7. Appuntamento

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Il motore sembrava fare un rumore fin troppo forte, fino a quando non decise di spegnersi.
Elena iniziò a sentir mancare il respiro.

"Ha manomesso la mia auto!"

Continuò a girare la chiave nella serratura, ma senza risultati.

Si portò una mano tra i capelli e si guardò intorno, non sapendo cosa stesse cercando. Era terrorizzata, si aspettava che il fotografo misterioso si facesse vivo da un momento all'altro per farle del male.

Si girò per controllare che non si fosse nascosto dietro, ma non c'era nessuno.

Sul sedile posteriore, però, c'era un mazzo di rose.

Elena deglutì e afferrò con cautela i fiori. C'era un biglietto:

"Perché niente io chiamo in questo immenso universo
tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto".

"Bene", pensò Elena. "Ancora Shakespeare".

La grafia di questo biglietto era simile a quella trovata sul retro della polaroid, ma questa volta era più elegante e ordinata. Il bigliettino era decorato con il disegno di una rosa. Davvero bello, fatto a mano.

"Il poeta è anche artista", borbottò.

Sentì il battito accelerare. Era entrato nella sua auto. Lo sconosciuto la seguiva, ora ne era sicura.

Provò di nuovo ad accendere il motore, lanciando il mazzo di rose sul sedile del passeggero. Questa volta, la macchina partì.

Nessuno l'aveva manomessa, ma ciò non toglieva il fatto che qualcuno fosse riuscito ad entrarci.

Elena guidò in direzione del ristorante.

Durante tutto il tragitto, il suo pensiero fu rivolto allo sconosciuto che le scattava foto, le regalava fiori e le dedicava poesie. Sembravano i gesti di un uomo innamorato, ma quell'amore poteva essere solo un sentimento malato e contorto, perché Elena provava solo terrore nei suoi confronti. Sapeva che era solo l'inizio, e che da quel momento in poi non sarebbe stata più da sola.

Lui aveva gli occhi puntati su di lei, chissà da quanto tempo.

Scosse la testa.
"No, non devo pensarci ora. Devo pensare al mio appuntamento, devo pensare a Davide", disse a se stessa.

Arrivò al ristorante. Quando entrò, rimase a bocca aperta.

Era davvero elegante. Il posto lo aveva scelto Davide, lei non c'era mai stata. Solitamente optava per pizzerie decisamente meno chic.

Era decorato da lampadari di cristallo che illuminavano l'enorme sala rettangolare. Il pavimento era così lucido che Elena riusciva a vedere il riflesso dei suoi tacchi e si sentiva quasi scivolare. Tavoli eleganti ed accuratamente separati l'uno dall'altro garantivano la privacy senza privare il cliente della vista della sala nel complesso.

-Signorina?-, chiese un cameriere.

-Eh? Come, prego?-, chiese Elena distogliendo lo sguardo dalle numerose portate raffinate che i camerieri trasportavano con maestria.

-Le ho chiesto se ha una prenotazione -, rispose l'uomo. Elena era così presa dalla bellezza di quel posto che non aveva sentito la domanda la prima volta.

-Oh, scusi. Si, il nome dovrebbe essere "Berga"-.

Il cameriere controllò la lista di nomi, poi sorrise.

-Certo, Berga. Il suo accompagnatore l'attende al tavolo 5. Prego, mi segua-.

Elena sorrise e si fece guidare dal cameriere fino al tavolo, dove Davide la aspettava vestito di tutto punto.

Eyes On YouWhere stories live. Discover now