L'ira di Piton

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Dopo una sola settimana di lezioni, gli studenti del quinto anno furono sommersi di compiti da tutti i professori, compreso Lupin.
“La prima metà dell’anno ormai è passata, è tempo di impegnarsi seriamente” aveva annunciato la McGranitt prima di iniziare a spiegare la Trasfigurazione dei mammiferi; alla fine della lezione aveva assegnato un tema di mille parole sull’argomento.
“Fatelo per la settimana prossima, avete tempo sufficiente, sì, signor Weasley, sono sicura che tra una ragazzata e l’altra possiate trovare il tempo per farlo” aveva risposto severa alle occhiatacce di George, portavoce del generale disagio della classe. 
“Sono completamente pazzi” sbuffò Edmund quando uscirono da lezione.
Mag era più preoccupata del solito e disse che avrebbe iniziato quel giorno stesso, mentre i gemelli Weasley sembravano totalmente a loro agio, nonostante in aula avessero dato l’idea opposta, come Frannie, che avrebbe fatto tutto all’ultimo momento e avrebbe guadagnato ugualmente dei punti per la sua Casa.
Consumarono un pranzo veloce e si recarono verso l’aula del professor Ruf. Mag e Laetitia presero un banco in fondo all’aula e iniziarono il tema per la McGranitt (“almeno noi diamo un senso all’inutilità di queste lezioni”), mentre la magnifica penna Prendiappunti di Mag, prestata a una Frannie seduta poco più avanti, scriveva parola per parola la lezione, la ragazza intanto chiacchierava allegramente con Edmund e i gemelli Weasley.
Alla fine della lezione erano tutti sollevati: Mag e Laets avevano placato un po’ l’angoscia ed erano già quasi a metà tema, mentre Fran aveva riso per tutto il tempo per una storiella che le avevano raccontato Fred e George sulla loro ultima disavventura con Gazza, la sera prima. Mentre si incamminavano verso la Sala Comune Serpeverde, la raccontarono a Mag e a Jasmine.
I due ragazzi avevano raccontato che la sera prima stavano girando per i corridoi indisturbati quando un petardo difettoso del Dottor Filibuster in tasca di Fred si era acceso improvvisamente proprio mentre da quelle parti passava Mirtilla Malcontenta, che aveva iniziato ad urlare indispettita. I due avevano cercato di pregarla di non dire niente a nessuno, ma lei aveva iniziato a urlare dicendo che avevano disturbato il suo sonno ristoratore.
“…E allora Fred le ha fatto notare che essendo morta non aveva alcun bisogno di dormire…” disse Fran con le lacrime agli occhi.
“E lei ha urlato ancora più forte, attirando l’attenzione di Gazza, che li ha fatti mettere in punizione” concluse Edmund, vedendo che Fran aveva difficoltà a continuare a parlare, soffocata dalle risate.
“…E adesso devono pulire per una settimana le serre” concluse Frannie.
“Che idioti” disse Mag prima di scoppiare a ridere anche lei.
Dall’altra parte del castello, però, c’erano due persone che non si stavano divertendo per niente.
Terminata la lezione con i ragazzi del secondo anno, Remus Lupin si era reso conto con sommo dispiacere di aver dimenticato nell’aula professori alcuni libri che gli sarebbero serviti il giorno seguente per affrontare una lezione sui Sortilegi Scudo. Camminò stancamente attraverso i due ampi corridoi che separavano il suo studio dall’aula ripensando con affetto al calore che molti studenti dimostravano nei suoi confronti; nonostante la stanchezza e l’imminenza di una nuova luna si sentì rincuorato dal pensiero di quella ragazza, Firwood, che gli aveva fatto intendere di essere molto amato tra gli studenti. Arrivò finalmente davanti alla porta. Pregò in goblinese di non ritrovarsi da solo con Mocc- ahém, Piton, e l’aprì.
Piton c’era, dovette constatare con sommo rammarico, ma fortunatamente non era solo: con lui c’era Minerva che correggeva dei compiti. Ogni tanto la sua bocca si arricciava disgustata per quel che leggeva; si sporse un pochino e distinse un foglio tutto pasticciato appartenente palesemente a Neville Paciock. Piton invece scriveva indaffarato su una pergamena.
La voce del piccolo, stupido Remus adolescente, che da quanto era tornato a Hogwarts emergeva sempre più spesso, si chiese se si fosse lavato i capelli qualche volta da quando aveva messo piede a Hogwarts, vent’anni prima. Scacciò subito quel pensiero e salutò cordialmente i colleghi, sedendosi al tavolo e cercando con gli occhi i libri che aveva lasciato. Sicuramente erano stati sommersi dai numerosi libri e pergamene che lasciavano sempre in giro Filius e Pomona.
“Per caso avete visto dei libri sugli incantesimi Scudo?” chiese iniziando a impilare per i colleghi i vari libri, nel tentativo di fare un po’ di ordine.
Piton lo ignorò per qualche lungo istante, prima di fare un cenno negativo, mentre Minerva staccò esausta gli occhi dal compito.
“Ti aiuto volentieri, altrimenti rischio di andare a prendere per le orecchie quel somaro” esclamò con aria contrariata. La donna si pentì subito di quell’affermazione, vedendo che sul volto di Piton si era dipinto un sorriso di trionfo.
“Paciock è una calamità per Hogwarts, Minerva, era ora che te ne accorgessi” disse senza sollevare il viso dalla sua pergamena.
La strega strinse le labbra. Non le piaceva parlar male degli studenti, men che meno con Severus, che le dava sempre ragione, ma la faceva anche sentire sbagliata.
“Beh, c’è da dire… Tutto sommato… Che gli darò la sufficienza” cercò di riparare il danno “Dopotutto le conoscenze minime le ha acquisite”
Piton alzò le spalle e tornò a scrivere. Remus decise di intromettersi.
“Neville è migliorato molto dall’inizio dell’anno” disse sorridendo “Forse basta sapere come prenderlo, alla fine”
“Forse hai ragione, Remus” convenne Minerva, anche se non aveva alcuna intenzione di essere meno severa con il ragazzo del terzo anno. Aveva giurato a sé stessa che non avrebbe mai fatto le preferenze con nessuno (salvo Potter, ma non in ambito scolastico, quindi la sua coscienza era immacolata). Ancora una volta Piton ignorò i due colleghi.
“Il ritorno dalle vacanze è sempre difficile” esordì Minerva alzandosi in piedi e iniziando a riordinare i libri ammassati sull’ampio tavolo “Oggi ho rischiato di trasformare i gemelli in due scimmie, tanto erano agitati”
Lupin scoppiò a ridere. Tipico della professoressa McGranitt minacciare di trasformare gli studenti in qualcosa che richiamasse il loro carattere o per rimarcare un concetto. Una volta, una vita prima, aveva minacciato James e… Lui di trasformarli in due statue di legno, se non avessero smesso di parlare durante la sua lezione.
“Ammetto che quella classe è parecchio difficile anche per me” disse continuando a sorridere. Piton alzò le spalle. Nelle sue ore era davvero raro avere problemi di disciplina. Forse solo una volta aveva dovuto riprendere un Tassorosso che aveva osato chiedere al compagno davanti le indicazioni su cosa fare. 
“…Ma ci sono tanti cari ragazzi. È forse la classe più unita che ci sia a Hogwarts, Serpeverde compresi” aggiunse ammirato.
“Hai ragione, in questi ultimi anni si sono uniti molto” convenne Minerva, che forse stava facendo caso a quell’aspetto per la prima volta da quando quei ragazzi avevano messo piede a Hogwarts.
“Proprio la settimana scorsa ho avuto la possibilità di discuterne con Rosander, Pevensie, Firwood e Oaks, davanti a un tè” aggiunse Remus con noncuranza, ignaro della catastrofe che avrebbero generato le sue parole.
“Ma davvero?”
Finalmente Piton parlò. Non c’era nulla di rassicurante nelle sue parole. Remus, però, che aveva iniziato quel discorso con tutte le buone intenzioni di questo mondo, non si accorse del tono del collega.
“Sì! Sono molto amici con i Weasley, ma anche con alcuni Tassorosso, McMartian e Rosie, mi pare” disse tutto soddisfatto “Non ho visto molti studenti di Case diverse così uniti”
Piton strinse le labbra, mentre Minerva si mostrò interessata al discorso del collega.
“Non ci ho mai fatto caso” rifletté la professoressa per un attimo “certo, le volte in cui non si parlano sono sempre a ridosso delle partite di Quidditch… In ogni caso è davvero una bella cosa, non trovi, Severus?”
“Ammirevole” mormorò il professore facendo intendere che pensava esattamente il contrario.
“…Non è mia abitudine offrire il tè ai miei studenti” aggiunse con noncuranza.
“Oh, beh, nemmeno io” rispose subito Lupin sentendo il sorriso vacillare per la prima volta “Ma i tuoi studenti e Oaks sono stati così carini con me a Natale che offrir loro un tè mi sembrava il minimo!”
Piton strinse gli occhi, Minerva prese parola.
“Che cosa vuoi dire?”
Lupin pensò saggiamente che fosse meglio omettere il dettaglio della torta regalo.
“Hanno saputo – immagino da voi – che ero indisposto per… Beh, lo sapete… E sono passati a fare gli auguri anche a me” disse alzando le spalle. Capì che forse sarebbe stato il caso di non dirlo a Severus, vista la sua reazione, ma, che diamine, ormai erano passati gli anni in cui si odiavano deliberatamente!
“Oh, eccoli!” finalmente intravide i suoi tre libri. Li prese.
Minerva intanto aveva sorriso con calore, un sorriso che pochi studenti avevano avuto la fortuna di conoscere, mentre chi la conosceva come Minerva ormai sapeva riconoscere come autentico.
“Molto gentile da parte loro”
“Ti è passato per la mente, per un attimo” esordì Piton con un sorriso maligno dipinto sul volto “…Che lo abbiano fatto solo per conquistarsi la tua benevolenza?”
Mettere in discussione il gesto così bello che avevano fatto quei ragazzi diede parecchio fastidio a Remus, così, assumendo un bel sorriso falso, rispose a tono.
“Eventualità che ho già preso in considerazione, grazie Severus” disse alzandosi in piedi e respirando stancamente “ma fino a prova contraria sono io l’esperto di Arti Oscure, anche quelle messe in atto da un branco di ragazzini che mirano a voti più alti, quindi confido che me ne sarei accorto”
Minerva sembrava spaesata dal gelo che si era improvvisamente creato nell’aula professori. Remus e Severus si guardarono placidamente con aria di sfida, finché Piton non fece un cenno con la testa per dire “è come dici tu” e la questione si chiuse, anche se continuò a maledire l’odiato collega nella sua mente.
“Ora, se mi volete scusare, torno nel mio studio!” disse Lupin tornato sorridente “A stasera!”
I due colleghi lo salutarono e lui si chiuse la porta alle spalle. Si diresse verso il suo studio pensando che non c’era da stupirsi se i Serpeverde erano comunemente considerati persone sgradevoli.
“…Con un direttore della Casa così…” pensò amareggiato.

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