DIECI

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"E' una costante battaglia fra chi siamo e chi dovremmo essere"

7 maggio 2016 - Portland

Catherine/Megan

Le eliche del ventilatore al soffitto emettono l'unico rumore udibile in tutta la casa. Credo che per la prima volta il silenzio non sia così spaventoso e che il buio della notte non nasconda nessun pericolo. Ho detto a me stessa che avrei affrontato le mie paure, con ogni mezzo possibile e in parte ci sono riuscita, perché oltrepassare il cancello con le proprie gambe e non guardarsi intorno spaventata come se fosse scoppiata una guerra, è stato un grande passo.

Tra poco sarà l'alba, l'inizio di un nuovo giorno. Altre ventiquattro ore in cui ci sono, sono qui. Quel giorno pensavo che sarei rimasta lì per sempre e che questa volta nessuno mi avrebbe aiutata. Ed ora eccomi qui, ad affrontare quello che il mio psicologo chiama disturbo da stress post-trauma, in pratica sono sopravvissuta a due tentati omicidi ed a un rapimento. Alla fine, sono anche stata fortunata a non essere morta, né a Baltimora e né in quel capannone vicino al porto. É quello che mi ripeto ogni mattina per darmi la forza di non mollare e ritornare ad essere me stessa, la prima di tutto questo. Ora ho la libertà di farlo.

Sorrido avvertendo Alex che dorme accanto e della posizione in cui sta. Facendo attenzione a non svegliarlo, scendo al piano di sotto per preparare la colazione.

Senza fretta, comincio a tagliare della frutta quando ad un tratto sento avvolgermi da un calore e il succo, mi cade sulle mani rendendole appiccicose. Le sue dita accarezzano la pelle dei fianchi mentre bacia l'incavo del collo e tutta la pelle si ricopre di brividi.

«Se il buongiorno si vede dal mattino... - mi afferra facendomi poi sedere sul bancone - sarà una giornata fantastica!» stringe le mani sulle mie cosce lasciate nude dai pantaloni. Ad ogni suo tocco la pelle sembra che vada in fiamme.

Consumiamo così la nostra colazione, nel silenzio totale con Alex all'in piedi tra le mie gambe che cerca di farmi mangiare più cose possibili e contemporaneamente. Ma ahimè, la tranquillità viene distrutta in poco tempo dal bussare frenetico del campanello; qualcuno sembra andare di fretta.

Scendo dal bancone e corro in camera a vestirmi. Indosso i pantaloni sparsi sul pavimento e infilo i bordi della camicia di Alex nei jeans. Mi guardo allo specchio dando una sistemata ai capelli e legandoli in una coda. Osservo ancora il mio riflesso prima di tornare giù.

«Non mi piace vederla così. Che fine ha fatto il vostro legame?» è la voce di Alex e sembra piuttosto agitato. Cosa sta succedendo?

«Wilson fatti da parte. Questo non ti riguarda!»

«Clara!»

Scendo di corsa le scale trovando di fronte quella che sembra essere la gemella cattiva della mia migliore amica. Sono sorpresa di vederla qui, pensavo che non sarebbe mai venuta dato che è contraria a tutta questa storia. Avevo capito fin dall'inizio che non avrebbe potuto reggere questo fardello ma certamente non mi sarei aspettata che mi perdonasse su due piedi per tutto quello che è accaduto. Per quanto volessi tenerla al sicuro forse la soluzione migliore sarebbe stata la verità dal primo giorno, ci saremmo supportate a vicenda come del resto abbiamo sempre fatto in questi anni.

«Alex ci lasci sole? Per favore» chiedo. Annuisce e si avvicina a darmi un bacio, prima di salire al piano di sopra. So che starà sull'attenti e per quanto sia la mia migliore amica e non vi è nessun pericolo, mi difenderà da qualsiasi cosa.

«Come stai?» Forse è la distanza e tutto questo tempo lontane ma noto in lei qualcosa di diverso. Come se avesse perso tutte le sue energie, come se avesse perso la sua luce.

Oltre Ogni CosaWhere stories live. Discover now