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Jimin non riusciva a credere che sua sorella fosse stata invitata ad una cena di gala, perché di solito erano solo i politici, importanti imprenditori e celebrità a poter partecipare, e lei non aveva niente a che vedere con quel mondo.

La osservò specchiarsi con aria preoccupata - i capelli non le ricadevano nel modo giusto contro la fronte, diceva, ma per Jimin appariva semplicemente perfetta. Indossava un vestito rosa cipria, un paio di decolté argentate abbinate ad una pochette intarsiata di Swarovskj - un regalo del suo accompagnatore, aveva detto.

"Non è il mio fidanzato" aveva ribadito più volte, arrossendo "E' solo un ragazzo che frequento, tutto qui". Eppure, a Jimin sembrava che quei due si vedessero sempre più di frequente e non erano rare le notti in cui la sorella non tornava a casa. Quello che però più lo incuriosiva era l'identità di questo misterioso individuo... sua sorella era categorica a riguardo, non poteva parlare di lui e non si era mai fatta scappare nemmeno un dettaglio sulla sua identità. Sua madre era preoccupata si trattasse di un uomo molto più grande, ma se così fosse stato, Jimin dubitava l'avrebbe ostacolata... La ricopriva di regali lussuosi, nel vialetto di casa quasi ogni sera si posteggiava un Porsche carrera nero che costava più dell'appartamento in cui vivevano... e nel bene o nel male, che la figlia avesse attirato le attenzioni di un uomo avvenente faceva piacere ad entrambi i genitori.

"Verrà a prenderti?" domandò Jimin giusto per fare conversazione. Era ovvio che lo avrebbe fatto, infatti sua sorella annuì e sorrise attraverso il riflesso dello specchio.

"Alle nove in punto" rispose, prendendo un gloss per laccare di lustrini le labbra. 

Jimin si sdraiò sul letto e incrociò le braccia dietro la testa. Provava un po' di genuina invidia, perché gli ultimi ragazzi che aveva frequentato erano stati uno più disperato dell'altro. Tra tutti spiccava per inadeguatezza Peter, che era sparito per mesi per poi rivelargli che non lo aveva dimenticato, era semplicemente stato arrestato per aver tentato di rapinare una farmacia mentre era strafatto. "Ora sono agli arresti domiciliari, se vuoi che ci vediamo devi venirmi a trovare". Jimin aveva reclinato l'invito e bloccato il suo numero di telefono.

Il cellulare della sorella vibrò e lei sussultò. "Eccolo!" disse, con un pizzico di eccitazione nella voce. Si alzò e prese un paio di respiri profondi. Era emozionatissima, felice come non l'aveva mai vista prima. "Augurami buona fortuna".

Jimin si domandò che bisogno ce ne fosse. Stava andando in un posto bellissimo, non in un'arena a combattere con i leoni. Tuttavia decise di non farglielo notare e si limitò a dirle "Buona fortuna" e poi "Cerca di non fare figuracce e di apparire una signorina per bene". Erano raccomandazioni che avevano senso? Conoscendola, sì. Era capace di inciampare sui tacchi e rovesciare una tavolata ricolma di cristalli. 

"Sarà fatto" promise, "Buona notte Jiminie!" disse prima di lasciarlo solo nella sua stanza. Jimin restò sdraiato finché i passi che discendevano le scale non si ammutolirono, poi schizzò alla finestra e spiò fuori da dietro le tende. Sperava che il misterioso ragazzo scendesse in strada per aprire la portiera, ma vide sua sorella aprirsela da sé e salire sul Porsche. La macchina rombò e sparì nella notte. Jimin restò qualche attimo a fantasticare su come sarebbe stato essere al posto della sorella e si immaginò vestito di tutto punto mentre parlava con George Clooney sorseggiando dello champagne e mangiando tartine con scaglie di tartufo. Scosse la testa e acciuffò il telecomando. La sua serata l'avrebbe passata in compagnia di reality show e popcorn al formaggio.


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Erano le due del mattino quando il cellulare di Jimin prese a squillare. Il ragazzo si svegliò di soprassalto e allungò una mano verso il comodino. Sbloccò il display e con la voce impastata disse "pronto?!". Il cuore gli batteva all'impazzata nel petto. Le chiamate nel cuore della notte non erano mai un buon segno. 

one | prince to kiss ; yoonminWhere stories live. Discover now