27. Se Provi A Morire Ancora Per Me, Io Ti Faccio Risorgere E Ti Ammazzo Ancora

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Sono fottutamente in ansia.

Natan è in sala operatoria da quattro cazzo di ore e nessuno mi vuole dire quello che sta succedendo.

Ho ancora la maglietta piena di sangue e l'immagine di lui che chiude gli occhi mi gira in testa come un fottuto striscione.

Provo a chiamare Abe ma non mi risponde, ovviamente.

Chiamo i miei ma gli visto di venire in ospedale. Non so perché ma non li voglio. Non ora. Che figlia di Merda. A volte mi chiedo se è questo quello che sono: nata per essere sbagliata.

※※※

«Ditemi che sta bene!» dico a un'infermiera che è appena uscita dalla sala operatoria.

«Tu sei?»

«La sua migliore amica. Ho il diritto di sapere se almeno è vivo, cazzo! » urlo io.

«Si calmi. Il tuo amico per ora è stabile ma potrebbe non svegliarsi mai.»

«Che Cazzo vuol dire!?»

«Signorina i termini, per favore! Intendo che potrebbe rimanere in coma. Non è detto che si svegli.» risponde la donna con uno sguardo indifferente.

Gente che casi del genere ne vede tutti i giorni.

«Potrebbe svegliarsi ora, domani, o magari fra 10 anni. Ma potrebbe anche non svegliarsi. Noi medici cerchiamo di non dare troppe speranze alle persone che stanno intorno ai pazienti.»

«Oh, sul serio? Non lo avevo notato.» rispondo sarcastica io.

La donna mi fulmina con lo sguardo e dice che potrò vedere Nate solo fra un'ora.

Il motivo? Me lo chiedo anche io.

※※※

Percorro il corridoio che mi porterà alla stanza di Natan  con un cheeseburger per lui, nel caso si svegliasse.

Trovo la camera 49 e la porta è chiusa.

Esito per un istante ad aprirla; ho paura di quello che potrei vedere.

Già quando Natan era accasciato sul terreno...

Scaccio questi pensieri dalla mente è scosto la porta quanto basta per farmi entrare.

C'è un unico lettino in tutta la stanza e lì giace inerte il mio migliore amico.

Mi sento male. Sul serio. Se poi penso che è successo tutto per colpa mia sto ancora peggio.

Vorrei mettermi ad urlare per sfogarmi ma non posso, non ora.

Mi avvicino al lettino e osservo Nate: ha il viso pallido, un cerotto alla tempia e un taglio sul labbro inferiore.

Le braccia sono distese lungo il busto e la coperta azzurra lo copre fino alla vita.

Gli prendo la mano e lui rimane immobile.

«Nate... se puoi sentirmi-» vengo interrotta dalla voce della madre di Natan che urla il mio nome fra le lacrime.

«Elisabeth... io...»

Innamorata Di Uno Stronzo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora