1 DAZIRA

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PICCOLO PASSO INDIETRO...

Ernik se ne stava seduto sul vecchio parapetto in pietra mentre l'aria gli scompigliava la chioma bionda. Davanti a lui, il sole del tardo pomeriggio che aveva segnato la fine del suo turno nelle stalle in quella giornata estiva; sotto di lui, le onde del mare che s'infrangevano sugli scogli facendo schizzare l'acqua fino all'altezza delle sue caviglie.

Aveva gettato i suoi stivali sull'erba del cortile e i suoi piedi penzolavano scalzi sopra la scogliera. Adorava quella vista dai faraglioni a strapiombo che però si ammorbidivano lateralmente a mano a mano che ci si avvicinava alla baia che separava il castello dal villaggio.

Ad un tratto, riconobbe uno scricchiolio e un sorriso gli comparve spontaneo ai lati della bocca. «Tranquilla, fatta eccezione per me, lo stalliere laggiù e la sentinella in riposo che sta passeggiando dalla parte opposta della corte, nessuno ti ha sentito arrivare!»

Sentì lo sbuffo di Dazira e percepì il suo corpo esile che prendeva posto accanto a lui. Non ce l'aveva fatta nemmeno stavolta a spaventarlo come lui faceva con lei. Ma a Ernik si divertiva a vederla tentare.

«Hai la grazia di un toro dal vetraio!» la prese in giro voltandosi verso di lei: aveva i capelli tutti arruffati e il naso all'insù era dominato da delle lentiggini marroncine che le davano un'aria ancora più scomposta e sbarazzina.

Dazira gli rispose con una smorfia e gli tirò un pugno sul braccio. Probabilmente non si era trattenuta, ma la ragazza riusciva a malapena a portare le ceste del bucato: non sarebbe riuscita a fargli male nemmeno provandoci.

«La principessa è dalla sarta...» spiegò sorridente la ragazza mentre si accomodava meglio sul muretto «ho almeno un paio d'ore di libertà!»

Ernik adorava il sorriso di quella sua amica un po' maschiaccio, il tipo di sorriso che non si estingue sulla bocca, ma si estende all'intero viso e si esprime con gli occhi che, nel suo caso, erano di un azzurro vivo.

Dazira era l'unica persona in quella corte della quale Ernik si fidasse ciecamente. Si erano conosciuti da bambini, quando lei era giunta a corte ed era stata affidata a Ladon, il bibliotecario.

All'epoca Ernik aveva appena otto anni, Dazira sei... e, di certo, non era stata immediatamente amicizia. Tutto era iniziato quando Dazira l'aveva difeso da quel bruto del precedente capo stalliere, prendendo una randellata di schiaffoni al posto suo. Da quel momento fino alla sua morte, l'uomo non era più riuscito a sopportare la bambina e lei ci trovava così tanto gusto da aver trovato il suo bersaglio preferito di scherzi nei quali, spesso, coinvolgeva anche Ernik. Ovviamente, non erano rare le volte che finivano per prenderle di santa ragione... ma non erano un paio di sculacciate a fermare i due scavezzacolli.

In quel momento Dazira si illuminò, come se si fosse appena ricordata di una cosa e, dopo aver rovistato nella sua bisaccia, tirò fuori un piccolo quadernetto in cuoio piuttosto usurato e glielo mise sulle ginocchia. «Guarda che ho trovato nel cassetto di Ladon!»

Ernik sospirò divertito. «Sai che se ti scopre ti mette in punizione fino a che non crepi!» Il ragazzo aprì il quadernino: era pieno di disegni, mappe e appunti impressi con della china nera su dei fogli incartapecoriti.

«Dai, idiota! Da quando sei diventato così intransigente?» Dazira lo stava guardando con quello sguardo malizioso che le spuntava sul volto quando aveva in mente qualcosa a cui Ernik non avrebbe saputo dire no. E si sarebbe messo ancora una volta nei guai per colpa sua.

Fu, paradossalmente, quello scemo di Kaspiro a salvarlo: «Ernik, per tutti i diavoli! È da parecchi minuti che ti cerco... è arrivato lord Mohro con sua moglie... devi assolutamente vedere le ancelle!»

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora