Credo abbia capito che mi piace la natura e stare all'aria aperta, siamo venuti al Waterfront Park ma siamo entrati dall'area est, vicino alla riva del fiume Willamette. Siamo seduti sulla panchina di fronte alla statua mangiando patatine e bevendo birra. Non parliamo molto ma ci mettiamo ad osservare le stelle, qui il cielo si vede bene. Non è da me ma sono serena e mi batto il cinque mentalmente per aver accettato. Dopotutto.
«Ti sono grato per essere venuta»

«Grazie a te per avermici portato, non sono mai arrivata da questo lato del parco» ci sono coppiette che passeggiano e ragazzi che ballano dall'altra parte della piazzetta e la musica arriva fino a qui

«Allora mia bella Megan mi hai detto che lavori, non hai un ragazzo e passi il tempo con la tua migliore amica Clara. E poi?»

«Già, mi dispiace nessuna avventura solo figuracce» sono sbadata e anche la mia migliore amica, siamo una coppia ambulante.

Smettiamo di ridere e mi fissa intensamente. Ad un tratto, ho una strana sensazione e sto per chiedere qualcosa che mi si ritorcerà contro, sono certa.

«Posso chiederti il reale motivo per cui siamo qui?» ed eccoci qua, forse era questo il momento che temevo di più. Alex sgrana gli occhi come se lo avessi colpito dritto sulla faccia

«Per questo pomeriggio. Nessuno ascolta davvero senza secondi fini» annuisce però non sono del tutto convinta e lui se n'è accorto.

«Davvero! Te l'ho detto, è per sdebitarmi, ci tengo molto a queste cose» e me ne accorgo subito. Conosco le persone o almeno credo e, posso affermare con sicurezza che sta nascondendo qualcosa.

«Potresti portarmi a casa, per favore?!» mi alzo stufa di sentire altre balle e mi incammino verso l'uscita. Pochi passi e mi blocca, afferrandomi la mano e accade di nuovo, ho la pelle d'oca. Perché succede? Cosa diavolo è?

«Vuoi la verità? Bene! Dopo mesi sei stata l'unica persona che mi ha chiesto come stavo realmente, non hai voluto sapere altro e non mi sono sentito giudicato o sotto esame. Ti basta questo?» dice tutto d'un fiato. Vedo la sua camicia bianca tendersi sul petto, il suo sguardo bruciare sul mio viso come la sua mano intorno al mio polso.
La presa si rafforza e con una leggera spinta, mi ritrovo stretta a lui che con l'altra mano avvolge i miei fianchi per non farmi scappare.

NO NO NO NO ti prego no, no non farlo non- e diventa un sussurro anche nella mia mente.
Perché il respiro mi muore in gola e tutte le facoltà si spengono come in un blackout. Sento le sirene suonare spiegate e un incendio divampa dentro al petto. Le sue labbra sono ferme sulle mie e quando apro gli occhi i suoi mi stanno già fissando. Mi stacco da lui e le labbra provocano un lieve schiocco, alla fine è stato un semplice bacio a stampo. Niente di serio ma... nessun ma, non c'è storia che tenga.

«Ora devo a-andare» sussurro quasi come una supplica. Mi allontano da lui quasi correndo ed esco fuori dal parco prima che possa fermarmi. Un taxi sta arrivando dal fondo della strada e lo fermo, dato che al momento è l'unico mezzo per ritornare a casa.
«Ti chiedo scusa Megan» urla a qualche metro da me. Non mi volto, se lo facessi tutto quello da cui mi sono tenuta lontana, cadrebbe addosso tutto in un colpo.
Entro nel taxi e dico all'autista l'indirizzo di casa. Coincidenza o sfortuna, comincia a piovere dopo settimane che non vedevo un temporale del genere.
Mi sento così in colpa e stupida perché anche questa volta dovevo dare ascolto al mio istinto. Quando sono sotto casa pago la corsa e scendo in fretta per fiondarmi dentro. Tutto è come l'ho lasciato, le luci sono accese e il lavoro giace abbandonato sul tavolo in cucina. La porta-finestra sbatte a causa del vento, vado a chiuderla e getto un'occhiata giù in strada.
Sento il cuore per un attimo fermarsi poiché lui è lì che guarda verso di me. Mi ha vista e mi immobilizzo senza sapere cosa fare. Sorride mesto, come se solo adesso abbia realizzato cosa sia successo e sparisce sotto la pioggia con il buio che nasconde il tumulto che ho dentro.

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