9. "Non tutte sono così, sei diversa"

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Bianca's Pov

«Ehi! Ti andrebbe di aiutarci per il ballo della scuola?» Chiedo ad una ragazza con la treccia.
Iris ed io abbiamo chiesto il permesso di saltare le ultime due ore per distribuire i volantini in tutta la scuola per trovare qualche persona disposta ad aiutarci con il ballo, ma fino ad ora abbiamo ricevuto solo persone che rispondono con "si, ti farò sapere!" oppure "non lo so, chiederò ai miei". Insomma, mi sa che alla fine di questa storia saremo solo noi due ad organizzare il ballo.
Dò l'ennesimo volantino alla ragazza e me ne vado sospirando. Cammino per i corridoi della scuola con lo sguardo di alcuni puntati addosso e mi rendo sempre più conto che questo posto non fa per me. Il mio posto è su un aereo alla ricerca di nuove scoperte e sensazioni che solo il mondo può darmi, io voglio viaggiare ma per ora devo studiare, altrimenti col cavolo che un titolo di studio decente lo riesco ad ottenere prima dei vent'anni.
Vedo Iris venirmi incontro e spero con tutto il cuore che almeno lei abbia trovato qualcuno disposto ad aiutarci.
«Ehi, trovato?» Le chiedo una volta vicine.
«Beh Bì, mi sa che dovremmo fare qualcosa noi... O tutto» Sussurra le ultime parole.
«Cosa?!» Le dico fermandomi.
«Non ti fermare, cammina e sorridi, vedrai che riusciremo a farcela» Sorride continuando a camminare mentre mi prende per mano trascinandomi con lei.
Sorrido in modo falso e mi avvicino al suo orecchio.
«Sai che me la pagherai per tutto questo casino, vero?» Continuo a sorridere, cosa che fa anche lei d'altronde.
«Lo so, ma tra dieci minuti dobbiamo uscire da scuola, quindi... Chi arriva ultima in classe é un pesce lesso!» Ride e scappa.
«Ma perché ho una cugina così?» Mi chiedo mentre sospiro e inizio a correre.
Corro per il corridoio facendo attenzione a non scivolare e beccandomi anche delle occhiate dai professori che ci vedono correre.
«Signorine! Non si corre per i corridoi!» Sentiamo la bidella sgridarci ma tutto ciò ci fa solo ridere, non tanto per le sgridate, ma per il fatto che siamo a scuola a correre verso la nostra classe come quando da piccole giocavamo a rincorrerci.
«Arrivata! Pesce lesso!» Mi dice lei col fiatone.
«Ah si?» Dico ma lei mi indica la porta della classe e ride.
Sentiamo la campanella che segna la fine della giornata scolastica e, mentre lo squillo assordante risuona nella struttura, entriamo in classe per preparare i nostri zaini ed uscire dalla scuola.
«E comunque sei un pesce lesso»  Mi ricorda Iris scappando al di fuori della classe con quasi metà di essa.
Sospiro per poi ridacchiare e scuotere la testa, finisco di mettere il diario nello zaino e, prendendo il cappotto, esco dalla classe.
Raggiungo Iris e l'ammasso di persone che si sono accalcate sulle scale della scuola e scendiamo qualche gradino prima che il secondo suono della campanella, quella definitiva, faccia sì che il portone della scuola si apra lasciandoci così liberi di tornare a casa.
«Come passerai il weekend?»  Mi chiede mia cugina.
«Iris, lo sai, devo studiare per il compito di fisica» Le dico ridacchiando già sapendo la sua classica idea di portarmi a fare shopping oppure ad una festa.
«Bianca, su! Puoi studiare domenica, ma domani, ti prego, andiamo a fare shopping!» Quasi mi supplica.
«Ok, però di mattina. Il resto della giornata penso di passarlo leggendo oppure vedendo delle serie tv con mio padre» Le sorrido.
