26. Confessioni

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Elena iniziò a cercare nella stanza una qualsiasi possibilità di uscita.

Controllò la finestra, il pavimento, il muro. Non trovò nulla.

Quando sentì il rumore delle chiavi nella serratura, si gettò sul letto per fingersi ancora addormentata.

Sentì poco dopo il calore di un delicato bacio sulla guancia.

Le venne da piangere al pensiero della dolcezza dei baci come quello, quando ancora tutto andava bene.

Ora, i baci di Davide sembravano pungenti e la infastidivano.

-Elena-, sussurrò il ragazzo.
-La colazione è pronta. Alzati, tesoro-.

Elena finse di svegliarsi e si alzò, ignorando lo sguardo di Davide fisso su di lei. Come poteva guardarla ancora in quel modo?

Ogni ricordo con lui iniziò a cambiare significato. I baci, gli sguardi, le parole dolci... Era tutto falso. Era sempre stato falso.

Elena trattenne la lacrima che stava per scendete lungo la sua guancia e tentò di sciogliere il nodo alla gola con un colpo di tosse.

Seguì Davide al piano inferiore, dove ad accoglierla c'era una tavola imbandita con l'impossibile.

Latte, caffè, tè, pane, marmellata, uova, pancetta... Sembrava apparecchiata per un esercito.

Il ragazzo la invitò a sedersi e le spostò la sedia.

-Mangia-, le disse poi dopo essersi accomodato a sua volta.

Elena afferrò un biscotto e iniziò a mangiarlo a piccoli morsi. Non aveva per niente fame.

-Hai dormito bene? Io molto, mi è anche passato il mal di gola. Devo dire che quell'antibiotico è davvero...-

-Dovevi raccontarmi tutto, giusto?-, lo interruppe Elena.

Davide sorrise.
-Non perdi tempo-.

-Ti ascolto-.

-Ecco, Elena...-

Davide posò il coltello sulla tovaglia e si alzò, iniziando a girare attorno al tavolo.

-Dal primo momento in cui ti ho vista, mi hai subito colpito. Eri così bella, il tuo sorriso illuminava la stanza. Non volevo conoscerti, sapevo che con te avrei sbagliato come sempre, ma non ho resistito. Ti ho chiesto di uscire, e il tuo modo di pensare mi ha stupito. Eri la ragazza perfetta. Proprio per questo, avevo promesso a me stesso che non ti avrei più cercata. Quella sera, la prima sera, volevo darti un ultimo sguardo poichè progettavo di non presentarmi al nostro appuntamento. Dopo tanti ripensamenti, non riuscii a controllarmi. Ti seguii, ed entrai in casa della tua amica. Ti scattai una foto su cui scrissi una dedica. Volevo tenerla per me, ma quando feci per andarmene, nella fretta, mi cadde. Non avevo intenzione di mostrartela, ma ormai era arrivata alla porta e non potevo tornare indietro.

Quando tornai a casa, però, mi sentii quasi sollevato. Era come se finalmente, dopo tanto tempo, fossi diventato il vero me stesso. Fu inebriante...e un'idea mi illuminò: se avessi continuato a mandarti dediche e regali, avrei potuto corteggiati come non avrei potuto fare di persona senza spaventarti a morte.

Io non sono il Davide che hai conosciuto, Elena. Io sono quello che ti chiamava, quello che ti amava cosi tanto da essere disposto a fare qualunque cosa per tenerti con sè.

La cosa ben presto mi sfuggì di mano. Non riuscii a starti lontano fisicamente, ma il mio lato predominante non voleva scomparire. So di avere un problema, Elena, ma è come se all'interno della mia testa ci fossero due persone.

È sempre stato così. La mia personalità si è sdoppiata quando ho mandato mio padre all'ospedale. Si, ti ho mentito. Sono stato io a ridurlo così. Quando mi accorsi che invece di pentirmene mi sentii orgoglioso di ciò che avevo fatto, mi accorsi della gravità della situazione e decisi di sopprimere quel lato di me.

Purtroppo però, le persone non possono cambiare. Non per sempre. Riuscii a tenere tutto sotto controllo fino a qualche anno fa, quando il mio istinto si manifestò nuovamente.

Da allora, ho sempre tenuto separate le mie due vite.

Con te, per la prima volta, avevo trovato un modo per essere me stesso con tutte le varie sfumature.

Ho fatto cose terribili, non sto qui a raccontartele...ma ne sono consapevole. Non riesco a controllarmi, Elena.

Quando mi hai detto che pensavi che lo stalker mi avesse rapito, ho voluto reggere il tuo gioco.

Il modo in cui ti vorrei, Elena, non è il modo che meriteresti. Sei l'unica che mi fa pentire delle mie azioni. Sei l'unica di cui mi sia mai importato qualcosa.

Ma mi sono spinto troppo oltre, e quando ti ho vista lì sulla collina tra le mie braccia...ho capito che ormai era troppo tardi. Non potevo piu nascondermi.

Cosi ti ho iniettato un narcotico e ti ho portata qui.

Avrei potuto farti ciò che ho fatto alle altre, ma sono riuscito a imprigionare l'istinto dentro di me. Anche ora, Elena, sto facendo una grande fatica.

Purtroppo, però, non posso lasciarti andare. Non so che fare, Elena! Non so davvero cosa fare!-

Davide iniziò ad urlare.

Elena piangeva silenziosamente. Il suo ormai ex fidanzato aveva fatto del male ad altre ragazze, sicuramente le aveva uccise, ed ora sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che la stessa cosa accadesse anche a lei.

-Posso farti una domanda?-, domandò lei con voce rotta.

Il ragazzo annuì, mentre con le mani continuava a toccarsi i capelli nervosamente.

-Come facevi? A vedere tutto, a sapere sempre dove mi trovassi e con chi?-

Davide sorrise.
-Dovresti aver capito che sono molto abile con la tecnologia. Cimici, telecamere...e a volte, ti seguivo di persona-.

Elena tentò di trattenersi dal saltargli addosso e strozzarlo.
-E quella volta che eravamo insieme? Al parco...quando sono corsa via. Eri lì con me, come hai fatto a mandarmi quel messaggio?-

-Avevo programmato l'invio-.

Elena guardava quel ragazzo, ancora agitato dal sul discorso, con gli occhi sbarrati ed una vena che gli scoppiava nel collo. Sembrava davvero combattere contro se stesso.

Era pazzo, lo ammetteva lui stesso, ed Elena era terrorizzata.

Iniziava a perdere le speranze.

Forse, non sarebbe mai uscita da lì. Forse, da li a poco Davide avrebbe dato sfogo al suo vero io.

Eyes On YouWhere stories live. Discover now