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"Mi prendi per il culo" disse Jungkook quando l'amico ebbe finito di raccontargli al telefono tutto quello che gli era successo. Era incredulo e sorpreso, ma anche felice. Jimin si meritava qualche gioia nella vita, ed era stato in pena per lui sapendo quanto la situazione con Yoongi lo facesse soffrire.

Al suo fianco, Taehyung gli rimaneva vicino per origliare ogni parola. Jungkook gli aveva raccontato le peripezie dell'amico e alla fine anche il bassista si era appassionato alle sue bizzarre vicende amorose. Stava fumando una sigaretta sulla terrazza di casa sua, seduto sul divanetto in vimini accanto a Jungkook.

"Se ti ha regalato una collana, secondo me significa che state assieme" osservò poi, "forse però non ha il coraggio di chiedertelo espressamente".

"Non voglio illudermi" disse la voce di Jimin, e Taehyung inclinò appena il viso su un lato per sentire meglio. "Potrebbe non significare nulla. Lui non ha detto di voler stare con me."

"Goditi il momento e non pensarci troppo" fu il consiglio dell'amico. Dopo essersi salutati, riattaccò e spinse il telefono in una tasca.

"E così la sorella di Jimin è lesbica" disse Taehyung con una scrollata di spalle.

"Sai che è illegale origliare le conversazioni altrui?"

"Jimin parla a voce così alta che non avrei potuto ignorarlo nemmeno se avessi voluto".

I due si misero a ridere come due ragazzini. Davanti a loro, il sole tramontava su New York. Taehyung gettò via il mozzicone di sigaretta, posò la mano sulla guancia di Jungkook e si avvicinò a suo viso, fino ad unire le loro labbra in un bacio.

Era una bella giornata.

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Sveglia. Doccia. Coalzione. Autobus. Daniel. Daniel. La prima cosa che Jimin notò sedendosi al suo posto era che Daniel non stava facendo nessun cruciverba, nonostante avesse racimolato ben quindici minuti di ritardo. Prese a fissarlo fisso finché Jimin non si fu liberato della giacca e della sciarpetta di cotone che indossava in quei giorni ventosi.

"Cosa c'è?" domandò Jimin, irritato da quello sguardo così pressante.

"La pesa. Non sei venuto. Siamo stati il dipartimento che ha totalizzato meno chili". disse solo.

Merda. Se n'era dimenticato completamente.

"E' solo la prima pesa, no? Ci rifaremo con le altre" tirò le labbra in un sorriso incerto.

"Ma i chili di roba non si sommano. Fanno media".

"E cosa cambia?!" domandò Jimin, che in matematica non era mai stato un asso. Daniel decise di non aver voglia di perdere tempo a spiegarglielo. Era troppo irritato dall'idea di doversi far vedere da tutti i colleghi con i boxer sopra i jeans. Quasi lo accarezzò il pensiero di mettersi in malattia, qualora avessero perso.

Jimin non era preoccupato quanto lui dell'umiliazione pubblica. Era così felice per come stava andando la sua vita amorosa, che sembrava che nulla al mondo avrebbe mai più potuto angustiarlo. Era su una nuvola, e ogni trenta secondi pensava a Yoongi e si sfiorava la collana che gli aveva regalato. Nemmeno a dirlo, quel giorno non ne fece una giusta e Daniel dovette arrendersi.

"Non sei concentrato, è tutto inutile" sbuffò.

"Scusami, sono il peggiore" Jimin sporse il labbro inferiore e fece gli occhi da cucciolo. Daniel non poteva arrabbiarsi con lui, non se lo guardava con quella faccia. Scosse il capo e si alzò dalla sedia. "Facciamoci una pausa caffè, ne ho bisogno".

Alle 18, la giornata lavorativa si concluse e tutti si salutarono. Jimin fu tra i primi ad uscire, quella sera, ma contrariamente alle altre volte non camminò verso la fermata del bus. Una Lamborghini rossa lo aspettava davanti al suo ufficio.

Un sorriso a trentadue denti gli si allargò sul viso e si avvicino alla macchina, aprendo la portiera.

"Sta aspettando qualcuno?" domandò Jimin con tono civettuolo.

"Sì, un cretino. Sali su, dai".

Jimin rise e si sedette al posto del passeggero. "Deve cominciare a diluviare che sei venuto a prendermi? A cosa dobbiamo questo miracolo?"

"Guarda che ti butto giù dalla macchina e torno a casa".

"No, dai." Jimin si sporse e posò un bacio sulla guancia di Yoongi. "Mi è piaciuta questa novità. Dove mi porti?".

Yoongi mise in moto la Lamborghini, cominciando a guidare. "Non lo so. Ho voglia di cucina thailandese, però. A te piace?"

"Mai mangiata" confessò Jimin. "Ma sono curioso di provare".

Il ristorante era proprio in stile Yoongi. Estremamente lussuoso ed estremamente costoso. Jimin realizzò che fino a quel momento era sempre stato Yoongi a parlare per tutti e due, e sebbene al principe non pesasse, Jimin si sentiva in colpa. Non gli piaceva farsi mantenere, ma allo stesso tempo era realista: lui posti del genere non se li sarebbe mai potuti permettere. C'era una ragione se quando usciva a cena con gli amici (un paio di volte l'anno) mangiava da Domino's Pizza e non in ristorante italiano premiato dal Gambero Rosso.

"Non ti secca portarmi in questi posti pur sapendo che dovrai pagare il conto?" domandò Jimin a tavola. Yoongi gli rispose come si era aspettato che facesse, ossia: "I soldi non sono un problema".

"Lo so che sei ricco da far schifo, però insomma, ogni tanto dovrei essere io a pagare qualcosa".

Yoongi sollevò lo sguardo dal menù. "Perché ti fai queste seghe mentali, Jimin? Non puoi goderti la cena e pensare di essere fortunato?".

Jimin arricciò le labbra. "Ci penso, ma..."

"Niente ma." Yoongi appoggiò il menù contro il tavolo. "Non ti porto a cena fuori per impressionarti, né per farti sentire in debito con me. Ti porto in questi posti perché io voglio mangiarci e non mi va di venirci da solo".

"Certo" disse sarcastico Jimin. "Come la cosa del Vermont".

Yoongi inarcò un sopracciglio. "Cosa intendi?".

Argomento pericoloso. Jimin decise di glissare prima che ne scoppiasse una litigata. "Nulla. Apprezzo davvero, davvero tanto quello che fai per me. La prossima volta ti porto a cena io."

Yoongi non sembrava molto convinto. "Andiamo in autobus?" domandò, e forse quella frecciatina se la sarebbe potuta risparmiare, ma siccome Jimin era ancora al settimo cielo per quanto accaduto il giorno prima, non si offese né la notò.

"Pensavo di portarti in qualche orribile fastfood e vedere come ti comporti in mezzo alla gente comune".

"Non sono un animale raro, questi esperimenti puoi risparmiarteli".

"Scherzi? Un principe da Burger King non me lo voglio perdere" sghignazzò Jimin. Intanto col menù si era arreso, era tutto incomprensibile per lui, molto meglio che fosse Yoongi ad ordinare per entrambi. Aveva buon gusto, e la prova era il fatto che tra tanti avesse scelto di frequentare lui.

Qualche ora più tardi, Jimin se ne stava nudo nel letto di Yoongi, nel suo appartamento. La casa era silenziosa e calma, e a parte loro non c'era nessuno. Elizaveta era andata a Washington per stare un po' con José (Jimin si domandava quando lo avrebbe conosciuto, dal momento che ancora non si erano mai incontrati. La vita dell'aspirante politico doveva essere ricca di impegni!), mentre la madre di Yoongi era ad una delle molteplici cene di beneficienza a cui la loro famiglia veniva costantemente invitata.

Jimin posò un bacio sulla sua pelle, sospirando. "È stata una bella serata".

Yoongi ribaltò le posizioni e lo costrinse sotto il suo corpo, poi si abbassò su di lui per baciarlo. I capelli neri gli ricadevano scombinati sulla fronte, e per Jimin fu impossibile resistere alle tentazione di accarezzarli. Si sentiva bene, con lui. E la cosa stava finalmente smettendo di fargli paura.

"Jimin..." Yoongi chiuse gli occhi e affondò il viso nell'incavo del suo collo. Lo sentì baciare la pelle del suo collo, e per un attimo ebbe l'impressione che Yoongi volesse dirgli qualcosa. Non lo fece. Strinse solo il suo corpo al proprio, e Jimin ricambiò la sua stretta, rifugiandosi nel calore di quell'abbraccio.

one | prince to kiss ; yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora