10. "Vinili e complicità"

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Bianca's Pov

«Non penso che i Nickelback tu li abbia mai ascoltati» Poso il mio giradischi sul tavolino da cucina accompagnata dalla mia massa di vinili.
«So just give it one more try with a lullaby and turn this up on the radio, If you can hear me now, I'm  reachin' out to let you know that you're not alone» Inizia a cantare il ritornello di "Lullaby" dei Nickelback con un'aria da "so tutto io".
«Ok, ritiro tutto» Sbuffo sentendolo ridere. Lui afferra il primo vinile che gli salta all'occhio e lo osserva.
«I Queen?» Mi chiede indicando con la testa il vinile che ha in mano.
«Non ti facevo tipa da i Queen» Riposa il vinile e sorride. Ne prendo uno a caso e ne osservo la copertina estasiata dai colori che su essa campeggiano.
«Si beh, quelli più vecchi sono di mio padre. É stato lui a regalarmi il mio primo vinile ed è anche una sua passione, quindi diciamo che questi vinili, o almeno la metà, provengono dagli anni '80 o poco più» Sorrido guardando la sua faccia sorpresa.
«Wow!» Esordisce.
«Almeno abbiamo la musica in comune» Ride.
Effettivamente so solo questo di lui, oltre a sapere il suo luogo di provenienza: la Grecia.
«Cos'altro ti piace?» Chiedo di getto. Lui si volta con la testa quasi sorpreso per la mia domanda, ma poi caccia fuori un 'mhh' di riflessione.
«Non ci sono molte cose che mi piacciono più di tanto, tendo sempre a trovare ciò che gli altri chiamano ''diverso'' nelle cose.» Inizia a spiegarmi.
«Ecco, una cosa che mi piace: la diversità.» Sorride.
«Si, è bello, ma a pensarci bene ognuno di noi è diverso a modo proprio, anche gli oggetti, gli animali... Quindi, se ci pensi attentamente, hai detto praticamente che ti piace tutto» Rido dopo aver esposto la mia tesi. Lui mi guarda e chiude gli occhi cercando di non ridere anche lui.
«Sai, sei più intelligente di quanto mi aspettassi» Punta il suo indice contro di me.
«Oh beh, non so se prenderlo come un complimento» Gli sorrido per poi scoppiare in una sonora risata.
Abbiamo passato qualche ora a parlare di musica e di cinema ed abbiamo scoperto di avere lo stesso amore per i Linkin Park e per i film d'azione ed anche se mi costa dirlo, fino ad ora è stato piacevole parlare con lui. Sto bene con lui, mi fa piacere parlare con qualcuno di interessi comuni. Passo la maggior parte del tempo rinchiusa in camera mia fra i miei libri e i miei CD e devo dire che è bello aprire la propria mente a chi, in un modo o nell'altro, ti assomiglia.
«A te invece cosa piace?» Mi chiede appoggiandosi con la schiena contro il divano in pelle su cui siamo seduti.
«Ci sono solo due cose che mi piacciono davvero tanto, forse più di qualsiasi altra cosa: la fotografia e viaggiare» Gli dico guardandolo. Lui incrocia le braccia e mi guarda.
«Come mai?»
Gli riservo uno sguardo per poi guardarmi le gambe che precedentemente ho incrociato sul divano.
«Mio zio è un militare della marina e quindi sin da piccola mi ha sempre raccontato i suoi momenti in giro per il mondo e alla fine di ogni anno, quando tornava per Natale, mi portava sempre qualcosa che prendeva in giro per il globo, ne sono sempre rimasta affascinata. La fotografia è una passione che è venuta col tempo, penso sia arrivata all'inizio della mia adolescenza, quando al mio tredicesimo compleanno i miei mi regalarono una macchinetta fotografica.» Finisco di raccontare il tutto con un sorriso sulle labbra.
«È tanto bello...» Sussurra guardandomi.
«Eh si» Annuisco.
«Qualche giorno mi fai vedere i tuoi scatti?» Mi chiede. Sgrano gli occhi per la proposta inaspettata e mi ritrovo a balbettare.
«Uhm, io, n-non ne sono sicura... Insomma, i m-miei scatti non sono un granché» Faccio spallucce cercando di convincerlo.
«Mi dai la sensazione di una tipa che si impegna in ciò che fa, quindi penso che soprattutto in questa tua passione tu ci metta tutta te stessa, mh?» Cerca conferma.
«Si, ma...» Tento di dire qualcosa.
«E allora vuol dire che sono qualcosa di più di un semplice granché.» Sorride sapendo di avermi zittita ancora una volta. Sbuffo provocando da parte sua una risata buttando anche indietro la testa.
«La diversità sta anche in degli scatti sfocati o cupi, ricordalo, piccola atea» Smette di ridere e ritorna serio. Mi fissa, mi osserva come se non mi avesse mai vista attentamente prima di adesso.
«Ti ho già detto che sei diversa?» Mi chiede fissandomi senza sosta. Annuisco e lui fa lo stesso.
«Meglio» Rivela poi.
Tento di distogliere lo sguardo ma è come se i suoi occhi fossero delle calamite da cui non puoi scappare. Alla fine è lui che distoglie lo sguardo da me, rendendomi anche le cose più semplici.
«Oh, cavolo!» Esclamo sentendo il rumore del motore dell'auto dei miei. Do un occhiata all'orologio sulla parete e vedo che segna qualche minuto dopo le sei del pomeriggio.
«Sono i miei!» Esclamo ancora. Lui sgrana gli occhi e fa per prendere la giacca ed andare in cucina ma improvvisamente un lampo di genio mi balza in testa.
«No, fermo! Vieni di sopra, so io come farti uscire da casa mia!» Salgo le scale e lui mi segue. Arriviamo in camera mia e sento poco dopo la serratura della porta principale fare il suo classico rumore, segno che qualcuno stia per entrare. Precedentemente chiudo la mia porta a chiave sperando così che almeno le gemelline non si catapultino in camera mia.
«E ora?» Mi chiede sospirando.
«Non è che posso vivere in camera tua finché non si fa notte» Continua a parlare facendomi ridacchiare per l'idea che ha avuto.
«Rifiuto con piacere l'idea» Lo guardo alzando gli occhi al cielo. Lui scuote la testa e sentiamo i miei parlare di sotto.
«Allora, tu...» Tento di spiegare ma vengo interrotta dalla voce di mia madre che mi chiama di sotto.
«Esci dalla finestra, ci sarà un albero, arrampicati e sarai davanti casa mia» Spiego velocemente spingendolo verso la finestra.
«Se cado e mi sfracello il cranio, mi avrai sulla coscienza.» Mi avverte spostando le tende bianche e aprendo la finestra. Il vento freddo di dicembre ci viene in faccia, quasi come se volesse segnare la fine di un momento piacevole.
«Ci si vede, piccola atea» Mi saluta senza nemmeno voltarsi ed inizia ad arrampicarsi sull'albero spoglio.
«Ci si vede...» Sussurro guardandolo dalla finestra. Lui una volta giù si sistema il giubbotto per poi correre via.
«Bianca!» Continua a chiamarmi mia madre.
«Si, arrivo!»Rispondo a mia volta. Prendo un grosso respiro e scendo di sotto.
«Ma insomma! Si può sapere dov'eri finita?» Mi riprende posando la frutta nel cesto.
«Scusa, ero con le cuffie» Tento di essere credibile. Mio padre mi passa accanto dandomi un bacio sulla nuca.
«Almeno i vinili potevi sistemarli. Sai bene quanto ci tengo» Mi indica col capo il mucchio di vinili che abbiamo lasciato sul tavolino.
«Oh» Fuoriesce dalla mia bocca.
«Scusami davvero tanto, me ne ero dimenticata» Gli dico. Me ne sono davvero dimenticata dei vinili sul tavolino.
«Non fa niente, ma la prossima volta sii più responsabile» Mi sorride prendendoli in mano.
Annuisco aiutandolo prendendo il giradischi e mettendolo sulla credenza mentre papà dispone i vinili in modo ordinato.
Torniamo in cucina e iniziamo a parlare della scuola, dell'esame che dovrò affrontare quest'anno ed anche delle vacanze estive.
«Io vado a finire i compiti» Mento.
Salgo le scale ancora una volta e, una volta entrata in camera mia, mi butto sul mio letto incurante di avere ancora le scarpe. Prendo il cellulare ed inserisco le cuffiette nell'apposita entrata per poi farmi cullare dalla voce calda e melodiosa di Amy Winehouse.
Canticchio il ritornello di "Back to Black" sapendo già di non essere per niente brava nel canto. Guardo il soffitto e mi ritrovo a sorridere, così, dal nulla. A volte i sorrisi più spontanei e veri provengono dal nulla, un insignificante ammasso di vuoto cosmico.
I momenti trascorsi oggi mi balzano davanti agli occhi come quando stai leggendo un libro e tenti di immaginare la scena letta. Sospiro e prendo di scatto il pc che avevo messo sul comodino ieri notte prima di dormire, accedo al mio blog e scrivo, scrivo e scrivo.

