7. "La cena maledetta"

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Bianca's Pov

Sono sempre stata una da felpa e jeans, non sono abituata ad indossare abiti eleganti come questi.
"Sembro una di quelle bambole di Jocelyn." Commento il mio aspetto mentre mi guardo allo specchio.
Sbuffo e cerco di non pensare a questo vestito che mi stringe il busto così tanto quasi da impedirmi di respirare.
Sento dei passi dal corridoio e la testa di mia cugina Iris spunta dalla porta che avevo lasciato aperta.
"Sei una meraviglia!" Mi guarda e sorride.
"Si, una meravigliosa schifezza" Faccio un sorriso tirato.
"Comunque giù ci siamo tutti, aspettiamo solo te." Dice mettendosi la sua giacca sul vestito blu scuro.
"No Iris, ti prego, non vengo con questo vestito." Congiungo le mani.
"Non fare la bambina!" Mi rimprovera ridendo.
"Dai, è solo per stasera" Cerca di convincermi quando dal piano di sotto, ci chiamano per andare via.
"Su" Mi passa il cappotto ed io, di mala voglia, lo afferro e lo metto.
Inserisco il cellulare e le cuffiette nella tasca laterale del cappotto e scendiamo le scale.
"Zio!" Esclamo felice di vederlo.
"Chi si rivede!" Ride e mi abbraccia.
"Guarda che ti ho portato" Mi dice prendendo un sacchettino dalla tasca dei suoi pantaloni eleganti.
Gli sorrido e mi affretto ad aprire il sacchettino nero.
"È stupenda!" Esclamo prendendo tra le mani il braccialetto ed accarezzo precedentemente il ciondolo della luna.
"Grazie mille, zio!" Lo abbraccio.
"Figurati, è una sciocchezza" Mi sorride.
"Non vorrei interrompere questo momento, ma è l'ora di andare" Ci ricorda la madre di Iris sorridendomi.
"Andiamo, su" Papà afferra le chiavi dell'aiuto ed usciamo fuori.
Il freddo mi porta a stringermi sempre di più nel mio cappotto, ma una cosa buona del vestito che tanto odio c'è: almeno è lungo ed il freddo non batte più di tanto sulle gambe.
Ci separiamo ognuno nelle proprie auto ed io, come mio solito, metto su le mie cuffiette e subito la musica degli Evanescence impazza nelle mie orecchie.
Il rock è un genere musicale che adoro, mi da quella adrenalina che il pop, che ascolto quasi sempre, non mi da più di tanto.
Il viaggio non penso sia molto lungo dato che il ristorante è vicino casa nostra, ma il solo pensiero di stare tutta la sera a sentire la mia famiglia ed altre persone parlare di chiesa mi fa alzare gli occhi al cielo.
Mentre la canzone finisce di risuonare nelle mie orecchie, vedo Giuly che disegna sul finestrino appannato dell'auto.
Mi tolgo le cuffie ed osservo ciò che disegna, anche se è un po' difficile visto che alcune parti del vetro già è ripulito.
"É una farfalla!" Indica il suo disegno e sorrido vedendo una linea verticale e due B che sarebbero le ali ed un piccolo cerchietto, ovvero la testa.
"É bella" Dico sorridendole.
"Arrivati!" Annuncia mamma mentre afferra la sua borsetta bianca.
Mentre papà parcheggia, arrotolo le cuffiette attorno al cellulare e sono pronta per la famosa cena... O quasi.
Scendo dall'auto e vedo anche l'auto dello zio entrare nel parcheggio del ristorante. L'unica nota positiva di stasera è che lui sia tornato a casa.
Raggiungiamo la loro auto e siamo pronti per entrare nel ristorante.
"Ricorda: non sbottare, conta sempre fino a dieci" Mi ricorda Iris.
"Dovrò contare fino a cento mi sa" Sorrido e lei con me.
"Allora quando stai per sbottare prendi un respiro profondo e continua sempre così fin quando non ti passerà" Ridacchia prendendomi in giro.
Ridacchio.
Un calore caldo prende il posto del freddo che sentivo prima ed un odorino di sugo invade le mie narici.
"Salve, il tavolo del signor Mitchell?" Chiede mio zio al signore al di dietro del bancone.
L'uomo alza lo sguardo e lo riabbassa subito dopo.
"Il vostro cognome, prego" Dice.
"Reed" Risponde mio zio. L'uomo fa scorrere il dito sul foglio davanti a lui e lo picchietta subito dopo su una scritta in particolare.
"Eccola qui, famiglia Reed. Tavolo numero 25, infondo alla sala." Ci sorride e ci indica il tavolo con la mano.
"Che lo spettacolo abbia inizio" Dico annoiata ad Iris. Camminiamo verso il tavolo prenotato da questo signor Mitchell e sento di sottofondo la voce di mia madre che raccomanda alle mie sorelle di non fare casino.
"Buonasera!" Sento dire da un signore con la barba nera.
"Buonasera a voi!" Esclama mio padre porgendo la mando a tutti i signori e le signore presenti al tavolo.
"Signor Mitchell, le presento mio fratello John, e sua moglie Katelyn." Mio zio, dopo aver aspettato che mio padre terminasse di presentarlo, gli porge la mano, così come mia zia.
"Loro invece sono..." Mio padre sta per presentare Iris, me e le mie sorelle, quando due ragazzi si intromettono bruscamente.
"Mi scusi padre, io e Dylan abbiamo trovato traffico." É Ares seguito da un ragazzo dai capelli neri.
"Ares, perfavore, non è questo il modo!" Lo rimprovera padre Sam, l'altro prete della nostra chiesa.
"Avete ragione. Scusateci davvero tanto." Dice per poi dare la mano al signor Mitchell e a tutte le altre persone presenti al tavolo."
"Dicevo, loro sono Iris, mia nipote, e le mie tre figlie: Bianca, Jocelyn e Giuly" E così ci troviamo a dare la mano a tutte le persone al tavolo.
"Ares" Dice lui presentandosi con una stretta di mano ad Iris, si abbassa per dare una carezza alle guance delle mie sorelle ed infine, si alza guardando me.
"Chi non muore si rivede!" Esclama sorridendo porgendomi la mano.
"Già" Mi limito a dire stringendogli la mano.
"Vieni" Mi sussurra Iris all'orecchio prendendomi il polso ed indicandomi il posto accanto al suo.
Mi ci siedo e mi ritrovo tra mia sorella Giuly e mia cugina ma come se la sfortuna non bastasse per stasera, Ares si siede difronte a me.
"Bì" Sento sussurrare da Giuly.
"Che c'è?" Le chiedo.
"Io ho fame, quando si mangia?" Mi chiede ma neanche il tempo di risponderle, che il cameriere arriva per prendere i nostri ordini.
Alla fine, io e le mie sorelle prendiamo un la bistecca mentre Iris, come quasi tutti gli altri, un piatto di pasta al sugo.
"Allora, cosa possiamo fare per migliorare la chiesa?" Chiede mio padre ai componenti della chiesa.
"Un nuovo tetto potrebbe anche aiutare molto, con la pioggia che ha fatto questo mese si è rovinato" Ci spiega il signor McCain, amico di chiesa del signor Mitchell.
Al solo ricordo di quel giorno di pioggia in cui sono salita in macchina con Ares, mi fa venire solo voglia di farmi piccola piccola e scomparire.
"Approposito di mal tempo , ho sentito che la settimana prossima dovrà nevicare" Ci dice mia zia.
"Mi sa che per Natale le strade saranno tutte innevate!" Esclama Ares guardando le mie sorelle.
"A voi piace la neve?" Chiede alle due.
"Si!" Esclamano in unisono
"E a voi due?" Io ed Iris ci guardiamo per un secondo ma la prima che prende il toro per le corna è mia cugina.
"Mi piace ma diciamo che preferisco il sole" Lui annuisce per poi passare lo sguardo su di me.
"Mi piace, mi piace davvero tanto. È così bella e delicata mentre scende soave al suolo. Trovo che sia una cosa molto sottovalutata visto che molti amano tanto il bel tempo" Dico perdendomi nei miei pensieri rivolti alla neve.
"Penso la stessa cosa, sai?" Mi guarda alzando l'angolo della bocca.
"Anche ridipingerla, non sarebbe una cattiva idea. L'ultima volta è stato trent'anni fa." La voce del prete della chiesa interrompe il nostro gioco di sguardi.
"Sarebbe una buona idea" Dice mio zio, ma intanto, arrivano due camerieri con i nostri piatti.
Iniziamo a mangiare nel più assoluto silenzio mentre solo il rumore delle posate e delle chiacchiere provenienti dagli altri tavoli, riesce a togliere quel velo di imbarazzo.
"Allora, queste due ragazze cosa vorrebbero fare da grandi?" Ci chiede il signor Mitchell.
Io ed Iris ci guardiamo nuovamente fra gli occhi, ma la prima a parlare, stavolta, sono proprio io.
"Ad oggi vorrei fare la giornalista." Taglio un pezzetto di carne e lo metto in bocca.
"E tu invece?" Chiede ad Iris.
"Io vorrei lavorare nel campo della moda, ma ad essere sincera per ora mi dedico allo studio." Gli risponde.
"Che brave studentesse. I sogni possono realizzarsi, certamente se si ha una buona dose di ambizione e di lavoro duro." Ci sorride.
"Sono sicuro che le nostre figlie, un domani, saranno qualcuno" Sento dire da mio padre rivolto a mio zio.
"Lo spero, ma sono sicuro che ce la faranno" Risponde il papà di Iris sorridendoci.
"Mamma, devo andare in bagno!" Esclama Jocelyn nel bel mezzo del silenzio.
"La porto io" Tutto pur di liberarmi dal suo sguardo.
Mia madre annuisce e, prendendo per mano mia sorella, mi dirigo al bagno con lei.
Una volta usciti, decido di uscire a prendere una boccata d'aria e così, porto mia sorella al tavolo avvisando anche che sarei uscita un attimo.
Sospiro pesantemente e mi ritrovo a guardare le auto che scorrono al di fuori del cancello del ristorante.
"Perché non potevo starmene a casa, stasera?" Mi chiedo sottovoce.
"Siamo in due che ce lo chiediamo" Una voce che conosco fin troppo bene mi fa sobbalzare.
"Cosa ci fai fuori?" Gli chiedo con voce ferma.
"Non posso star fuori?" Ridacchia.
"Si, cioè, io volevo dire... Uhm, lascia stare" Balbetto.
E la figuraccia della serata l'ho fatta, perfetto! Ora che si occupa di venirmi a prendere e portarmi in Alaska?
"Davvero vuoi fare la giornalista?" Mi chiede inserendo le sue mani nelle tasche eleganti del pantalone.
"Si, mi piace tanto scrivere e viaggiare per il mondo alla scoperta di nuovi scoop" Dico stringendomi sempre di più nel mio vestito, maledicendomi anche per non aver preso il cappotto.
"Che ti piacesse scrivere l'ho intuito anche da come hai trasformato una cosa così semplice come la neve, in qualcosa di così bello e delicato." Mi dice guardandomi per un secondo per poi guardare di nuovo di fronte a lui.
"È una cosa che anche i bambini avrebbero potuto dire" Dico guardando il suo profilo.
Ha un filo di barba poco accentuata, segno che poco tempo fa si è rasato, un naso dritto e leggermente all'insù e delle ciglia corte.
"Si, è vero, ma non l'ho mai sentito dire da nessuno, perciò..." Lascia intendere. Si volta e mi becca a fissarlo.
"Io entro dentro" Mi schiarisco la voce e lo sorpasso.
"Aspetta!" Mi prendo per il polso e il solo fatto che lui mi stia toccando fa sì che il mio respiro si fermi.
"Perché mi guardavi di nascosto ieri sera?" Le mie guance si dipingono di un rosso intenso, ma spero che almeno la luce fioca della sera non lo lasci vedere.
"Io... Non stavo facendo nulla." Tento di difendermi.
"Oh si che stavi facendo qualcosa" Ridacchia.
"Ho semplicemente visto che stava piovendo e mi sono messa a vedere la pioggia, semplice" Dico scuotendo il braccio così da fargli mollare la presa dal mio polso.
"Sei una persona molto profonda, penso" Dice.
"Io non posso dirlo da sola, mi piacciono soltanto le piccole cose della vita." Tento di spiegarmi e lui annuisce.
"Piccole cose della vita, dici?" Annuisce per poi sorridere.
"Io entro dentro" Gli dico.
"Ora arrivo anch'io. Ah! Non dire che sei stata qui fuori con me, loro sanno che sono al bagno" Mi spiega.
"E scusa, perché avresti dovuto mentire?" Allargo di poco le braccia non spiegandomi il perché.
"Segreto, piccola atea" Mi sorride indicandomi la porta.
Lo guardo per pochi secondi, ma poi decido di rientrare nel ristorante. Sono consapevole di avere il viso in fiamme, lo deduco dal calore che sento in volto, ma mal che vada dirò che è colpa del freddo.
Poco dopo essermi seduta al mio posto, vedo rientrare in sala anche Ares. É serio.
"Ragazzo, ci hai messo parecchio!" Nota il prete della chiesa.
"Si, beh, mi sono fermato ad aiutare un bambino che non riusciva ad aprire la porta del bagno" Spiega sedendosi e bevendo un sorso di vino.
"Che bravo ragazzo, vedete? Questi sono i ragazzi di chiesa che vogliamo!" Esclama il prete.
"Già" Sento sussurrargli. Mi rivolge uno sguardo seguito da un piccolo sorriso.
Ricambio il piccolo sorriso ma poi mi schiarisco nuovamente la voce e bevo l'acqua rimasta nel bicchiere di vetro.
Ditemi che non manca ancora tanto prima che la cena finisca!

Angolo Autrice
Sapete l'unica cosa bella di non avere internet qual è? Quella di scrivere tanti capitoli! Questo capitolo è lungo (2108 parole) e sono felice di riuscire a scrivere capitoli lunghi dopo un periodo in cui non riuscivo a scrivere nemmeno un messaggio di auguri, lol. Al prossimo capitolo!

Scusate eventuali errori

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