34. Asso nella manica

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-No!-, urlò Alberto, che sentì il suo cuore frantumarsi.

Stefania cadde a terra. Il fiume di sangue sgorgava dal foro sulla sua fronte, fino  a colare sui capelli e sugli occhi ancora aperti della donna.

Giusti, con gli occhi brucianti di rabbia, puntò la pistola contro Zenia.

Elena era rimasta a terra, con le mani che tremavano. Era rigida, sembrava svenuta, ma i suoi occhi erano spalancati dalla paura e le sue orecchie erano ben tese per cercare di capire cosa stesse succedendo senza alzare lo sguardo.

Davide impugnava ancora il suo fucile, ora rivolto verso l'ispettore.

-Un po' da codardi mandare qui la tua seconda, non trovi, Alberto?-, disse guardando la donna stesa inerme sul pavimento.

-Ti ammazzo. Qui, ora-, gridò Giusti.

-E con la piccola Elena come la mettiamo? Tesoro, avanti, vieni qui-.

Elena esitò. Quando si sentì chiamare nuovamente, decise che era meglio non contraddire quel folle.

Strisciò fino a raggiungere il ragazzo. Si era accorta di essere rimasta ferita alla gamba dalla sparatoria, ma l'adrenalina era così alta che non sentiva dolore.

Le venne quasi da vomitare quando, sempre attaccata al pavimento, passò nella pozza di sangue che si distendeva sempre di più. Non riuscì a guardare la poliziotta in volto, così si concentro davanti a sè.

Davide la sollevò di peso e la mise davanti al suo corpo, come uno scudo.

Con il naso le spostò una ciocca di capelli, scoprendole l'incavo del collo dove poi posizionò la testa.

-Piccola, comunica all'ispettore  che mi difenderai fino all'ultimo. Che se vorrà uccidermi, dovrà passare prima sul tuo cadavere. Avanti-, sussurrò alla ragazz , lo sguardo fisso su Alberto.

Elena guardò Giusti. L'ispettore era un misto di rabbia, paura e tristezza. Sembrava spaesato, non sapeva cosa fare.

-Lasciala andare. Ti darò la possibilità di fuggire, ma lascia stare la ragazza-, disse  con voce tremante.

Davide assunse un'espressione dispiaciuta.

-Vedi, mio vecchio amico-, disse, -io ho fatto tutto questo per lei. Non sarebbe molto logico lasciarla andare, non trovi?-

I due uomini si guardarono negli occhi.

-Ora, se permetti, voglio riprendere il controllo della situazione-.

Davide caricò l'arma e colpì la gamba dell'ispettore, che cadde a terra con un gemito di dolore.

Poi gli si avvicino e si piegò verso di lui. Infilò due dita nel punto in cui il proiettile lo aveva colpito e premette sulla ferita fino in fondo. Giusti urlò dal dolore.

-Non ce la faccio ad ucciderti. Sei una parte importante nel mio passato. Ci tengo a te... cos'è un cattivo senza un buono che cerca di fermarlo? Sei parte integrante della storia!-, disse, con i muscoli del volto contratti dallo sforzo. Con un movimento secco, tolse le dita dal foro del proiettile e si alzò.

Poi si voltò, e la sua espressione assunse una sfumatura di tristezza.

-E tu...Mia dolce, dolcissima Elena. Questa avventura mi ha dato emozioni che non ho mai provato. Lo dicevo io che eri diversa. Avrai sempre un posto speciale nel mio cuore-.

Il ragazzo continuò ad avvicinarsi e  tese il braccio che reggeva il fucile. La canna dell'arma era discretamente lunga, così mantenne una certa distanza e poggiò l'estremità dell'arma sulla fronte di Elena.

Gli tremavano le mani e tirava su col naso. Cercava di trattenere le lacrime.

-Purtroppo, però, l'avventura deve finire qui. Mi sono spinto troppo oltre, e ormai non ho alternative. Ti ho amata, Elena. Ti amo ora e ti amerò per sempre-.

Davide chiuse gli occhi, come per prepararsi a ciò che stava per fare. Come se, nel profondo, non volesse farlo.

Elena mantenne i nervi saldi.
'Ora, o mai più', disse a se stessa.

In un rapido istante, si sollevò la maglia per scoprire il pantalone all'altezza della cintura. Estrasse una pistola, poi sparò un colpo.

Il fucile di Davide crollò sul pavimento, rimbalzando tre volte prima di arrestarsi.

Con gli occhi sgranati, Davide si portò una mano al petto, poi davanti al viso. Le gocce di sangue colavano lungo le dita, Davide poteva sentirne il calore e vederne il rosso sgargiante.

Guardò Elena per l'ultima volta prima di accasciarsi lentamente per terra. Dopodichè, si sdraiò, e attese lentamente il suo momento senza proferire parola. Le sue labbra si rilassarono, quasi come se, invece di soffrire, fosse felice che fosse finita.

Elena lanciò la pistola in un angolo della stanza e si fiondò sull'ispettore, che ancora si contorceva per il dolore.

Si tolse la cintura e la strinse attorno alla gamba di Alberto, improvvisando un laccio emostatico.

-Come...dove...-, mormorò Giusti, confuso.

-Quando l'ispettrice è stata disarmata, la pistola è scivolata verso di me. Non ci ho pensato due volte e, mentre scivolavo per raggiungerlo, l'ho nascosta sotto la camicetta-.

L'ispettore la guardava attonito. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma fu interrotto.

-Non si sforzi-, gli consigliò Elena.

-Aiuto! Serve aiuto qui!-, gridò poi, attirando l'attenzione della pattuglia rimasta nel giardino.

All'incirca dieci agenti entrarono di corsa, soccorrendo immediatamente il loro superiore.

Uno di loro si avvicinò ad Elena.

-Sta bene, signorina? È ferita-, fece notare, indicando la gamba della ragazza e cominciando ad attenuare la fuoriuscita di sangue in attesa dell'ambulanza.

Elena, ansimante, si voltò e guardò Davide steso a terra, in un mare di sangue, con un'espressione serena ancora stampata in volto.
-Si-, mormorò, -sto bene-.

Eyes On YouWhere stories live. Discover now