«Bei programmi per il sabato sera, complimenti!» Ridacchia ed io, facendo lo stesso, le do un leggero schiaffo sul braccio.
«Perdonami se non sono una festaiola come qualcun'altra!» Rido e lei mi lancia un occhiataccia.
«Cosa vorresti intendere, eh?» Mi dice ridacchiando.
«Nulla, nulla» Alzo le mani. Attraversiamo la strada ed improvvisamente il silenzio si fa spazio fra noi.
«Bì» Mi chiama improvvisamente.
«Se ti dico una cosa, tu non lo dirai a tua madre o qualcun'altra persona, vero?» Mi domanda facendosi improvvisamente seria.
«Con chi dovrei parlare?» Le dico ridacchiando.
«Giusto» Sorride lievemente già sapendo il mio carattere chiuso.
«L'altro giorno ho sentito mamma parlare di una gravidanza, le ho chiesto se fosse incinta e mi ha risposto che non lo sa ancora visto che papà è sempre con lei da quando è tornato per il periodo delle feste, così mi ha chiesto di andare a prendere il test di gravidanza al posto suo... » Mi spiega con le mani all'interno delle tasche del giubbotto.
Mi fermo improvvisamente ancora senza parole per l'incredibile notizia, ma lei non sembra affatto felice di ciò.
«E tu ne sei felice, vedo» Sdrammatizzo.
«Non è che non ne sono felice, soprattutto perché per la nostra famiglia avere un bambino é solo una gioia, ma non sono sicura che io sia pronta per fare la sorella maggiore. Insomma, sono la figlia maggiore, dovrò aiutare mia madre ma non so se ne sarò all'altezza, ecco» Spiega in modo molto impreciso.
«Guarda che anch'io avevo questi dubbi, ma ti posso assicurare che è una cosa che viene naturale. Se piange ti chiedi già se ha mangiato, se ha il pannolino da cambiare... Ecco, tutte queste cose che magari possono farti venire l'ansia nel metterle in atto, ti posso assicurare che è del tutto semplice e normale da portare a termine» Le spiego notando la sua agitazione.
«Essere la sorella maggiore è come essere una seconda madre. Verrà da te a chiedere consiglio, non penso che andrà dalla madre quando, ad esempio, si sentirà pronta per avere un rapporto con una ragazza o con un ragazzo» Ridacchio.
«Beh, questo lo penso anch'io. La paura ci sta, vero?» Mi chiede riprendendo a camminare.
«Ci sta tutta» La tranquillizzo sorridendo.
«Grazie Bì, non sai quanto tu mi sia d'aiuto in questo momento» Si appoggia col capo sulla mia spalla ed io ridacchio.
«Io devo andare di qui. Ti faccio sapere» Mi abbraccia forte prima di percorrere la strada che porta a casa sua.
Svolto a destra e continuo a camminare ripensando a cosa mi ha appena detto Iris. I genitori di Iris sono dei tipi in gamba, ce la faranno! Poi con una figlia come lei, ne sono ancora più convinta.
Sorrido per ciò che ho appena pensato e comincio a correre verso casa mia. Era da un bel po' che non correvo verso casa, l'ultima volta fu quando dimenticai il libro di Spagnolo in camera, ora invece non so nemmeno il preciso motivo del perché le mie gambe stiano correndo verso casa.
Dopo all'incirca dieci minuti di corsa, torno a casa con le gambe doloranti per la frenetica corsa. Poso lo zaino in camera mia e mi lego i capelli in una coda abbastanza alta.
Scendo di nuovo le scale e noto che nel salone non c'è nessuno. Magari non si sono accorti che sono tornata a casa. Faccio spallucce e vado verso la cucina, ma anch'essa è vuota.
«Jocelyn? Giuly?» Chiamo le gemelle ma senza alcuna risposta.
Noto un post-it verde attaccato al frigo d'acciaio, lo prendo e leggo ciò che c'è scritto sopra.

Cross †Donde viven las historias. Descúbrelo ahora