"Indipendentemente dalla mia vita abbastanza caotica e solitaria, oggi sono felice. Sono felice e non so neanche bene il perché o da cosa è dovuta la mia felicità. Inizi a vivere con la consapevolezza che la vita non è per niente rosa e fiori, ma anzi, può essere nera, a volte può essere bianca, altre volte invece è grigia: una via di mezzo. Vivere la vita non vedendo nero, nemmeno vedendo bianco, ma vediamo la vita in grigio, perché nessuna situazione sarà mai completamente nera e mai completamente bianca da dire "oh, guarda, va tutto alla perfezione" oppure "perché tutte a me? Perché va sempre tutto male nella mia vita?"

Pubblico ciò che ho scritto ed inizio a scorrere la mia dashboard del blog. Leggo ciò che le altre persone scrivono, leggo ciò che le loro anime non riescono a far fuoriuscire con la loro voce. Spengo il pc con ancora dei commenti da leggere e mi tolgo le cuffiette che fino ad ora mi hanno tenuto compagnia.
Mi alzo e mi posiziono davanti alla finestra dove poco prima si trovata Ares. Con Ares sto bene, riesco ad essere me stessa e a condividere i miei pensieri sapendo che lui sarà lì ad ascoltare e non a giudicare, ma allo stesso tempo ho paura, e non ne conoscono il motivo. Sarà perché ho la costante paura di un pregiudizio da parte degli altri? Sarà perché ho paura che i miei fraintendano la nostra amicizia con qualcos'altro? Non lo so, veramente, non lo so.
Guardo il cielo e mi domando se il giorno in cui sarò davvero libera di essere me stessa sia vicino, anche se questo non penso che potrò mai saperlo, solo il tempo potrà darmi una riposta... E magari chi lo sa, potrebbe essere veramente tanto vicino da portarmi a pensare delle stupide domande, o almeno, sogno che lo sia.

Angolo Autrice

So perfettamente che purtroppo questo capitolo è corto (non che gli altri siano lunghissimi) ma volevo scrivere di loro e allora ho colto la palla in balzo. Spero vivamente che vi piaccia ugualmente il capitolo, ma sarei più felice se me lo faceste capire magari scrivendo un commento oppure cliccando la stellina. In ogni caso, sono felice della piega che sta prendendo la storia, a voi? Spero di sì ❤

Scusate eventuali errori

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