Capitolo 36 🌻

3.9K 180 53
                                    

Sono passati tre giorni dal mio incidente; settantadue ore da quando sono stata a un passo dalla morte, da quando ho scoperto la verità sui sentimenti di Jack, da quando non lo vedo. Lui viene qui ogni giorno e attende fuori dalla mia stanza, mentre qualcuno della mia famiglia, solitamente Alice, mi chiede se voglio vederlo e io puntualmente rispondo di no.

Non potrò scappare per sempre, perché so che è esattamente questo che sto facendo, fuggire. Metto più distanza possibile tra me e una resa dei conti che mi terrorizza, perché nonostante quello che Jack mi ha fatto, la verità è che non sono pronta a lasciarlo andare.

Lo odio, disprezzo profondamente tutte le bugie che mi ha rifilato e il modo in cui si è preso gioco di me; tutte le sue parole e le sue attenzioni ora appaiono false e sporche e fanno così male, che vorrei tanto che il mio incidente mi avesse cancellato la memoria, così da spazzare via tutti i miei ricordi. Momenti indelebili, un tempo così dolci e confortanti, ora si sono trasformati in spilli pungenti piantati nella carne, decine di piccoli aghi dolorosi che mi fanno sanguinare il cuore, che mi rammentano quanto io sia stata stupida e cieca quando ho deciso di abbassare le difese e di far entrare Jack nel profondo della mia anima.

Ma non è questa la cosa peggiore, il risvolto più triste è che io mi sono innamorata di lui, completamente e perdutamente. E, anche adesso che so come stanno le cose, non posso smettere di amarlo, anche se lo vorrei tanto; non riesco a farlo uscire dal mio cuore, né a vederlo per ciò che è realmente: un arrivista bugiardo e cinico. È una cosa che mi assilla, che mi tormenta, un'idea che non riesco ad accettare.

Le mie giornate scorrono tutte uguali, tra antidolorifici che mi stordiscono e che leniscono solo il mio dolore fisico, tra le visite assidue dei mie genitori e di Ally che riempiono la mia stanza di fiori profumati e di qualsiasi cosa possa servirmi, e che mi colmano d'amore e di premure. Sono riuscita a fare pace perfino con papà, che non ha risparmiato le parole per chiedermi scusa del suo comportamento, né per dirmi quanto mi voglia bene, ponendo così le basi per una tregua padre-figlia che cerco da tutta la vita.

Prima di oggi, ho desiderato spasmodicamente queste attenzioni dalla mia famiglia, soprattutto da parte di mio padre, ma nonostante ora possa goderne i benefici, nemmeno questo affetto cercato così a lungo, riesce a saturare completamente la mia sete d'amore. Solo una persona potrebbe farlo, l'uomo che anche oggi, probabilmente, è al di là di questa porta, lo stesso che continuo ostinatamente a rifiutare.

Sono le tre del pomeriggio e se ne sono andati tutti dalla mia stanza. Per quanto apprezzi la presenza della mia famiglia, ho bisogno di restare un po' da sola. É stata una mattinata impegnativa, piena di analisi e visite mediche, e ora inizio a sentire il peso della stanchezza. Alice mi ha aiutata a lavarmi, anche se non completamente, come avrei voluto, ma cosa molto importante, é riuscita a lavarmi i capelli; non sopportavo più di sentirli così pesanti e sporchi. Questa mini seduta nel bagno striminzito della mia camera, che è stato trasformato in un piccolo salone di bellezza, è stata rigenerante, ma dopo tutti questi sforzi, sento i punti sulla gamba e sul costato pizzicare da maledetti e le costole incrinate duolermi tanto da togliermi il fiato.

Disturbata dai miei pensieri neri su Jack, ho dormito poco e male stanotte, potrei farlo ora che sono sola, ma con questo pulsante dolore alla gabbia toracica non riesco a stare quieta. Di certo stare rinchiusa in questa stanza non mi aiuta; per quanto abbellita dalla montagna di fiori che ho ricevuto, resto pur sempre rinchiusa in una camera d'ospedale, dove tutto odora di disinfettante ed è di un verde pastello smunto, che mette una tristezza infinita.

Decido di alzarmi per fare due passi, così da poter trovare un'infermiera che mi possa dare un antidolorifico per riposare un po'. Non posso poggiare il peso sulla gamba offesa, ma a pochi metri da me c'è un deambulatore che potrebbe aiutarmi. Mi metto in piedi con cautela, ignorando i vari dolori che percorrono tutto il mio corpo, e cerco di raggiungere la mia meta, ma non appena tento di muovere i primi passi, capicollo a terra, trascinando con me il carrellino porta flebo e facendo un baccano inaudito. Sicuramente avrò attirato l'attenzione, e la furia, di qualche infermiera, sono un vero disastro!

Come in un sognoWhere stories live. Discover now