Capitolo 17 🌻

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Isabel

Resto seduta sul mio letto per più di mezz'ora, incapace di muovere un solo muscolo. Mi sento come la ballerina di un carillon scarico: immobile e statica.

Fisso il nome di Jack, che appare insistente sullo schermo del cellulare, e non riesco a fare nulla; né a rispondere alle sue chiamate, per urlargli di lasciarmi in pace, né ad alzarmi e andarmene, lasciando qui quel maledetto telefono che continua a squillare imperterrito.

La mia testa si è completamente svuotata; le uniche parole che riecheggiano in mezzo alla desolazione sono: "L'idea del contratto è stata mia".

Sono a pezzi. Il solo uomo al mondo di cui mi sono fidata davvero mi ha tradito, mi ha mentito come hanno fatto tutti fino a oggi; forse, dovevo aspettarmelo. Ogni persona alla quale tengo davvero finisce per deludermi, o peggio, per rivelarsi diversa da ciò che mi aspettavo. Avrei dovuto sapere che Jack non avrebbe fatto eccezione.

In fin dei conti, ho sempre sospettato che lui c'entrasse qualcosa nella storia del contratto. Ciò che non mi è mai stato chiaro è come un individuo testardo e indipendente come lui abbia potuto permettere a qualcun altro di manovrare la proprio vita, soprattutto riguardo un argomento così personale come la scelta di una fidanzata, vera o finta che fosse.

Ma, allora, se già lo immaginavo, come mai mi sento così, come se mi avessero dato un forte schiaffo e risvegliata da un bel sogno? Dove è finita la mia corazza, quella che ho sempre indossato con tutte le persone che mi stavano vicino e che mi impediva di crollare ogni volta che qualcuno tradiva la mia fiducia?

La verità è che con lui non l'ho mai portata. Jack si è intrufolato nel mio cuore nell'esatto momento in cui i nostri sguardi si sono incrociati su quella scalinata; in seguito, proprio quando avrei dovuto tutelarmi ed erigere un muro tra di noi, il sentimento inspiegabile e contrastante che provavo aveva piantato radici così profonde che estirparle mi è stato impossibile. Ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Jack fa parte di me, della mia vita. Ora non ho più alcun dubbio: provo qualcosa di vero e profondo per lui. Forse, è proprio per questo che sto così male, perché è stata la prima persona di cui mi sono fidata dopo tanto tempo. Mi sono aperta a lui e, invece che ascoltare la mia coscienza perennemente allerta, mi sono messa nelle sue mani e lui le ha richiuse su di me, stritolandomi.

Finalmente il telefono ha smesso di squillare. Devo uscire e prendere un po' d'aria, perché mi sembra di soffocare in queste quattro mura. Mi infilo la giacca e metto in tasca il cellulare, subito dopo averlo silenziato. Non voglio distrazioni, ho bisogno di schiarirmi le idee e di farlo da sola.

Prima di lasciare la mia stanza, mi guardo allo specchio. Osservo i miei stessi occhi disperati e provo pena per la ragazza che vedo riflessa; compassione e rabbia per la sua stupidità, per la mia ingenuità.

"Gli anni passano, ma non hai imparato niente, Isabel", dico alla mia immagine, a me stessa.

Mi allontano da qui, scappo dal volto distrutto ritratto nel mio specchio, dalla mia maledetta casa piena di problemi e dolori, dalla mia vita e da quella che sono e non vorrei essere. Non appena fuori dal cancello, affretto il passo. C'è un vento freddo che mi colpisce dritto in faccia, che interrompe bruscamente la sensazione di tepore e felicità che mi dava vivere dentro una piccola favola fatta apposta per me.

Corro, corro più veloce che posso, finché non ho più fiato, finché mi sento mancare. Forse, se muovo veloce le mie gambe, riuscirò a distanziare i miei fantasmi; ma loro mi stanno alle calcagna, non posso seminarli.

Mi fermo perché mi manca il respiro e mi appoggio al muretto alle mie spalle, esausta. Chiudo gli occhi e vedo il sorriso di Brian, il mio incubo peggiore, il mio segreto più oscuro e, come nei miei sogni più cupi, lui mi sorride, come quella maledetta sera di tre anni fa. Sta ridendo di me e della mia ingenuità.

Come in un sognoWhere stories live. Discover now