Capitolo 29 [712]

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PoV Sydney

Con le sue braccia muscolose e i mille colori impressi sulla sua pelle, mi afferra e con un solo e unico gesto riesce a stendermi delicatamente sul pavimento

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Con le sue braccia muscolose e i mille colori impressi sulla sua pelle, mi afferra e con un solo e unico gesto riesce a stendermi delicatamente sul pavimento.

Il tappetto attutisce i nostri corpi annodati l'uno all'altro.

Mi scruta, come un leone quando studia i movimenti di una gazzella prima di attaccarla.

Proprio questo sembra Kai... Un predatore affamato, di me però.

L'unica luce che illumina i nostri corpi spogli, è un'abat jour che rende la situazione ancora più passionale.

Attorno a noi veglia il buio, che stranamente non trovo minaccioso.. Egli assiste a ciò che sta per accadere.


Una settimana prima

Io e zia Christie osserviamo Hakar e attendiamo spazientite la seconda grande notizia.

I secondi passano lentamente, come se fossero minuti interi di attesa. 

Finalmente però, dopo un po' di suspense, il chirurgo ci sorride e sputa il rospo.

Hakan: "Vorrei dirvi di cosa si tratta, ma le parole non basterebbero per rendere l'idea... Venite con me"

Senza aggiungere altro si alza e ci fa cenno di seguirlo, noi, ovviamente facciamo ciò che ci ha appena chiesto di fare.

Camminiamo per qualche minuto, passando di fronte a varie camere d'ospedale.

Osservo, mi rendo conto solo ora che guardando di persona quanta gente stia male, è da egoisti pensare che solo noi abbiamo dei problemi, dei momenti no.

Tutti infondo stiamo vivendo una guerra, o una battaglia.

Il mondo sarebbe un posto migliore se solo le persone fossero più consapevoli di questa cosa, scontata forse, ma non troppo.

Smuovo la testa, e ritorno nella terra ferma.

Ripongo la mia attenzione su Hakan, che si volta verso di noi raggiante.

Hakan: "Eccoci arrivati, siete pronte?"

Cazzo, sì.

Apre senza fretta la porta della stanza 712, apparentemente uguale a tutte le altre.

Entriamo lentamente, perché il tempo sembra fermarsi.

La stanza è bianca, semi spoglia, con macchinari che emettono piccoli suoni, seguendo il ritmo cardiaco del paziente interessato.

In mezzo a questo ambiente asettico, c'è qualcuno che cambia completamente il clima freddo di una semplice camera d'ospedale.

Zio Peter, seduto sul lettino, con la schiena ben appoggiata sulla testata del letto che ci sorride.

Il suo viso non è più pallido, ha le guance che sembrano pesche e i suoi occhi color nocciola ci osservano, felici.

Le lacrime prendono possesso del mio viso, escono senza volerlo.

Mi dirigo di corsa vicino a lui e lo abbraccio.

Sento un debole "Ahia amore" uscire dalle sue labbra.

Diminuisco la presa, rido.

Non riesco a smettere di tenerlo stretto a me, è vivo.

Mio zio è vivo, cazzo!

Zia Christie si avvicina lentamente al letto, come se non credesse ai suoi occhi.

Zio Peter: "Christie, vita mia... Avvicinati, sto bene"

Mette la sua testa sul petto di mio zio e inizia a piangere a dirotto.

Mi tremano le labbra a vedere questa scena.

Zia Christie: "Credevo di averti perso per sempre, come avrei fatto senza di te?"

Zio Peter: "Basta piangere, si vede proprio che siete delle femminucce"

Con questa sua affermazione riesce, nonostante l'accaduto a farci ridere e ad alleggerire la situazione.

Fa strano vederlo davanti a me, parlarci è una gioia.

Invitiamo il giovane chirurgo a prendere parte al nostro piccolo momento di felicità.

È grazie a lui se ora siamo tornati a essere una famiglia completa, è grazie a lui se ora zio Peter è tra noi.

Lo abbracciamo, senza porci il problema che sia un medico.

Al diavolo la professionalità, siamo persone dannazione.

Zia Christie: "Giovanotto, grazie di cuore. Sappi che ora sei invitato, quando vuoi e hai tempo a cenare insieme a noi"

Zio Peter aggiunge un semplice "Concordo".

Gli sorrido, lui apprezza molto questo nostro gesto e dopo aver tentennato per l'imbarazzo, risponde: 

"Con enorme piacere"

Le sue parole vengono seguite dallo squillo di un apparecchio che tiene sempre dentro alla tasca del camice... Ci lascia, dicendo la tipica frase da medico:

"Il dovere mi chiama"

Prima di chiudere la porta alle sue spalle si volta un'ultima volta e ci regala un sorriso radiante.

Hakan, grazie.


Ho voluto chiamare questo capitolo "712" e anche la stanza d'ospedale di Peter per ringraziare Silvia, una delle persone più importanti per me che mi è sempre stata vicina in ciò che scrivo e non si è mai posta il problema di essere sincera, per aiutarmi a migliorare.

Soprattutto però le ho voluto fare un piccolo e anticipato regalo di compleanno per domani: 7 Dicembre, ecco perché la scelta del numero 712.

Soprattutto però le ho voluto fare un piccolo e anticipato regalo di compleanno per domani: 7 Dicembre, ecco perché la scelta del numero 712

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