Capitolo 14 - stanza 202

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Luke's pov

Non appena arrivati all'ospedale le porte dell'ambulanza vennero spalancate da un paio di infermieri con delle divise blu che strapparono Madison via da me. Rimasi lì, immobile. Guardai le rotelle della barella che giravano veloci sull'asfalto, per poi sparire dietro alle porte automatiche dell'ospedale. Chiusi gli occhi per qualche secondo cercando di risvegliarmi dall'incubo che stavo facendo.
"Devi scendere."
Alzai le palpebre lasciando che la leggera luce mi bruciasse gli occhi. Un ragazzo sui vent'anni era in piedi di fronte a me. Prima non l'avevo notato. Stringeva la portiera dell'ambulanza con la mano destra, mentre nella sinistra aveva una maglia ingiallita, per colpa di un lavaggio sbagliato o del tempo. Mi alzai e mi sorpresi del fatto che riuscissi a stare in piedi pur non sentendo nessuna sensazione alle gambe, era come se fossero ghiacciate. Mossi le mie vans nere e scesi.
"Tieni" disse porgendomi la maglia. "È sempre stata nello scompartimento sotto il sedile. Non so di chi sia, ma puoi prenderla."
Avvolsi le dita attorno a quel pezzo di stoffa umido.
"Grazie."
Mi scrollali la coperta di dosso e mi misi la maglietta un po' troppo larga. Puzzava di chiuso. Il ragazzo sorrise e mi strappò il plaid dalle mani. Un paio di occhi marroni mi fissavano.
"Non ti preoccupare per la tua amica." Gettò la coperta all'interno dell'ambulanza, senza rispetto, da menefreghista, e chiuse i portelloni. "Non sembrava messa male."
La poca professionalità con cui mi parlò mi fece rabbrividire. Queste sono le persone che dovrebbero salvarci la vita.
"Dove devo andare?"
I suoi occhi non si spostarono da me. Lo guardai in cerca di una risposta. Mi fece spallucce e rise.
"Boh, prova ad andare dentro."
Con un dito indicò una donna di colore che trafficava dietro ad un bancone sommerso da cartelle cliniche. "Si chiama Grace" fu l'unica informazione certa che riuscì a darmi. Apprezzai lo sforzo e sorrisi prima di entrare nell'ospedale. La donna mi vide attraverso le lenti spesse dei suoi occhiali squadrati.
"Ciao tesoro, stai bene?" Chiese uscendo dal bancone. Si mise di fianco a me ed appoggiò una mano sulla mia spalla. "Ti sanguina il sopracciglio."
La guardai dall'alto, non sembrava così bassa da lontano. Sorrisi, un gesto automatico.
"Io sto bene. Sto cercando Madison, la ragazza che hanno appena portato qui."
Grace tolse la mano dalla mia spalla e tornò in mezzo a quel mucchio di cartelline blu e bianche. Afferrò la cornetta e schiacciò due numeri.
"Madison, la ragazza che ha fatto l'incidente è da voi?" Scuoteva la testa velocemente. "Oh, va bene. Grazie Louis."
Chiuse la chiamata e tenne la mano fissa sul telefono per un po', anche mentre mi parlava.
"Sei un amico?"
Mi torturai il piercing continuandolo a muovere con la lingua.
"No" risposi appoggiando le mani al bancone di marmo bianco. "Sono il fidanzato."
Il dito tozzo puntò l'ascensore.
"Terzo piano, le stanno facendo dei controlli e poi la porteranno nella stanza 202. Tu aspetta lì davanti, non ci vorrà molto."
Mi misi le mani nelle tasche dei jeans e salii sull'ascensore prima di ringraziare Grace. Affondai il dito nel tasto rosso che indicava il terzo piano e le porte si chiusero. L'ascensore salì il fretta. Quando uscii vidi un lungo corridoio con le pareti grigie che facevano contrasto con le porte gialle delle stanze, che erano sulla destra. Dall'altro lato invece c'era una fila di sedie attaccate al muro. Camminai facendo correre lo sguardo sui numeri attaccati alle porte. 202, era la terza porta. Mi sedetti sulla poltroncina di plastica dura ed aspettai. Una bambina mi camminò davanti accompagnata dalla madre che le spingeva la flebo. Si girò leggermente verso di me, guardandomi attraverso i suoi capelli nero corvino che le cadevano sulle spalle. Le feci la linguaccia e la bambina rise.
"Maria non si fissa la gente" la rimproverò la madre spingendola un po'. "Mi scusi."
I miei occhi guardarono quelli grigi della madre. Incurvai le labbra in un sorriso per rassicurarla.
"Si figuri."
La donna mi sorrise e riprese a camminare tenendo una mano appoggiata sulla spalla della figlia.
"Ciao" mormorò la bambina prima di entrare nell'ascensore.
Risposi mimando un gesto con la mano, le guardai un attimo per poi girarmi subito verso la mia destra: due infermieri spingevano una barella verso di me. Mi alzai di scatto. Era Madison.
"Come sta?"
L'infermiere continuò a spingere il lettino mentre la donna si fermò davanti a me. Si bagnò le labbra con la lingua e mise le mani sui fianchi.
"Tu chi sei?"
Strinsi lo sguardo sull'uomo che era entrato nella stanza. Stava aspettando impaziente l'aiuto dell'infermiera per mettere Madison sul lettino.
"Sono il fidanzato" dissi afferrandomi il mento con due dita. "Luke."
I suoi occhi a mandorla non si scollarono da me. Si strinse la coda e sorrise.
"Oh, allora tu sei Luke. Continuava a ripetere il tuo nome prima" affermò camminando nella stanza e facendomi cenno di venire con lei. "Puoi stare qui con lei. Sta bene, ha solo un braccio rotto e qualche livido."
Mi sedetti sul letto di fianco e li guardai sollevare il corpo di Madison attaccato ad una flebo. L'uomo uscí senza nemmeno salutare mentre la donna mi sorrise. Tenni gli occhi fissi su Madison che dormiva, il braccio destro era coperto da un gesso bianco. Mi alzai e mi sedetti su una sedia.
"Madison" sussurrai afferrandole la mano. "Mi dispiace così tanto."
Le accarezzai il viso, poi abbassai la testa sulle nostre mani intrecciate. Gli occhi mi si inumidirono e una lacrima rigò il mio viso. Rimani in quella posizione per un po' e guardai fuori dalla finestra, le nuvole erano sparite e si vedeva il sole tramontare. Mi sdrai sul letto vuoto e mi misi a fissare il soffitto bianco finché non m'addormentai.

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Hi everyone, spero che il capitolo vi piaccia. Ovviamente mi aspetto qualche commento per sapere cosa ne pensate. Un bacio.

Ps: se volete potete passare dalla mia nuova os su Calum. Si chiama Saturdays.

Tremare, l.hNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