7. Anima muta

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7. ANIMA MUTA
















"Chi guarda fisso verso le stelle
non cambia idea."
-Leonardo Da Vinci



















2 giugno, 2019
















L'alba la sorprese, modesta e pallida, striata di riflessi violetti che si spalmavano sui ciuffi d'erba del prato verde accesso. Il cielo brillava senza nubi, l'aria era tiepida e piacevole. Kendra fece un passo avanti e incollò la fronte al vetro, poi aguzzò la vista, riducendo gli occhi a due fessure, affinché potesse vedere meglio. Qualcosa catturò la sua attenzione: oltre lo spessore del grande finestrino, lì... proprio lì, a qualche metro di distanza, intravide una massa nera indistinta. No, un insieme di ossa gracili e piume spelacchiate. Un piccolo merlo indifeso.

Se ne stava appollaiato su un frassino, tranquillo, a farsi gli affari suoi. Le sue ali rosse -forse apparteneva a una specie particolare- posavano flosce su un grosso ramo scuro. Poco dopo accadde qualcosa di magico; il merlo spalancò il becco e intonò il suo canto, non poté ascoltarlo, ma divenne spettatrice di uno spettacolo meraviglioso, riservato ai quei pochi che sanno osservare per davvero. Gli altri di solito guardano e basta.

Alle prime luci dell'alba, quando la temperatura è bassa e fa abbastanza freddo, la melodia è ben visibile a occhio nudo. Il vapore uscente dal becco del merlo parve formare un pentagramma, le note si propagarono nell'aria, l'anima gli usciva dal petto. I raggi del sole nascente accarezzarono il suo manto scuro, illuminarono i cerchi di vapore che vagavano per l'etere. Dietro il piccolo animale nel cielo limpido e profondo comparve un aereo, gigante metallico che domina la volta celeste. La brutta copia dell'uomo che cerca di imitare la natura, voglioso di provare il senso di libertà selvaggia di cui godono le bestie, di toccare le stelle, di sfiorarle con un dito.

All'improvviso il merlo si librò in volo, cercò di fiancheggiare il gigante, contendendogli le nuvole. Purtroppo, a un certo punto l'animale frastornato dal rombo dei motori, cominciò a volteggiare in modo contorto, a diminuire man mano la velocità, fino ad arrestarsi completamente, ritornando sullo stesso ramo da cui era partito, mentre l'aereo scompariva tra le nubi. Kendra non aveva mai viaggiato in aereo, quella sarebbe stata la sua prima volta. Percepiva una strana sensazione all'altezza della bocca dello stomaco, le sudavano le mani e aveva la gola secca. Non lo stava facendo a cuor leggero, avrebbe preferito di gran lunga usare un altro mezzo di trasporto, perché ciò che provava all'idea di essere lontana chilometri dal suolo era puro smarrimento.

Quella stretta allo stomaco l'avrebbe attanagliata fino al momento dell'atterraggio. Per superare l'ansia si concentrò sugli aspetti positivi: senza il volo non avrebbe potuto realizzare il suo sogno e vedere un nuovo pezzettino del mondo. Vagare tra le nuvole, stando alle statistiche, è il mezzo di trasporto più sicuro per spostarsi da un posto all'altro. La verità è che essere impotente, non avere forma alcuna di controllo, non la entusiasmava affatto. Inoltre, in fin dei conti, gli esseri umani non sono stati creati per volare, lei, addirittura, si considerava essere acquatico, pertanto era più che normale percepire il fenomeno come strano e alieno.

Si sentiva come Icaro quando imparò a volare: avrebbe raggiunto la libertà attraverso il sacrificio. Eppure, capita spesso che chi troppo vuole nulla stringe. Il mito stesso narra che Dedalo costruì a suo figlio, Icaro, ali con piume di uccello tenute assieme con la cera d'api per cercare di scappare dal labirinto del Minotauro. Però Icaro morì, precipitando nel mare, per essersi avvicinato troppo al sole, che con il suo calore aveva sciolto la cera e distrutto le ali.

Dove vanno le stelleWhere stories live. Discover now