๑ Reunion

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Nove mesi erano trascorsi dall'ultima volta che Levi aveva visto Eren. Da quando i piani alti avevano smesso di ritenere il moccioso una possibile minaccia per l'umanità, anche la sorveglianza costante del più forte soldato dell'esercito era divenuta superflua. Le loro abilità erano state utilizzate per altro: due incarichi che li avevano tenuti separati per quasi un anno.

Ricordava ancora la luce triste negli occhi verde della sua Speranza quando l'aveva salutato prima di partire per la lunga spedizione oltre mura; Levi era rimasto a riorganizzare le varie squadre che avrebbero ripulito i territori riconquistati, ma ancora pullulanti di minacce, sia titaniche che umane. Aveva 16 anni e mezzo, all'epoca e Levi non poteva fare a meno di domandarsi quanto l'avrebbe trovato cambiato: i mocciosi in adolescenza crescevano parecchio, giusto?
Seduto alla sua scrivania, Levi tendeva l'orecchio oltre il suono della pioggia, in attesa di sentire qualsiasi suono potesse rivelare il ritorno della spedizione, accanto a lui c'era una pila ordinata di lettere consumate. Se n'erano scambiate molte, portate avanti ed indietro dai messaggeri del Corpo di Ricerca, fatte passare come aggiornamenti di missioni e rapporti, ma che in realtà servivano loro solo per rassicurarsi a vicenda.
Sono qui, sono ancora vivo.
Le aveva lette e rilette decine di volte, per addormentarsi o quando si sentiva inquieto o particolarmente nervoso dopo qualche incursione finita male.
Non riceveva una lettera da tre settimane.
Sto bene, ci rivedremo.
Levi chiuse l'ennesimo fascicolo di missione e si strofinò gli occhi con le dita: stava diventando troppo vecchio per tutte quelle stronzate burocratiche. Avrebbe dovuto farsi assegnare un assistente come la quattrocchi e affibbiare a lui tutta quella roba.
Toc-Toc
Alzò la testa, rivolgendo gli occhi grigi verso la porta.
Toc-Toc-Toc
Il ritmico bussare si fece più impaziente. Spinse indietro la sedia, afferrò la maniglia lucidata da poco e spalancò la porta.
Di fronte a lui c'era un uomo: era alto, almeno un palmo più di lui. I suoi capelli castani erano spettinati, lunghi e raccolti in un piccolo codino appena visibile sul retro del collo. Aveva la divisa sporca di terra, sangue ed altro sudiciume di vario genere, il colore degli stivali irriconoscibile sotto lo strato di fango che li ricopriva. Ansante, gocciolava pioggia e fango sull'immacolato pavimento.
Levi aprì la bocca per protestare, ma l'uomo superò la soglia, senza neanche aspettare di ricevere il permesso e gli gettò le braccia al collo, affondando il viso tra i suoi capelli. A Levi occorsero una manciata di secondi per riprendersi abbastanza da mantenere l'autocontrollo che il suo ruolo imponeva.
"Sei in anticipo."
"Ho staccato la spedizione appena superata Trost, volevo arrivare il prima possibile" si ritrasse ed il verde cangiante dei suoi occhi si fuse con il grigio, assorbendone ogni traccia di oscurità per sostituirla con la pura luce di energia e gioia "Ho fatto male?"
Le labbra di Levi si incresparono in un sorriso appena accennato "No, Eren. Ora però toglimi le mani di dosso, sei lercio da far schifo!"
Un'altra risata accolse quel commento, mentre il soldato obbediva.
Adocchiò la porta del bagno privato del Capitano.
"Dovrei farmi una doccia."
"Non sarebbe male."
"Dovresti farla con me..."
La porta si chiuse. I vestiti vennero ordinatamente riposti in un angolo della stanza.
L'acqua fu l'unica testimone della dolce riunione di anime e corpi, di coloro che avevano saputo aspettarsi e sognarsi.   

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