Regali

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Era sabato pomeriggio e dalla finestra filtrava un bel sole primaverile. La cosa sembrava non interessare Marco, che se ne stava disteso sul divano, guardando svogliatamente un vecchio film alla televisione. Si sentiva affine al protagonista: un giocatore di baseball che, a causa di un infortunio, era stato costretto ad interrompere la sua carriera e non riusciva ad accettarlo. Nella scena che stava vedendo, il giocatore fece una sfuriata e una donna, probabilmente la sua compagna, cominciò a recitare una bella ramanzina: "A volte..." La frase era appena cominciata ma Marco, prontamente, spense il televisore: non era proprio nello spirito di sentire alcuna lezione di vita. Neanche dalla scena di un film.

Erano passati già sei mesi da quando Marco aveva perso il lavoro allo studio, ma ancora gli tornava in mente l'espressione rabbiosa dell'architetto Proietti che gli urlava in faccia: "Non meriti più la mia fiducia! Sei fuori!" Queste furono le sue ultime parole. Parole che continuavano a ronzargli in testa e dalle quali non riusciva a liberarsi.

Aveva provato a proporsi in tutti gli studi di architettura di Roma, ma aveva ricevuto solo rifiuti. La cazzata che aveva fatto gli era costata il posto di lavoro e la voce, nell'ambiente, si era sparsa velocemente. La collera del suo capo gli aveva fatto terra bruciata intorno.

A differenza del giocatore di baseball, Marco non poteva che prendersela con se stesso. In un periodo particolamente stressante, ebbe una breve relazione con Chiara, la collega con cui collaborava costantemente. Relazione che, tuttavia, non finì bene. Il loro rapporto cominciò a deteriorarsi e i continui e malcelati attriti tra i due si ripercossero inevitabilmente sull'attività lavorativa. Fino a che un committente arrivò a revocare il mandato. Il danno economico e d'immagine per lo studio fu evidente, come pure la causa.

Con molta umiltà, Marco era tornato a vivere di espedienti, senza disdegnare neanche qualche serata come cameriere. Ma l'ultimo periodo era stato proprio nero e chiedere l'aiuto a suo padre fu una delle prove più difficili che avesse mai dovuto affrontare.

Aveva appena spento il televisore quando il telefono squillò. Era proprio suo padre. Fece un respiro profondo e rispose. Dopo qualche scambio di battute, suo padre gli disse: "Ti stai impegnando molto, non si può dire il contrario ma, non puoi continuare così!" poi proseguì, "Ho chiamato Massimo, il tuo vecchio compagno di liceo; quello che ora sta a Firenze! Gli ho già raccontato tutto. Chiamalo che forse può aiutarti!"

Marco amava Roma e non vedeva altro. Non avrebbe mai pensato di lasciare la Capitale. Ma quella volta, forse, suo padre aveva ragione: per ricominciare avrebbe dovuto guardare altrove. Fu contento di chiamare il suo vecchio amico e dopo una piacevole conversazione, Massimo gli disse: "Un amico mi ha parlato dello studio dell'architetto Gori, qui a Firenze. Mi ha detto che è uno studio che punta molto sul design. E svolge lavori anche all'estero. E' fondamentale conoscere le lingue straniere!" Marco stentava a crederci! Uno studio che prediligeva il design e che lavorava con l'estero. Le due cose a cui ambiva maggiormente.

Marco ringraziò Massimo e chiuse la telefonata con un entusiasmo che non provava da tempo. Guardò fuori dalla finestra: non aveva mai visto una giornata di sole così bella. Si mise subito al lavoro e si preparò ad affrontare quella nuova sfida.

"L'architetto può riceverla", disse la segretaria, indicando la porta dell'ufficio.

Con quella leggera emozione che favorisce la concentrazione, Marco varcò la soglia della porta.

L'architetto Gori si rivelò una persona alla mano e mise subito a suo agio Marco, mostrando sincero interesse per i lavori e l'esperienza del giovane. Poi, improvvisamente volle parlare dell'allontanamento dallo studio Proietti. "Ero a conoscenza di quella vicenda ancora prima di chiamarti ma, vorrei conoscere la tua versione", gli chiese.

A quella richiesta, Marco si fece piccolo piccolo. Respirò profondamente, chiuse un attimo gli occhi e cominciò a raccontare. Lo fece con sincerità. Mentre parlava, si sentiva privo di ogni corazza, ma non indifeso: era pronto ad accettare qualsiasi cosa fosse arrivata.

"Bene architetto Minetti, apprezzo la tua sincerità e questo mi garba. Ma se te tu facessi di nuovo il bischero..." la frase sospesa fu più che eloquente. La battuta dell'architetto Gori, pronunciata con forte accento toscano, rese quelle parole confortanti. Marco sentì sciogliere la tensione che aveva addosso e si concesse una sincera risata. Il più era fatto. La proposta economica che seguì non fu il massimo, ma era più che accettabile per ricominciare.

"Pensaci su architetto Minetti. Ti dovrai trasferire qui a Firenze e devi esserne convinto. Prenditi il tempo necessario. Ci sentiamo tra qualche giorno."

Marco si congedò dal colloquio con il cuore leggero.

Rientrò nella sua casa di Roma, stanco, ma felice come non mai. Era ancora euforico e non voleva andarsene a letto. Prese una birra dal frigo, si sedette sul divano e accese la televisione. Ironia della sorte, facendo zapping, trovò per caso il film sul giocatore di baseball. Dato che non l'aveva finito di vedere, lasciò la tv su quel canale. La scena della ramanzina, che aveva interrotto qualche tempo prima, non tardò ad arrivare. Ma, questa volta la ascoltò con attenzione:

"A volte sembra che la vita voglia metterti in ginocchio e invece ti sta facendo un regalo!"

Apprezzò ogni sillaba di quella frase. L'attaccamento, quasi morboso, che aveva nei confronti di Roma, era tale che, solo un evento traumatico l'avrebbe potuto distogliere. Non avrebbe mai pensato di cercare un'alternativa in un'altra città. Invece, proprio a Firenze aveva trovato l'occasione che sognava da sempre. E, prima di tornare a Roma, per caso, aveva conosciuto pure una ragazza: Livia, bellissima, che le aveva lasciato il numero di telefono. Sembrava proprio che quella città lo stesse accogliendo a braccia aperte.

Grazie alle parole di quel film, per la prima volta, vide con chiarezza il dualismo degli eventi della vita che sembrano volerti annientare ma, in fondo, vogliono solo farti crescere.


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(985 parole) Questo racconto partecipa, fuori gara, a "Mele e Torsoli", quarto prompt dei contest del Cappellaio Matto. Ed è, al tempo stesso, un piccolo spot su un racconto che, spero, riuscirò a pubblicare presto... nel pieno rispetto del dualismo di ogni cosa.

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