Il punto di svolta

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Non mi aspettavo che qualcuno sarebbe venuto a trovarmi durante l'orario delle visite.

Non mi aspettavo che, proprio lei, sarebbe venuta.

Da quando sono stato incarcerato con l'accusa di omicidio preterintenzionale, tutti sono scomparsi. Le persone di cui mi fidavo. Le persone che dicevano di stimarmi. Corinne. Anche lei si è dileguata.

La mia compagna.

Compagna? Mi viene la nausea a chiamarla così! Fu la prima persona che cercai con lo sguardo non appena fu pronunciata la sentenza. Per vederla inforcare gli occhiali da sole, voltarsi ed andare via senza neanche rivolgermi uno sguardo. Mi sentii dilaniare. Quel gesto mi fece più male della condanna stessa.

Anche l'ultimo pezzo del mio mondo era crollato.

Ero già stato deluso dai miei colleghi di lavoro. Tutti avevano appoggiato quel figlio di puttana di Andrea. E perchè poi? Non riuscivo ancora a capirlo. Era lui che aveva sbattuto la testa di Roberto in terra ripetutamente. Io gli avevo agevolato il compito facendolo cadere, è vero. Ma era stato Andrea ad ucciderlo.

Quello stronzo traditore di Roberto si meritava una lezione: non di morire.

Per chiudere quel dannatissimo affare avevamo giocato più sporco del solito. Sembrava che ultimamente fosse l'unico modo per continuare a guadagnare. Eravamo tutti consapevoli dei rischi che correvamo. E si sa, che:

"quando si infrangono le regole, ci si copre a vicenda!"

Era proprio Roberto a ricordarcelo ogni volta. Poi era stato il primo ad additare Andrea e me come unici colpevoli di quelle irregolarità.

"A mia insaputa hanno scelto di prendere la scorciatoia della disonestà senza pensare alle conseguenze!" aveva dichiarato.

E pensare che era stato Roberto ad ideare il piano.

Io ed Andrea eravamo quelli che si erano sporcati le mani. Il direttore generale ci licenziò in tronco. Raggiungemmo Roberto nel corridoio che porta al parcheggio. Buio e privo di telecamere. Lui non se l'aspettava. Il resto già lo conoscete. Andrea scappò ed io rimasi per chiamare un'ambulanza. Andrea non era presente. Io si. E tutti ci avevano visto, furenti, correre verso il parcheggio. Andrea dichiarò di non essere neanche entrato nel corridoio. Per i colleghi, io ero quello che si infiammava facilmente. Andrea era quello pacato.

Ora lei era lì.

La ragazza che avevo lasciato per Corinne: Adele. Quella che si accontentava. Quella che non capiva il mio continuo cercare di migliorarmi. Quella che diceva di amarmi anche se non avessi guadagnato tutti quei soldi. E mi faceva rabbia. Perchè mi distoglieva dal lavoro. Voleva che perdessi tempo a passeggiare, a leggere.

"Bastiamo noi due per essere felici!" diceva.

Non capiva quello che avevo dentro. Corinne era diversa: sensuale, elegante e comprensiva. La mia crescita era il nostro benessere.

Adele era lì.

L'unica che mi credeva. L'unica che mi aveva amato e che, nonostante tutto, mi amava ancora.

Ora sentivo solo un dolore in mezzo al petto. Persistente, continuo: come una lama perennemente infilzata, mossa lentamenete da un sadico torturatore, che rinnova continuamente la ferita.

La consapevolezza di non aver perso niente e di aver lasciato tutto.

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