17 LAVORO DI SQUADRA

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Amila puntò la freccia contro Barvis che, in quel momento, stava facendo il suo turno di guardia. Lei non era lì per ucciderlo. Si era arrampicata su quell'albero per precauzione, nel caso in cui Ernik fosse stato avvistato e qualcuno avesse tentato di colpirlo.

Sull'albero di fronte a lei, Naston e Kaspiro tenevano pronte le fionde. Ognuno di loro teneva con sé una quantità smisurata di pietre di svariate dimensioni nei calzoni.

Era il loro turno. Naston prese un sasso piuttosto grande e lo scagliò lontano, cosicché Barvis, incuriosito dal rumore, si allontanasse per controllare. Ma il sasso non incontrò alcun ostacolo e non provocò altro che un lontano scalpiccio. Il ragazzo ne prese un altro e lo scagliò nella stessa direzione.

Dovette sbattere contro un tronco di un albero perché Barvis si destò immediatamente e, raccolte le sue incertezze, si allontanò dalla sua postazione.

Non appena scomparve dalla loro vista, Ernik si precipitò fuori dal suo nascondiglio fra gli arbusti del sottobosco e, con passo leggero e rapido, iniziò a frugare nelle sacche della squadra di Rotoro.

Il cuore gli galoppava in gola mentre rovistava tenendo gli occhi sugli allievi addormentati.

Ma che gli era saltato in testa? Se qualcuno si fosse svegliato, Rotoro non gli avrebbe risparmiato la lezione. No, non doveva pensarci. Non ora. Doveva rimanere concentrato.

Si avventò su di un'altra sacca. Ed eccola lì, la cartina, con accanto la cinghia.

Non ci pensò ulteriormente, a momenti Barvis sarebbe tornato al campo: raccolse la mappa e la cintura e corse facendo attenzione a non fare troppo rumore nella direzione dalla quale era venuto.

Amila, Kaspiro e Naston tirarono un sospiro di sollievo quando Barvis riprese la sua postazione assonnato e per nulla allarmato.

Facendo attenzione a non fare rumore, scesero dagli alberi e si avviarono verso il luogo del ritrovo concordato, dove avevano lasciato i cavalli.

Ernik era già arrivato e li attendeva con un sorriso soddisfatto, le mani infilate nelle tasche dei calzoni grigi e la schiena appoggiata ad un albero.

Quando venne raggiunto dai suoi compagni di squadra, i quattro scoppiarono in una risata generale.

«Dobbiamo rimetterci subito in marcia» sentenziò ad un tratto Kaspiro rompendo le risa mentre slacciava le redini del suo cavallo dal tronco dell'albero. «Mettiamo quanta più distanza possiamo tra noi e loro!»

Tutti e tre annuirono in risposta. L'adrenalina aveva cacciato il loro sonno e rimettersi a cavallo non sarebbe stato un problema.

Anzi, in quel momento, ancora carichi di quell'istante di pazzia, sembrava la cosa più giusta. E, per la prima volta, si sentirono veramente una squadra.

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Il sole era alto nel cielo già da diverse ore quando decisero di fermarsi per rifocillarsi, allo stremo delle forze.

Ernik sentiva di non riuscire a tenere gli occhi aperti e temeva che, se fosse andato a cacciare, l'avrebbero trovato appisolato da qualche parte in mezzo al sottobosco.

Il secondo oggetto, una bussola, non doveva trovarsi in un nascondiglio molto distante dalla loro posizione, ma proseguire sembrava essere diventata un'impresa impossibile, così, giunti ad un corso d'acqua fin troppo piccolo per poter essere definito ruscello, i quattro scesero goffamente dai loro cavalli e, dopo averli legati, si stesero un poco sul terreno umido.

Amila, dopo alcuni minuti, fu la prima a destarsi. Si alzò e si avvicinò al suo cavallo per recuperare l'arco e la faretra di cuoio con le frecce. «Vado a vedere se trovo qualche cosa da mangiare. Non possiamo rimanere a lungo qui... siamo troppo esposti!» Poi sparì nella selva lasciando riposare i suoi compagni di squadra che sembravano non averla nemmeno udita.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora