40 / Happy ending.

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Sembrava che la vigilia di Natale fosse stata spostata a maggio. L'intera famiglia era in festa, e Jimin non aveva mai visto tanto cibo abbondare sulla loro tavola. Erano tutti ebbri, e non passavano dieci minuti senza che qualcuno riempisse di vino i bicchieri e inneggiasse ad un brindisi. Mangiavano e bevevano tutti, tranne sua sorella. La ragione? Era incinta!

Aveva dato la notizia guardando emozionata Ronnie negli occhi, poi si erano abbracciati e baciati sotto uno scroscio di applausi e congratulazioni. Anche i genitori di Ronnie, ovviamente, erano presenti alla festicciola, ed erano i più chiassosi ed entusiasti del gruppo. Si vociava di matrimonio, di possibili nomi, del quartiere dove fosse meglio prendere casa.

Jimin era così positivamente sconvolto dalla notizia che decise di non comunicare la propria, di novità. Non voleva rovinare il momento alla sua amata sorellina, che sembrava davvero essere al settimo cielo, tra le braccia del suo ragazzo.

I festeggiamenti continuarono fino a notte fonda. Dopo la cena avevano dato inizio ad una gara di karaoke e Jimin aveva scoperto quanto Ronnie fosse stonato. Nonostante quello, era una bomba nel ballo e aveva dei gusti musicali davvero ricercati. Collezionava vinili e conosceva tutte le canzoni che il padre di Jimin adorava, e questo gli aveva fatto immediatamente guadagnare punti simpatia ai suoi occhi.

Dopo la gara di karaoke ci fu la canonica partita a Scarabeo, che verso le due del mattino abbioccò un po' tutti. Complice il vino, complice la stanchezza, fu chiaro che era ormai arrivato il momento di salutarsi. Ronnie abbracciò la sorella di Jimin e la salutò con un romantico bacio sulle labbra, poi andò via assieme ai suoi genitori. Loro si trattennero a sistemare un po' la cucina, riempire la lavastoviglie e riordinare i giochi da tavola.

Jimin salì in camera per ultimo, e quando entrò nella stanza fu sorpresi di scoprire sua sorella con il viso nascosto tra le mani, singhiozzante. Si avvicinò immediatamente a lei, con il cuore in gola. "Ehi, ehi! Che ti prende, all'improvviso?".

Tirò su col naso e scosse la testa, trattenendo a fatica le lacrime. "No, Jiminie, non capiresti..."

Effettivamente non capiva. Era stata una serata perfetta, Ronnie era meraviglioso ed innamorato, i suoi futuri suoceri sembravano delle persone deliziose. Sospettò fosse tutta colpa degli ormoni, ma questo non glielo disse. Voleva consolarla e basta. Essere la sua spalla su cui piangere anche se non esisteva ragione per farlo.

"Certo che capisco, non dire cavolate" insistette lui, poi le passò un braccio attorno alle spalle. Sembrava così piccola e fragile, in quel momento. La vide allungare la mano al ventre, quasi a cercare un contatto con il proprio bambino, e poi sollevò lo sguardo su Jimin.

"Sono di due mesi e mezzo, Jiminie".

Jimin le sorrise. 

"Ed è meraviglioso, specie perché tra poco scopriremo il sesso" la incoraggiò, accarezzandole i capelli. Questa cosa della gravidanza doveva averla turbata più di quanto non desse a vedere. Era un grosso cambiamento, e sebbene fosse di un paio di anni più grande di Jimin, era pur sempre una ragazza giovane con un lavoro precario. Non era una situazione facile. Jimin lo capiva. Si avvicinò e le baciò la guancia, ma lei non sembrò consolarsi, e scosse il capo.

"Vedi? Non capisci... Jimin, sono di due mesi e mezzo. Ed io conosco Ronnie da un mese. Il bambino... non è suo" sussurrò, e la voce gli si ruppe nel dirlo.

"Cosa significa che non è suo?" domandò Jimin. Il cuore prese a martellargli nel petto come se volesse uscire fuori. No. Pensò. No.

La sorella tirò su col naso. "Ti ricordi, l'uomo con cui uscivo verso la fine di maggio? Quello di cui non ho mai potuto parlarvi? Il bambino è suo... Non sono stata con nessun altro" confessò, e fu come liberarsi da un immenso macigno. Ma non sapeva di starlo trasferendo al fratello, quel macigno. E Jimin se ne sobbarcò il peso sentendosene schiacciato.

Jimin iniziò a ridere nervosamente. "Cosa? Non prendermi in giro. Guarda che lo so che non esisteva nessun uomo." si alzò dal letto perché era così nervoso che non riusciva a starsene seduto. "Lo so benissimo che era una donna, che si trattava di Elizaveta, quindi non pensare di prendermi in giro-!" aveva iniziato ad alzare la voce senza nemmeno accorgersene.

Sul volto della sorella si dipinse un'espressione confusa che Jimin non avrebbe mai voluto vederle addosso. "Elizaveta? Chi cazzo è Elizaveta?" domandò. "Jimin, l'alcol ti ha dato alla testa? Io ti dico una cosa del genere e tu te ne esci fuori con queste cazzate? Chi diavolo sarebbe questa Elizaveta, adesso? Ma hai capito cosa mi sta succedendo?!" ora era la sorella ad alzare il tono di voce.

Jimin voleva morire. Indietreggiò fino a toccare con le spalle la parete. Non riusciva a respirare, era come se l'aria fosse stata risucchiata via dall'intera stanza. 

"Dimmi chi è. Dimmi il suo nome" disse solamente. Perché poteva essere José. Poteva essere Gesù Cristo, per quanto gli importava. Aveva solo bisogno di sentire un nome, un nome diverso da quello che sentiva urlare nella sua mente.

"Jimin, non posso farlo" piagnucolò la sorella, coprendosi la bocca con le mani e singhiozzando forte.

"Dimmelo-!" insistette, e solo quando sentì le lacrime rigargli il volto realizzò di star piangendo anche lui.

"Non posso, Jiminie, non posso" ora si stava nascondendo il viso con le mani. Non era mai stata così fragile ed impaurita in tutta la sua vita, e Jimin si sentì in colpa per starla mettendo all'angolo, ma non riuscì a fermarsi. Non ci riusciva.

Cercò di darsi una calmata. Perché era sua sorella. Perché era la persona più importante della sua vita. Perché la amava. E perché era incinta.

"Suran, ti prego" la supplicò. "Dimmi che l'uomo con cui stavi non era Min Yoongi".

La sorella di Jimin spostò le mani dal viso e lo guardò con gli occhi colmi di stupore. Per Jimin fu come cadere in un baratro da cui non si scorgeva la fine.

"E tu come cazzo fai a saperlo?"



- FINE LIBRO UNO -

one | prince to kiss ; yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora