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«Voglio sapere chi è stato, Therar!» sbraitò Arthis battendo un pugno sul tavolo così forte che tutti i presenti nella stanza trasalirono, meno che Therar.

Persino il principe si dovette accorgere di essere stato brusco, perciò inspirò profondamente tentando di calmarsi, anche se la cosa era diventata pressoché impossibile.

«Vi ho scelti perché eravate i migliori... e mi pare di pagarvi profumatamente...» spiegò cercando di tenere un tono neutro, per quanto la sua espressione lasciasse trapelare tutta la sua frustrazione. «C'è un assassino che si aggira per il castello da una settimana e nessuno di voi ha uno sputo di traccia da seguire?» La sua voce si alzò sulle ultime parole, per quanto avesse tentato di controllarsi.

Nello studio del principe calò di nuovo un silenzio tombale.

Arthis sbuffò ancora una volta passandosi una mano tra i capelli scuri. «Uscite tutti» sentenziò senza guardare nessuno. «Therar, tu resta qui!»

A poco a poco, tutti i segugi del principe uscirono dall'ambiente in religioso silenzio, lasciando Arthis solo con il suo più fidato consigliere.

Per parecchi minuti, un silenzio saturo di pensieri aleggiò nella stanza mentre il principe camminava agitato avanti e indietro per il suo studio.

A quel punto, era chiaro che fosse la setta. Arthis non riusciva ad immaginare qualcuno di così abile a scavalcare i suoi sottoposti.

Ciò che non gli era chiaro era se la setta agisse per conto proprio – e, in tal caso, perché – o fosse stata incaricata da qualche altro sovrano, probabilmente dal re di Loas.

Therar, però, non sembrava d'accordo. Forse sapeva qualcosa che lui non intendeva ancora.

Ne stavano appunto parlando quando vennero a sapere che il secondo scudiero del principe, Ernik, forse aveva la chiave per avvicinarsi alla soluzione.

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Quando Ernik si svegliò e realizzò quanto successo, si meravigliò d'essere ancora vivo.

L'immagine di quella bestia orrenda era ben impressa nella sua mente e, per quando cercasse di convincersi di aver sognato, tutto ciò che lo circondava non era altro che una scena del crimine.

Non appena vide il corpo della ragazza riverso a pancia all'aria, coperto di sangue in parte ormai rappreso, cercò di distogliere lo sguardo senza riuscirci.

Guardò sé stesso alla ricerca di qualche ferita, ma più di un graffio e della melma nera non riuscì ad intravedere nulla.

La belva l'aveva risparmiato.

Sapeva di doversi alzare al più presto per chiedere aiuto, ma il panico l'aveva paralizzato.

Un tuono ruppe il silenzio. Ernik chiuse gli occhi e inspirò profondamente, ma l'odore acre del sangue gli causò un conato di vomito. Cercò di non farci caso e si alzò in piedi stando bene attento a non voltarsi verso la ragazza che giaceva a terra. Poi si avviò verso l'entrata della scuderia e si immerse nel nero della notte, sotto la pioggia scrosciante che aveva deciso di non dare tregua a Forterra.

Quando raggiunse le guardie, in un primo momento non venne creduto. Ma nessuno poteva ignorare l'unica fonte, per quanto poco autorevole, dopo una settimana di omicidi, terrore e assidue ricerche.


LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora