pranzo per concludere i preparativi. Appuntamento alle dodici davanti alla piazzetta della scuola. Ci sono altre domande?

– Quanto durerà la spedizione? – chiese Larou, – E saremo lasciati soli o no?

– Dopo una lezione introduttiva del professor Zeitsuta, vi sparpaglierete nel bosco avendo come limite ultimo il fiume. Sarete da soli, e i voti saranno tanto più alti quanto più a lungo riuscirete a rimanere nella foresta, in proporzione, ovviamente alla vostra condizione psico-fisica al ritorno, con un minimo di cinque giorni per ottenere la sufficienza. Coloro che moriranno dovranno ripetere l'anno –. Concluse.

La sfida sembrava ardua, ma ero eccitatissimo.

– Per quanto tempo dovremmo rimanere nella foresta per ottenere il voto massimo?

Chiesi, ma anche quella volta, per la natura della mia domanda, attirai un bel po' di sguardi truci dalle file davanti a noi. Forse diedi l'impressione di voler spavaldamente primeggiare sugli altri, ma non era mia intenzione. Magari non potevo ambire al massimo dei voti, ma per lo meno cercavo di avere in mente una misura di quel che ci chiedevano.

– Kiun –. Rispose seccamente la maestra.

Io, confuso, tentennai.

– Co... come ha detto scusi?

– Kiun, – ribadì, – il limite è il maestro Kiun. Coloro che torneranno al villaggio dopo di lui avranno il massimo dei voti.

– Ma, quindi, quanto tornerà?

– Ve l'abbiamo detto, non lo sappiamo, – rispose lei, quasi con tono d'ovvietà, – Potrebbero essere pochi giorni, come diverse settimane. L'obiettivo è quello di fargli fare un'indecente figura davanti al preside, dimostrando che i nostri studenti sono più preparati alla vita nel mondo selvaggio di Nas... Kiun stesso –. Si corresse.

Larou e io ci scambiammo titubanti espressioni, mentre qualche amara risatina emerse dal fondo della classe.

La mia mente non coglieva qualche passaggio del suo ragionamento, dalle ragioni infantili e ridicole, ma era quello che rendeva la Chirei una maestra atipicamente spassosissima, almeno per me.

Percepivo che fosse solo un pretesto per sbatterci a frasche, ma mi stava bene così.

– Perfetto! – la maestra tagliò corto, – Se non ci sono altre domande potete correre ai vostri bugigattoli e iniziare a prepararvi.

Nell'esortarci a uscire dall'aula, la maestra prese a spingere alcuni fra i più indecisi fra noi fuori dalla stanza, accelerando traumaticamente l'inizio dell'attività.

Io tentai in tutti i modi di non sembrare l'unica voce fuori dal coro per la terza volta, sforzandomi a uscire a passo normale dall'aula, ma in realtà fremevo dall'eccitazione.

Appena svoltai l'angolo con Larou, ci guardammo negli occhi per qualche secondo, sollevammo lentamente dei sorrisi da maniaci e, come la tempesta a seguire la quiete, scoppiammo in femminee urla di euforia.

– Finalmente una spedizione terrestre!! – esclamammo all'unisono.

– Siamo insieme in gruppo, vero? – chiese Larou.

– Ovviamente! – confermai.

– Evvai!! – urlammo entrambi.

– Allora, allora, allora. Facciamo così, – propose Larou, – Prima ci prepariamo autonomamente e poi, appena abbiamo finito, ci incontriamo per fare insieme il quadro della roba?

– Buona idea, ci vediamo a casa mia? – avanzai la mia parte di proposta.

– Ci sto, fantastico, allora a dopo!

– Ciao!

Senza sprecare una parola in più, ci separammo immediatamente e ognuno abbandonò la piazzetta della scuola, correndo con foga verso la rispettiva abitazione.

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