Prologo (1/2) ✔

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Ladon accese in tutta fretta la torcia all'entrata del corridoio che portava allo studio del principe.

Quelle laceranti urla di terrore facevano presagire che qualcosa di orribile doveva essere accaduto. Ma quello che più lo preoccupava era quel rumore che aveva udito oltre alle grida: una sorta di prorompente brontolio dai toni macabri che non riusciva ad associare a niente che potesse farlo sentire più tranquillo.

Iniziò a tremare. Forse non era stata una grande idea seguire i rumori, ma era l'unico a trovarsi in biblioteca in a quell'ora della notte, perciò nessun altro avrebbe potuto raggiungerlo in tempo per aiutarlo a capire la fonte di quei brontolii.

A un tratto, tutto cessò, prima le urla, poi il lamento, e scese un silenzio tombale.

Ladon sentì un brivido percorrergli la schiena e terminare sulla cervice e, senza rendersene conto, rallentò il passo. Doveva essere vicino, lo sentiva, ma, a ogni metro, gli sembrava che il suo cuore stesse per uscire dal suo petto.

Finché la torcia non illuminò uno stivale nero a terra, con la suola rivolta verso di lui, e subito dopo la gamba sfregiata, parte terminante di un corpo immerso in una pozza di sangue. Era la guardia di turno del corridoio.

Ladon non si rese nemmeno conto di aver iniziato a lacrimare per il terrore. Si guardò intorno sventolando la torcia, ma non vide nessuno. Era da solo con il corpo inerte della guardia mentre l'odore acre del sangue gli penetrava le narici.

Doveva andarsene, ma la paura l'aveva paralizzato e non gli permetteva di muovere le gambe.

Fu allora che udì altri suoni in lontananza, rumori di qualcuno che camminava sempre più vicino. Ladon capì che forse era giunta la sua ora ed iniziò ad agitare la torcia ancora di più, senza riuscire a muoversi. Il buio era quasi pesto, fatta salva per una flebile luce in lontananza: una torcia.

Quando capì che si trattava di una guardia, improvvisamente, Ladon sentì di aver recuperato le capacità motorie e corse nella sua direzione in un pianto disperato.

«Signore! Signore, che è successo?»

Tuttavia, sembrava che le parole non volessero uscire di bocca mentre, accasciatosi dinanzi alla guardia, si stringeva le ginocchia, così indicò lì, nel punto dove giaceva il corpo insanguinato.

L'uomo, dopo un primo momento di sconcerto, sguainò la spada e ordinò a Ladon di chiamare le altre sentinelle del piano.

Ma non avrebbero trovato nessuno. Chiunque fosse stato, non era più lì.

●●●

Non era stato rubato niente, questo era stato accertato. Ed era pure discutibile la supposizione che l'assassino si trovasse nel castello per uccidere il principe Arthis dal momento che, a notte fonda, si trovava nei suoi alloggi privati.

Forse l'obiettivo era proprio la guardia. O forse si trattava di un ladruncolo che non aveva fatto in tempo a prendere i pochi tesori nascosti nello studio del principe.

Tante ipotesi, una meno probabile dell'altra. Dato certo era che, nel giro di una mattinata, la notizia aveva fatto il giro di tutta la corte e il re aveva dato ordine di raddoppiare i turni di guardia alle porte delle sue stanze, di quelle dei figli e di lord Mohro, ospite a palazzo in quei giorni.

Ladon era stato interrogato per dare alle spie del principe quanti più dettagli possibili per l'indagine e aveva passato quasi tutta la giornata a esaminare il corpo insieme al curatore, alla ricerca di qualche indizio sull'arma utilizzata, ma gli evidenti segni che sformavano la pelle della vittima non davano un quadro chiaro di quello che poteva essere accaduto; questo rese la giornata di Ladon ancora più frustante.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora