VENTITRE

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5 anni dopo

Porgo la lettera che ho ricevuto questa mattina nella borsa tenendola ancora un po' in sospeso, non ho trovato un momento adatto per leggerla. Le porte dell'ascensore si aprono davanti a me con il solito trillo e trovo ad aspettarmi in tutto il suo fascino Ethan.
Nonostante siano passati gli anni, siamo rimasti in contatto perlomeno, quando lui poteva a causa del suo lavoro.
«Sono un uomo fortunato non c'è nulla da dire!» esclama osservando dalla testa ai piedi con un sorrisino sulle labbra.
«Potrei dire lo stesso, Ethan» faccio un passo in avanti tenendo tra le dita la coda del mio vestito e mi avvicino a lui, per sistemargli il colletto e il papillon, ostentando una calma apparente.
«Allora mia bella Catherine, sei pronta? - domanda guardandomi per qualche secondo per poi fae un espressione compiaciuta direi - no, per niente! Andiamo ti proteggo io»
tiro un sospiro di tensione, non so per quale motivo ho come un nodo alla gola. Questa è davvero una serata importante che ha uno scopo ancora maggiore: quello di aiutare chi si trova in difficoltà e soprattutto per chi ha paura di non farcela.
Con il mio braccio posato nell'incavo del suo, siamo sotto l'uscio del salone e alla prima fuggevole occhiata, è palese quanto il procuratore abbia fatto il suo solito eccellente lavoro.
D'improvviso, tra gli sguardi posati su di noi, avverto come un calore familiare e stringo instintivamente la piccola borsa sul mio fianco. Cerco tra la folla di persone già presenti ed eccolo lì, appogiato con non curanza vicino al bancone a guardare me. Si avvicina con quel luccichio negli occhi di cui non posso fare a meno poichè è il nostro linguaggio segreto. Non mi dà l'occasione di fare un passo in avanti che mi attrae a sè, poggiando un braccio sui miei fianchi. Ethan sorride e capisco i suoi giochetti.
«Noto che certe cose non cambieranno mai Wilson»
«Dovresti ricordatelo Carter»
Scocciata da questo scontro di bambini fin troppo cresciuti, mi allontano da loro per fare un giro e dare un'occhiata. Riesco a fare solo pochi passi prima che un paio di braccia mi stringono e il suo profumo mi rassicurano di essere a casa. Cercando di non rendere nota la nostra privacy, mi giro e siamo faccia a faccia - i tacchi lo permettono - gli getto le braccia al collo.
«Ciao gattina, sei bellissima» sussurra sfiorando il collo. di risposta credo di aver il battito accellerato
«Ciao detective, anche tu» e con un certo imbarazzo gli lascio un bacio a fior di labbra. Stringe la presa ed in pratica gli sono addosso, dietro ad una colonna e se non fossimo adulti potrebbero prenderci per due ragazzini.
In questi giorni abbiamo avuto poco tempo per stare insieme, semplicemente a chiacchierare come facciamo di solito, e non mi vergogno a dire che mi è mancato fin troppo.
La voce del procuratore al microfono interrompe il nostro abbraccio e controvoglia, ci sediamo al tavolo riservato con tanto di segnaposto. Troppo presa da Alex non mi sono accorta dell'assenza dei nostri amici e cominciò a guardarmi intorno. Mio marito mi passa il suo cellulare e leggo che tra poco saranno qui, sempre se il traffico non li risucchia completamente.
«Sono lieto che abbiate accettato l'invito per questa serata di enorme importanza. Siamo qui, non solo per rivedere vecchi amici ma anche per dimostrare a chi ne ha bisogno che abbiamo i mezzi per dare a loro un aiuto e diciamolo... qualche migliaio di dollari non impoverirà le nostre tasche» cerco di trattenere una risata nascondendo dietro al bicchiere mentre Alex ride compiaciuto.
«Vi garantisco che non sarete affatto delusi quindi, siate generosi. Buona serata e che la festa abbia inizio» Mio suocero si siede di fonte a noi e alza il suo floute per un brindisi per poi far il segnale di inizio.
Camerieri cominciano a servire i piatti, con una musica appenna accennata di sottofondo mentre ho una sorta di nervosismo che cerco di ignorare ma non Alex, che prende la mia mano e ne bacia il dorso per poi accarezzarne le dita.
