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La luce aranciata delle tarde ore del pomeriggio filtrava nel chiostro e dipingeva le piante di colori nuovi mentre il vento si alzava dalla foresta ad ovest del castello, portando un acuto profumo di resina di pino.

Era bellissimo quel colonnato bianco, soprattutto a quell'ora del giorno, dopo una splendida giornata di sole, anche se passata a fare poco altro che passeggiare per il castello.

In quel momento, con quella luce, Pheanie ebbe l'impressione che le colonne fossero fatte d'oro, anziché di marmo.

In quel momento, ammirando la meravigliosa architettura di quel posto, scorse una figura solo per qualche istante, prima che le colonne la nascondessero di nuovo alla sua vista.

Ma Pheanie aveva imparato a riconoscerlo: era incredibile come Therar fosse in grado di muoversi così rapidamente, eppure senza dare nell'occhio.

La ragazza non ci pensò ulteriormente e si alzò, incamminandosi nell'unica direzione che poteva aver preso il ragazzo.

Non sapeva perché lo stesse facendo quando lei era stata la prima a non presentarsi agli allenamenti proprio per evitarlo.

O forse, in cuor suo, lo sapeva: imbarazzo. Era imbarazzata per come si era lasciata trattare e per il rapporto altalenante che si stava instaurando tra di loro e che non rendeva serena la sua presenza agli allenamenti.

Ma, questa storia doveva finire. Doveva trovare un punto d'incontro con quell'uomo, o sarebbe tornata a ricamare fazzoletti per rendersi utile. Lei aveva bisogno di sentirsi utile.

Imboccò il corridoio e lo percorse per parecchi metri, intravvedendo a malapena uno stivale in lontananza che svoltava a destra. Giunta all'incrocio con un altro corridoio più stretto, svoltò anch'essa a destra e salì le scale che le si presentarono davanti.

Quel castello, per chi non lo conosceva, poteva sembrare un vero e proprio labirinto.

In cima alle gradinate, si ritrovò nella sala del clavicembalo che lei era stata costretta a suonare fin da quando era bambina, perché era importante che una principessa sapesse come "allietare le orecchie di suo marito", per la gioia di balia Belisa.

Entrata nella stanza, però, la principessa rimase spiazzata: dove poteva essere andato?

Perché lo sto facendo?

Quasi a rispondersi, scosse la testa ed iniziò escludendo la porta che conduceva alla stanza del curatore. Era alquanto improbabile l'idea che Therar si stesse intrufolando in un luogo tanto personale senza alcun apparente motivo quando avrebbe potuto trovarlo in infermeria.

Restavano, allora, due portoni: il primo dava l'accesso ai corridoi che conducevano allo studio di Arthis e alla biblioteca, il secondo, portava nelle stanze dei dipinti e, proseguendo, verso la sala grande.

Per il calcolo delle probabilità, attraversò la prima porta e si incamminò a passo deciso lungo il passaggio fino a che non arrivò al bivio.

Indugiò ulteriormente. E ora? Forse è andato verso la biblioteca... e se lo trovassi nello studio di mio fratello? Che cosa potrei dire? Scusa, ma devo parlare con la tua spia per poterci avere dei buoni rapporti?

Pheanie fece una smorfia tra sé e sé e pensò che, di certo, non sarebbe stato il caso. D'altronde, a lei non sarebbe dovuto importare nulla di tutta questa storia.

Immersa nei suoi pensieri, alle parole del ragazzo alle sue spalle, Pheanie sobbalzò: «Mi stavate cercando?» domandò Therar spaventandola e facendola voltare verso di lui giusto in tempo per vedere le tracce di un sorriso canzonatorio.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora