Rozdział dwadzieścia: Podobieństwa

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Ventesimo capitolo: Somiglianze

𝐏𝐞𝐭𝐫𝐢𝐜𝐡𝐨𝐫
𝐢𝐧𝐠𝐥𝐞𝐬𝐞
"𝐥'𝐨𝐝𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐢𝐨𝐠𝐠𝐢𝐚 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐬𝐞𝐜𝐜𝐚."

Tutto quello che vedo sono chiazze rosse, pelle dilaniata dalle lingue della frusta. Mi chiedo come sia possibile, quanto la crudeltà possa insediarsi a tal punto nel cuore di qualcuno per potergli permettere di fare ciò.

La sua schiena, una volta forte e muscolosa, è ora ridotta ad un accumulo di carne strappata, di sangue incrostato e di sottili lembi di pelle che sembrano volersi staccare. Il dolore negli occhi di Orion è tangibile, forte e oscuro. Il ricordo di quei momenti sembra essere ancora vivo nei suoi occhi, come uno spettro che lo perseguita.

Non riesco a fare a meno di toccare, di constatare ciò che i miei occhi vedono. Chiudo gli occhi, ed entro nei ricordi di Orion.

Riesco a vederlo in piedi, il volto stanco ed il fiato corto, mani sulle sue spalle che gli impongono di chinarsi a terra, le ginocchia pressate dolorosamente contro il pavimento.

Il battito del suo cuore che accelera, consapevole dell'avvenire.

Avverto il pompare del suo sangue, il rossore svanire dal suo viso e il suo respiro mozzato. Ma più di tutto percepisco l'ansia, la paura.

L'ombra di un uomo, dietro di lui, che lo sovrasta, lo schiaccia a terra in un bagno di tristezza e disperazione.

"Implora la mia pietà e non succederà niente." Le parole dell'uomo escono secche, intrise di promesse che, al suo ego, fanno sembrare il suo atto meno vile.

Orion rimane in silenzio, gli occhi che per la prima volta dopo tanto si colmano di lacrime.

La prima frustata arriva improvvisa, gli mozza il fiato ma non lascia uscire nemmeno una singola sillaba dalle sue labbra.

Non da al suo aguzzino la soddisfazione di sentirlo urlare.

Le altre frustate arrivano di seguito.

Quando scosto la mano lo vedo guardarmi, gli occhi sembrano rossi, pieni di un senso di smarrimento che mai avrei pensato di potergli affibbiare.

Sono nauseata dalla scena che ho visto e sentito. Dalla sua espressione capisco lo abbia intuito.

"Orion..." mormoro io, tracciando con le dita una carezza silenziosa sulla sua guancia, in un tentativo di assorbire la sua tristezza.

"Non guardarmi in quel modo, non voglio essere compatito." Il suo tono è duro, traditore del dolore che prova. Tento di assecondare il suo desiderio chiudendo gli occhi, lasciandomi scappare un sospiro.

Non è pietà, la mia, ma solo un forte senso di tristezza. Avrei voluto far qualcosa prima, impedire che accadesse tutto questo e invece ero nel mio mondo a fingere di essere un'umana, ingannando me stessa e dicendomi che fosse tutto normale.

Con uno scatto mi alzo in piedi, dirigendomi verso il mobile sotto alla TV dove Samael tiene un kit d'emergenza.

Frugo all'interno della scatola per svariati secondi fino a quando il mio sguardo viene attirato da una pomata dal tubicino rosso: una pomata cicatrizzante, affiancata da uno per le ustioni.

Afferro la prima, aprendola. Lui non contesta, lasciando che le mie dita percorrano i tratti della sua pelle rovinata, permettendomi di stendere la pomata sulla sua schiena rovinata.

Gli è stato iniettato dell'argento e dubito, quindi, che riuscirà a guarire da solo. Le cicatrici rimarranno, di questo sono sicura.

Lo vedo mentre si muove leggermente sotto al mio tocco, probabilmente a causa del dolore. Lascio che si sistemi meglio, per poi continuare a spargere la lozione.

LA FATA- The Beauty and the Beast Series Where stories live. Discover now