Se qualcuno mi chiedesse del perchè nonostante il tempo sia ancora innamorata di lui da quel giorno ad Ocean, io gli risponderei raccontando di tutte quelle volte in cui ha notato e ha capito i miei momenti difficili e si è preso cura di me con piccole attenzioni ma che hanno portato ad amarlo sempre di più.
Gli invitati sono seduti ai propri tavoli i quali sono ricoperti  da tovaglie di lino color panna e alti centrotavola floreali. Continuo  a guardarmi intorno finchè non scorgo Thomas con accanto Clara e la sua pancia pronunciata. Eh già, stiamo per diventare zii.
Nel frattempo il battitore sale sul palco, sistema il leggio e le tende dietro di sé si aprono mostrando a tutti i presenti le tre tele affisse alle sue spalle. 
Prende parola e al microfono risuona il nome della prima tela partendo da sinistra dal titolo "Persi". Non saprò mai davvero cosa pensano gli altri o per lo meno, cosa riescono a comprendere ma non sapranno mai cosa vuol dire sentirsi completamente isolati poichè nessuno può aiutarti e la paura è l'unica cosa a farti compagnia. 
Iniziano ad alzare i cartellini per offrire ognuno la propria cifra, tra le mani stringo il tovagliolo e continuo a fissare un punto davanti senza davvero guardarlo. Sono persa nel ricordare cosa è accaduto in passato e nel farlo mi vengono i brividi. L'unica cosa che sento è Alex che mi accarezza la coscia e un nodo alla gola. Non vorrei separarmene ma l'ho promesso, tutto per una buona causa e un suggerimento che il cuore mi ha fatto. 
«Venduto alla signora con il vestito blu!» tutti applaudono e non capisco del perchè di questa sensazione di malinconia. Forse è l'alcool o semplicemente lo stress accomulato in questi giorni. 
«Il prossimo quadro... uomo affascinante davvero» e il soggetto in questione sorride accanto a me. L'offerta base parte da 500 dollari e una serie di cartellini vengono alzati all'unisono. Sono gelosa del ritratto di mio marito? 
«Diecimila!» la sala si ammutolisce e Robert Wilson mi sorride dall'altra parte del tavolo, con un luccichio negli occhi. Solo noi cinque a questo tavolo conosciamo la verità. 
«Ultimo quadro: nessun titolo ma davvero ha un fascino intrinseco»  
Sorrido di forza, nascondo l'ansia e Alex mi stringe ancora, lui è l'uomo che mi sostiene sempre. Clara e Thomas sono gli amici migliori che potessi desiderare. Sono così orgogliosa della mia famiglia. 
Lasciando la cena e l'asta continuare, mi alzo ignorando il resto ed esco dalla sala, salendo poi le scale. La porta fa ancora quel tipico scricchiolio e vado verso il parapetto tenendo un lembo del vestito tra le mani. Il vento freddo oltrepassa la stoffa facendolo aderire come una seconda pelle. Respiro.
«Sapevo di trovarti qui» sorrido continuando a guardare le luci della città
«Ed io sapevo che saresti venuto, mi trovi sempre» con le sue forti braccia mi stringe e dona calore, quello che mi fa sentire a casa ovunque siamo. Lui è la mia casa.
«Mi sei mancata oggi» era un bisbiglio appena sussurrato sulla base del collo, che i capelli avevano lasciato scoperto. I brividi, non dovuti certamente solo al freddo, sono quella sensazione magica che appartiene a noi.
«Mi sei mancato tantissimo» mi accoccolo al suo petto ed entrambi, ci godiamo il panorama stretti.
«Clara mi ha detto che hai donato anche dei tuoi vecchi quadri, di quando eri ragazza» Alex cambia posizione dando le spalle alla città per abbracciarmi.
«Già, li ho fatti trasportare da Baltimora. Era alquanto inutile che restassero in una casa chiusa e impolverata. Ho chiesto a papà di metterla in venderla» già, perché averla ancora significava non accettare che la mamma non fosse più con noi. E per quanto fosse così, a entrambi basta il ricordo del suo viso, del suo sorriso e del suo amore per la noi e che ricambiare, tutt'ora, non sembrava abbastanza.
«E poi che significa "Quando eri ragazza?" Vuoi chiedere il divorzio?» La faccia di mio marito sbianca per un attimo e quello dopo ancora, ride, soffocato nel mio abbraccio. Amo la sua risata.

Oltre Ogni CosaWhere stories live. Discover now