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Jimin era tornato a casa verso le 10, non trovandoci nessuno. Sia i suoi genitori che la sorella erano al lavoro e non sarebbero tornati prima delle quattro. Decise di mettersi al computer e mandare qualche curriculum in giro. Parlare con Yoongi gli aveva fatto aprire gli occhi: aveva 24 anni e non poteva permettersi di sprecare tutta la sua giovinezza facendo lavori tappabuchi. Aveva bisogno di un obiettivo, di una ambizione. Ma dove si trovava questo genere di cose?

Alla fine passò la mattinata candidandosi a decine di lavori di cui non gli importava niente. Forse avrebbe investito nel suo futuro quando avrebbe avuto per lo meno di soldi per permetterselo... Ora come ora gli andava bene qualsiasi cosa con un contratto e uno stipendio a fine mese.

Per pranzo si preparò del ramyeon istantaneo che mangiò sul divano guardando il TG. Stava finendo la ciotola quando suonarono al campanello. Era Jungkook, ed era in anticipo. Andò ad aprire la porta e l'amico fece praticamente irruzione nel salotto.

"Voglio i dettagli, soprattutto quelli scabrosi".

Jimin gli raccontò tutto. Del parcheggio ("Cazzo, creepy!"), del sesso in macchina, del risveglio nel suo appartamento, della colazione della sua partenza per Seattle. Jungkook ascoltò tutto in silenzio, ma quando Jimin ebbe finito, fece un'unica domanda: "E tu ci credi?".

Jimin non si era mai posto il problema. Certo che ci credeva, perché non avrebbe dovuto? Evidentemente se Jungkook glielo stava domandando, significava che qualche ragione per dubitare avrebbe dovuto averla. Ma Jimin non aveva sospettato nemmeno per un istante che Yoongi gli stesse mentendo di nuovo.

"Che ragione aveva di mentirmi sul suo viaggio a Seattle?"

"La stessa che aveva per farlo sul suo coming out?" disse Jungkook. "Non credo che Yoongi sia un bugiardo patologico, ma secondo me nasconde qualcosa, e ti ha detto quello che volevi sentirti dire per tenerti a bada".

"Non è così" Jimin si stava irritando. "Come puoi dire certe cose? Nemmeno lo conosci!".

"Jimin, non lo conosci nemmeno tu" Jungkook era tremendamente serio. "L'unica cosa che sai per certa su di lui, è che non ti puoi fidare. Può essere bello e dannato quanto ti pare e piace, ma se non vedi il grosso segnale di pericolo che lampeggia sopra la sua testa, allora sei semplicemente cieco".

"Quando ti comporti in questo modo mi fai pensare che..." Jimin si fermò.

"Che cosa?" Lo incalzò Jungkook. L'atmosfera stava diventando tesa. Jimin avrebbe voluto starsene zitto, non buttare altra carne sul fuoco, ma ormai il gioco era fatto. Avrebbero litigato.

"Mi fai pensare che stai rosicando, perché finalmente io ho incontrato qualcuno di decente e tu no".

Jungkook scoppiò a ridere. Una risata amara e offesa. "Ma davvero? Pensi questo? Io invece penso che sei un coglione che si sta facendo intortare, e quando lo realizzerai, sarà da me che verrai a piangere, quindi non mancarmi di rispetto!"

"Non avrò proprio niente di cui piangere" quasi ringhiò Jimin. "Yoongi mi ha detto la verità. Ha sbagliato, ma aveva le sue ragioni".

"Ti ha rifilato delle scuse!"

"Non puoi saperlo!"

"Nemmeno tu!".

Jungkook si alzò dal divano, scocciato. "Senti, fai quello che ti pare. Se per te questo tipo è così importante, buttati in questa storia e prega Dio che io mi sbagli".

"Non ho bisogno di pregare" disse Jimin. "Lo so per certo".

"Bene" Jungkook camminò a passo spedito verso la porta.

one | prince to kiss ; yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora