19 LA STORIA DI AMILA

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La lunga chioma castana oscillava sferzata dal vento. Stava sorridendo per qualcosa che aveva detto Naston e non era mai stata così bella.

Per certi versi, Amila le ricordava Dazira: aveva lo stesso adorabile modo di sorridere. Un sorriso che si estendeva agli occhi, oltre che alla bocca.

Per molti altri aspetti, invece, Amila e Dazira non si somigliavano per niente. Amila era una donna, con la consapevolezza di essere affascinante mentre legava i suoi capelli lisci lunghissimi e sfoggiava la sua cultura e le buone maniere. Dazira era una bambina, in confronto a lei.

Dopo la gara di orientamento, Amila aveva iniziato a fare parte di quel piccolo gruppetto riconosciuto anche dagli altri allievi e, diffusasi la notizia che erano stati loro a recuperare la cinghia, anche il terzultimo gruppo giunto al raduno era grato verso di loro.

Certo, la fama di Rotoro non aveva perso piede e le minacce non erano terminate da parte sua e dei suoi amici, ma, tutto sommato, il clima all'interno dell'accademia era giorno dopo giorno più vivibile anche per coloro che non appartenevano allo stesso rango sociale della maggioranza.

Il vero problema con Rotoro, era che nessuno in accademia si sarebbe mai opposto. Non per timore delle minacce fisiche, ma per la paura delle conseguenze qualora avessero reagito. Rotoro aveva fin troppe conoscenze ai piani alti perché un ragazzo pensasse di rischiare la propria carriera nel tentativo di dargli una lezione. Ernik, ormai, l'aveva capito.

La cena si concluse in un clima d'ilarità ed il quartetto si diresse verso i dormitori chiacchierando riguardo alle tecniche imparate nell'ultimo allenamento e alla scarsa abilità di Naston nel lanciare i coltelli contro dei bersagli statici.

«Ne centrassi uno, anche per sbaglio!» aveva commentato Kaspiro, facendo ridere tutti. Lui ed Ernik, ormai, erano giunti davanti alla porta della loro stanza.

Il ragazzo dai capelli ricci e rossi come dei rapanelli, mise una mano sulla maniglia, congedandosi, poi aprì la porta.

Stava per entrare, quanto lo strillo di Amila lo fermò. «Non ti muovere!» esclamò con gli occhi sbarrati la ragazza.

Spaventato, Kaspiro arretrò, domandandosi cosa mai avesse visto la ragazza e, nell'arretrare, spalancò di più la porta davanti alla quale caddero una quantità smisurata di pietre che erano state legate da qualcuno sopra l'architrave, ovviamente con intenzioni guerrafondaie.

Dopo qualche istante, Ernik constatò i danni: camera loro era disseminata di ciottoli e sporcizia, ma, in fin dei conti, nessuno si era fatto male.

I quattro entrarono nella stanza e, accese le lampade a olio, iniziarono a raccogliere le pietre ed ad accumularle dentro alla rete che fino a pochi momenti prima le aveva tenute appese.

«Come te ne sei accorta?»

Amila alzò le spalle e raccolse un altro masso. «Ultimamente sto attenta a qualsiasi cosa faccio... soprattutto ad entrare nella mia camera! L'ultima volta ho trovato delle lische di pesce che foravano il cuscino... bisogna ammettere che hanno anche fantasia!» concluse con una risata amara.

Ernik annuì, con un sorriso di ammirazione che Naston notò di sottecchi. «Grazie»

In risposta, la ragazza annuì con un sorriso e si sedette a terra raccogliendo i sassi che le stavano intorno sfiancata per la lunga giornata di addestramento.

Naston la imitò, esausto quanto lei e affaticato per la debole luce che delineava a malapena i volti dei suoi compagni.

«Toglietemi una curiosità» eruppe Amila quando anche Kaspiro ed Ernik si arresero alla stanchezza e si sedettero sul pavimento sconnesso, con le schiene appoggiate ai letti inutilizzati di Tymodo e Alfi.

Tutti guardarono incuriositi la ragazza che, alzandosi in piedi, prese posto sopra ad un letto e ci si sedette a gambe incrociate. «Cosa vi ha spinto a provare una simile impresa?»

Kaspiro aggrottò le sopracciglia e guardò Ernik per un attimo, poi si voltò di nuovo verso Amila. «L'accademia, intendi?» domandò ottenendo una risposta affermativa da parte della ragazza. «Cosa ci ha spinto... facevamo gli stallieri, spalavamo le feci per mestiere... non basta? Dubito che tu abbia mai ripulito lo sterco del cavallo, dolcezza!»

Amila non rispose. Era vero: lei non sapeva davvero cosa volesse dire fare un lavoro sporco fino a che non aveva iniziato i turni alle latrine dell'accademia!

«Non è solo questo...» s'intromise Ernik scuotendo il capo e facendo oscillare la zazzera biondo scuro. «Una vita diversa. Non era il lavoro in sé, non ci è mai pesato...»

«Parla per te!» intervenne Kaspiro ridacchiando.

«Voglio dire, quello che mi disturbava era la mia classe sociale! Non volevo più essere guardato dall'alto in basso, volevo cambiare aria... Qui puoi diventare qualcuno. Dove stavamo prima, nessuno di noi sarebbe mai diventato qualcosa di diverso da ciò che era»

Per qualche istante, il pensiero di Dazira gli balenò in testa e si rese conto che ciò che stava dicendo non era del tutto vero. Ma era vero per lui.

Quel posto gli stava stretto. Non era più casa sua.

Kaspiro asserì con convinzione, sistemandosi meglio sul posto. «Quello che dice Ernik è vero... anche se lui era uno scudiero di riserva del principe e forse qualche probabilità in più di me ce l'avrebbe avuta di vedere da vicino una battaglia!»

«Il principe... Arthis?» domandò Amila quasi incredula. «Quindi lo conoscete da vicino!»

Come poteva non saperlo?, si chiese Ernik. Sembrava che in quella caserma tutti sapessero tutto di tutti...

Ernik si passò la mano tra i capelli mentre faceva scivolare scompostamente le gambe di fronte a lui. «Vivevamo a corte» rispose in tono ovvio. «Tu l'hai conosciuto?»

Amila scosse il capo. «Non direttamente... a parte una volta, quando mi sono candidata per entrare qui dentro» ammise lei mordicchiandosi le labbra screpolate.

«Ti sei candidata direttamente al principe? E lui ti ha accolta?» chiese Naston aggrottando le folte sopracciglia scure con le mani sulle ginocchia.

Quel ragazzo con i capelli tanto scuri, la statura alta e quelle adorabili lentiggini sul naso, così in posa, pareva un adone, meditò Amila tra sé e sé.

«Conosceva mio padre... Mio padre, Lord Corus mi ha sempre detto che il principe Arthis diverrà un buon sovrano, quando sarà il suo momento!»

«E tu... perché hai deciso di candidarti? Insomma... sapevi benissimo che non sarebbe stato un percorso semplice per te...» intervenne Kassiro seguito da qualche istante di silenzio.

Amila si guardò intorno: tutti gli occhi erano puntati su di lei e la fissavano con nuovo interesse.

La ragazza sospirò, poi deglutì rumorosamente e decise di raccontarsi: «Diversi motivi... In primis per mio padre, appunto: la gente si dimentica cosa la mia famiglia ha fatto per la corona e per tante altre persone, prima di finire in rovina» affermò pacatamente scuotendo la testa. «Mio padre è stato un fedele vassallo e cavaliere di alcune terre della parte settentrionale del regno, vicino ai confini con Vallenis. Ha combattuto con coraggio al fianco del principe e gli ha salvato la vita. La corona è stata generosa con lui e lui con molti altri. Ha aiutato un sacco di persone con i suoi soldi e ha dato lavoro a tante famiglie, ma la gente ha la memoria corta...» continuò cacciando la rabbia e il veleno che parevano esserle saliti in bocca in un fiotto. Riprese fiato. «Così, quando lui ha avuto bisogno, nessuno è andato in suo soccorso e la mia famiglia è andata in rovina. Quando è morto di tubercolosi, poi, io e mia madre ci siamo trovate completamente nella miseria e persino il buon nome della famiglia non sembrava servire a darci un po' di credito per comprare gli alimenti. Restava solo sposare qualche ricco signore... Quindi sono qui anche per sfuggire alla povertà e ad un matrimonio indesiderato!» dichiarò soddisfatta. Poi sembrò pensarci ancora. «Anche se il vero motivo è che mi alleno da quando ero bambina. Mi allenavo con mio padre e sognavo di fare il cavaliere come lui, probabilmente, aveva sognato un figlio maschio!» concluse.

Nessuno dei tre aggiunse nulla e Amila davvero non sapeva come interpretare quel silenzio disarmante, anche se sentiva di avere la loro stima.

Per la prima volta, qualcuno sembrava credere che ce l'avrebbe fatta.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora