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Jimin percepì i momenti successivi al suo ingresso nella casa di Yoongi come se si fosse trattato dei ricordi di qualcun altro. Si sentiva distante, ogni suono era coperto dal battito erratico del suo cuore. Parlò con la madre di Yoongi senza realizzare con chiarezza né cosa disse lei né cosa le rispose lui. Era tutto strano, confuso, indistinto. Come in un sogno che si è quasi dimenticato del tutto.

Entrò nella camera di Yoongi e lo trovò seduto alla scrivania. Indossava gli occhiali da vista e stava riordinando alcuni documenti, o forse erano fotografie? Jimin non ci prestò abbastanza attenzione per rendersene conto. Il principe alzò lo sguardo su di lui, e gli bastò quel gesto per capire che qualcosa non andava. Che era successo qualcosa.

"Stavi con mia sorella" disse Jimin, e gli ci volle tutta la forza che aveva in corpo per pronunciare quelle parole. Yoongi non sembrava sorpreso, né confuso. Raddrizzò la schiena contro la sedia e aspettò che Jimin parlasse ancora, perché era chiaro che volesse farlo e non aveva nessuna intenzione di fermare il suo fiume di parole. "Per questo motivo conoscevi il mio nome. Per questa ragione sapevi dove abitavo. Volevi giocare con me, non è così? Questo spiega tutte le cazzate inspiegabili che mi hai detto sui tuoi genitori e sul tuo coming out. Stavi con mia sorella." Lo disse come se fosse una cosa terribile, vergognosa, e forse lo era, forse era la rabbia di Jimin a fargliela apparire tale. Yoongi restò in silenzio ancora un po'. Jimin si sarebbe aspettato qualcosa di diverso. Invece sembrava solo combattuto. 

"Jimin..."

"Quando pensavi di dirmelo?" ringhiò il più piccolo. "Quanto a lungo avevi intenzione di mentirmi ancora, prima di pensare che forse, FORSE, sarebbe stato il caso di essere sincero con me per una singola volta!" Era così arrabbiato, così furioso e deluso da non riuscire a contenere le proprie emozioni. E se Jimin era un fuoco divampato, Yoongi sembrava calmo, controllato, come se lo spettacolo che gli incendiava davanti non fosse che un'illusione. Sospirò e chiuse il raccoglitore in cui stava sistemando i suoi fogli. 

"Mi dispiace" disse solo. 

"Mi dispiace?" ripeté Jimin, alzando la voce. "Mi dispiace è tutto quello che hai da dire?! Andavi a letto con mia sorella, mi hai preso per il culo per tutto questo tempo e tutto quello che mi dici è mi dispiace?!".

Yoongi si spostò gli occhiali da sopra il naso per massaggiarsi le tempie. Sembrava un ragazzo a cui qualcuno avesse detto che aveva pestato una cicca. Sembrava star pensando ad una soluzione per liberarsi della cicca, ma non appariva preoccupato. Solo ansioso di risolvere il problema. 

"Jimin, cosa posso dirti? Mi dispiace".

Jimin gli si avvicinò fino ad accorciare le distanze tra di loro. Lo prese per il bavero e Yoongi appena si mosse. Si guardarono e Jimin si domandò se non fosse il caso di schiaffeggiarlo, ma più pensava all'idea di colpirlo, più gli veniva voglia di piangere e andarsene via da quella casa, perché stava solo perdendo tempo.

Mi fai schifo. Ecco cosa gli avrebbe detto, se proprio in quel momento la porta della stanza non si fosse spalancata con impeto. Yoongi spostò lo sguardo per un secondo. Nemmeno quel gesto lo aveva sorpreso. Jimin si domandò se ci fosse qualcosa in grado di smuoverlo.

"Elizaveta, fuori" disse imperativo.

Ma Elizaveta non ascoltò. Li raggiunse e guardò Jimin con gli occhi carichi di sensi di colpa, di dolore, di pentimento. Sembrava che tutti i sentimenti che non provava Yoongi, li provasse la sorella, ma amplificati per cento. "Mi dispiace, Jimin, mi dispiace. Non è come-"

"Elize!" tuonò Yoongi, e Jimin allentò la presa dal colletto della sua camicia. Non lo aveva mai visto così. 

"Non lascerò che tu ti prenda la colpa, se-"

one | prince to kiss ; yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora