๑ Fall

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I risultati sono sensazionali, su questo non ci sono dubbi.

Non ho alcun modo di fermare il continuo blaterare della quattrocchi che elogia Eren. Il suo nuovo potere, per la precisione.

Credo che abbia rinforzato più lui da solo le nostre difese che migliaia di uomini e donne, in cento anni. Non c'è paragone, però, tra le persone comuni ed un gigante come lui.

Mi stringo la giacca nera attorno alle spalle, per combattere le folate di vento freddo che raggiungono la cima delle mura. La riunione del cazzo a cui mi hanno costretto a partecipare oggi avrebbe dovuto assicurarmi di potermene tornare direttamente in branda a scaldarmi il culo, invece ad Hanji è bastato sventolare un poco la mano perché Erwin trascinasse entrambi quassù. Non siamo neanche armati ed anche se non lo direi mai a voce alta, l'idea di essere a più di cinquanta metri d'altezza senza movimento 3DMG non è proprio la mia condizione preferita.

Eren, invece, indossa il suo.

C'è un'intera squadra a tenerlo d'occhio, ogni minuto della giornata che passa a più di cento metri da me, come oggi. Ed infatti eccoli lì, schiena dritta e sguardo austero, rigidi e tesi come se dovesse esplodergli una catastrofe da un momento all'altro. Ancora non si fidano completamente, ma lui non sembra soffrirne. Si limita a fare il proprio dovere ed accetta gli ordini e le imposizioni, fintanto che gli permettono di fare ciò che vuole: combattere.

E parlando di Eren, la stella del momento non sembra avere una bella cera.

Se ne sta in disparte, seduto con la schiena appoggiata ad uno dei cannoni ed una borraccia in mano. È silenzioso, quasi non lo riconosco. E pallido.

«Da quanto andate avanti?» chiedo, interrompendo l'ennesimo attacco di diarrea verbale di Hanji.

«Intendi oggi? Uhm, abbiamo iniziato stamattina quindi... Direi sei ore.»

«Quanti giganti ha creato?»

«Circa una trentina.»

Erwin solleva le sopracciglia, impressionato. Anche a lei brillano gli occhi, palesemente soddisfatta dell'operato della giornata. Io torno a guardare verso Eren. Non sta affatto bene, dev'essere esausto, ma sono pronto a scommettere che non ha neanche provato a dire di aver bisogno di una pausa.

«Credo che dobbiate fermarvi, per oggi.»

Il sorriso di entrambi scompare.

«Guardatelo. Non ce la fa più, volete farlo crepare e addio alla nostra migliore arma contro quegli stronzi da sempre?»

«Sembra un po' provato» concorda Erwin, girando la testa per guardare nella direzione del ragazzo.

«Suppongo che potremmo anche fermarci dopo questo...» acconsente allora Hanji, chiudendo il quaderno con uno scatto secco e per nulla entusiasta. «Manca solo una sezione di questo muro, un ultimo gigante non lo ucciderà.»

Stringo le labbra in una linea sottile ed incrocio le braccia. Erwin ha messo le proprie dietro la schiena, dando chiaramente il via libera. Ad un cenno della donna, uno dei soldati a guardia di Eren gli si avvicina, dicendogli qualcosa che la distanza ed il vento ci impediscono di sentire. Lo vedo annuire, chiudere la borraccia ed allungarla all'uomo che gli tende poi una mano per aiutarlo ad alzarsi. Una volta in piedi, si passa una mano sulla fronte, alzando lo sguardo verso di noi. Si blocca, quando ci vede ed abbassa subito il braccio, per fare il saluto a cui Erwin risponde con un cenno del capo.

In silenzio lo guardiamo mentre si avvicina al bordo del muro, si inginocchia ed appoggia le mani sulle pietre polverose. Ad un cenno di Hanji, lo vedo mordersi il labbro coi denti, facendosi schizzare il sangue in bocca. Tutto il suo corpo viene circondato da scintille ed il vento diventa caldo, mentre dalle sue mani si compie la magia.

Ad operazione conclusa, un nuovo strato di cristallo brillante ricopre la parete, là dove prima c'era solo nuda pietra vecchia di decenni. Eren si rialza, mentre Erwin ed Hanji ricominciano a parlare tra loro, alle mie spalle, con ancora più entusiasmo di prima.

È effettivamente molto scenico, quello a cui abbiamo appena assistito, con tutto il fumo, il vento e le scintille, ma non me ne è mai fregato un cazzo degli spettacoli teatrali e non inizierò certo a farlo ora.

Eren è esausto. Si vede dal modo in cui si regge a malapena in piedi, faticando a tenere gli occhi aperti.

Mi muovo, camminando verso di lui ed in quel momento inizia a tremare. Mi sfilo la giacca. L'intenzione sarebbe quella di mettergliela sulle spalle, regalargli un po' di sollievo dal freddo e dalla fatica.

Invece l'indumento mi cade di mano, atterrando nella polvere, quando i miei muscoli si tendono seguendo un riflesso di cui a malapena riesco a rendermi conto. Scatto in avanti, il braccio teso verso il corpo di quel ragazzo che ha chiuso gli occhi e sta cadendo all'indietro, verso il vuoto. Tutto si muove a rallentatore eppure veloce.

Velocissimo.

Le mie dita si chiudono sull'aria, i miei occhi seguono il movimento di quel corpo che inizia a precipitare.

Un passo. Un altro.

La punta della mia scarpa raggiunge il bordo del muro. Sento vagamente delle voci chiamarmi, il suono nascosto dal modo in cui il vento mi fischia nelle orecchie quando spicco il salto per seguire lui.

Qualche metro divide le nostre cadute, una distanza che devo assolutamente colmare se entrambi contiamo di sopravvivere. Le mie mani si muovono automaticamente per cercare i comandi del 3DMG che, di nuovo, mi rendo conto di non indossare. Non lascio che la paura mi offuschi il giudizio. L'adrenalina inizia invece a scorrermi nelle vene, mentre ritiro le braccia contro il corpo, prendendo velocità.

Il sangue pompa in fretta, assordandomi con il battito del cuore. Attraverso l'aria troppo in fretta per riuscire a respirarla ed i polmoni bruciano quanto la pelle, a contatto con l'aria fredda e tagliente.

Quando arrivo abbastanza vicino da afferrargli una delle cinghie dei pantaloni, quasi non mi sembra vero. Velocemente, ritraggo il braccio, tirando Eren tra le mie braccia. Febbrili, le mani cercano la nostra unica possibilità di salvezza e la impugnano con fermezza. Quando gli indici toccano il metallo freddo dei grilletti, mi sento di nuovo completo.

Prendo vagamente la mira, sparo.

Seguo con lo sguardo il percorso dei ganci, l'angolo che stanno formando, il punto che andranno a colpire. Quando sono sicuro che i colpi andranno a segno, lascio le impugnature e mi aggrappo ad Eren.

Il metallo perfora la pietra, le corde si tendono, facendo disegnare ai nostri corpi un piccolo arco, che ci proietta contro al muro. Le suole dei miei stivali lo colpiscono ed il colpo mi attraversa le cosce e la schiena come uno sciame di spilli conficcati in ogni muscolo.

Ma resisto.

Afferro una delle corde con la mano, aiutando il 3DGM a frenare la nostra caduta. La pelle brucia e si sgretola per lo sfregamento, ma pian piano, centimetro dopo centimetro, ci fermiamo.

Eren è sopra di me, la testa appoggiata alla mia spalla, le gambe molli contro il mio fianco. Dorme, con quel suo viso da angelo, inconsapevole di essere sospeso ad almeno venticinque metri d'altezza. Spero che non scelga questo, tra tutti i momenti, per svegliarsi.

Alzando lo sguardo, vedo i soldati della sua scorta che finalmente iniziano a scendere dalle mura, per venirci incontro.

«Idioti del cazzo» borbotto a denti stretti.

Lo sento mugolare debolmente, contro il mio collo e stringo un po' la presa. 

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