Regali (versione lunga)

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Era sabato pomeriggio e Marco stava disteso sul divano guardando distrattamente un vecchio film alla televisione. Annoiato, girò la testa verso la finestra. Era una bella giornata e c'era il sole, ma la cosa sembrava non destare il suo interesse. Si voltò nuovamente verso lo schermo e riprese a guardare il film. Si sentiva affine al protagonista: un giocatore di baseball che, a causa di un infortunio, era stato costretto ad abbandonare la sua carriera e non riusciva ad accettarlo. Nella scena che stava scorrendo, una donna, probabilmente la compagna dell'ex-giocatore, assunse una posizione inequivocabile che preannunciava una bella ramanzina. La battuta non era neanche iniziata che Marco, prontamente, spense il televisore: non era proprio nello spirito di sentire alcuna lezione di vita. Neanche dalla scena di un film.

Erano passati sei mesi da quando aveva perso il lavoro allo studio e nonostante fosse trascorso tutto quel tempo, spesso gli tornavano alla mente le parole e l'espressione rabbiosa dell'architetto Proietti mentre lo cacciava: «Non meriti più la mia fiducia! Sei fuori!». Parole, pesanti come macigni, che continuavano a ronzargli in testa e dalle quali non riusciva più a liberarsi.

Tutto avrebbe immaginato tranne che di trovarsi così in difficoltà. Si era proposto a tutti gli studi di architettura di Roma, ma aveva ricevuto solo rifiuti. La cazzata che aveva fatto gli era costata il posto e, come c'era da aspettarselo, la voce nell'ambiente si era sparsa velocemente: la collera del suo capo era stata tale da fargli terra bruciata intorno.

Ma la cosa peggiore era che non poteva che prendersela con sé stesso.

Contravvenendo alle regole di condotta dello studio, aveva ceduto alla tentazione di andare a letto con Chiara, la collega con cui collaborava abitualmente. A quel tempo, il periodo era particolarmente impegnativo allo studio e, per rispettare le scadenze, spesso i due erano costretti a lavorare fino a tarda sera. Erano entrambi single, ma non avevano mai mostrato altro interesse reciproco, se non quello puramente professionale. Una sera, esausti ma bisognosi di un diversivo, decisero di concedersi due passi prima di rincasare. Bevendo una birra davanti al panorama del Gianicolo, scambiarono le prime parole senza parlare di lavoro. La mattina dopo si recarono allo studio partendo entrambi da casa di Chiara. Per Marco, si era trattato solo di un momento di debolezza passeggera, ma Chiara non era dello stesso avviso.

Forse, senza mai darlo a vedere, la ragazza era già innamorata di lui da tempo. Vederlo comportarsi ogni giorno come se tra loro non ci fosse stato nulla, proprio non lo accettava. A poco a poco, questo dispiacere si trasformò in rabbia e Chiara cominciò a cercare ogni occasione per contestare qualunque cosa facesse Marco. E fu vano qualunque suo tentativo di riconciliazione. Il palese risentimento di lei non faceva che provocare continui attriti, che si stavano ripercuotendo irrimediabilmente sull'attività lavorativa. Purtroppo, in uno dei cantieri che avevano in carico, le negligenze furono tali che il committente arrivò a revocare il mandato. È facile immaginarsi come, oltre al danno economico, lo studio subì una forte lesione d'immagine.

«In tanti anni di attività nessuno ci aveva mai revocato il mandato!» tuonò la voce dell'architetto Proietti. «E poi, perché? Perché hai messo i tuoi problemi privati davanti al lavoro?»

I continui alterchi di Chiara e Marco non erano passati inosservati e la causa del danno fu subito evidente.

«Fortunatamente sono riuscito a recuperare il cliente» proseguì l'architetto Proietti. A quelle parole Marco provò una sensazione di sollievo che, tuttavia, durò molto poco.

«Ma ho promesso di prendere provvedimenti!» aggiunse subito dopo l'architetto.

La frase che seguì fu risolutiva. Quella dalla quale Marco non riusciva più a liberarsi: «Non meriti più la mia fiducia! Sei fuori!».

Racconti SparsiWhere stories live. Discover now