30. Sempre più in fondo

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Elena era nella sua stanza, rannicchiata in un angolo. Continuava a tremare dopo l'ultima discussione con Davide. L'occhio le faceva ancora male, così come l'addome.

Quando sentì la porta cigolare, le si fermò il cuore in gola. Cercò di nascondere quanto più possibile la testa tra le ginocchia.

-Elena...-

La voce del ragazzo era spezzata, mortificata.

-Elena, davvero, mi dispiace-.

La ragazza non rispose, troppo impegnata a tentare di smorzare il pianto che da lì a poco non sarebbe più riuscita a trattenere.

Davide provò a toccarle la spalla, ma lei sussultò e istintivamente si allontanò, stringendo ancora di più le gambe contro il suo petto.

-Elena-, disse lui con tono più deciso.
-So che ti ho fatto del male, ti sto chiedendo scusa. Per l'amor del cielo, almeno guardami-.

Elena si voltò. Gli occhi, spenti e pieni di dolore, ora guardavano Davide.

Il ragazzo si sedette a terra accanto a lei, senza sfiorarla. Il suo sguardo era rivolto a terra e continuava a muovere le dita. Era agitato.

-Con quella... Con quella telefonata mi hai fatto davvero arrabbiare, Elena-.

Ora sembrava essere lui quello sul punto di piangere.

-Gabriele. Sempre Gabriele. Potevi chiamare chiunque altro. Poi non dirmi che non l'hai fatto per farmi innervosire...-

Elena non commentò. Poteva pensare ciò che voleva. Non aveva senso controbattere.

Davide si voltò verso di lei.
-Ho perso la calma Elena. Avevo paura che questo succedesse. Tu...tu, ti prego, non farmi più scherzi. Fallo per te stessa. Io sto lavorando sui miei istinti, ma non me la rendi facile-.

Elena si girò verso il muro. Quel ragazzo le faceva ogni giorno più paura. Sperava solo che Gabriele avesse sentito ciò che aveva detto. Era la sua unica speranza.

Tentare un altro contatto con l'esterno era fuori discussione per il momento. Era ancora troppo turbata e non poteva rischiare che Davide si accanisce nuovamente contro di lei. Non era pronta.

Davide si sollevò da terra.
-Quando sei pronta scendi. Oggi ho preparato l'arrosto-.

Detto questo, chiuse la porta e scese al piano di sotto.

***

-Non ti sembra strano?-, domandò Stefania.

-Cosa?-, le chiese l'ispettore.

-Che abbia lasciato qui tutto questo-.

Giusti afferrò una delle fotografie attaccate alla parete. Se la ricordava, se la ricordava benissimo. Aveva fatto delle copie delle immagini che vennero sequestrate nel 2013.

-Non immaginava che qualcuno sarebbe arrivato fin qui-, rispose senza distogliere lo sguardo dall'immagine di un braccio immerso in un bagno di sangue.

Anche Stefania era impegnata nel prendere tutte le polaroid per catalogarle come prove.

-Ce ne sono di nuove-, disse con un tono sconsolato.

La stanza era interamente tappezzata dalle foto. Era l'opera di un maestro. Per lui, i suoi omicidi erano arte. Ne andava matto.

-Ora non sei più contento che sia ancora vivo come pensavi, vero?-, disse Stefania.

L'ispettore prese un'altra foto. Era la testa di una ragazza giovanissima. Una vittima che loro non conoscevano. Una vittima di Davide Berga, e non di Andrea Zenia.

-No. Decisamente no-, sussurrò.

Quando il muro fu spoglio, si concentrarono sul resto.

-Questi cavi sono stati spezzati-, notò Stefania indicando dei fili che non conducevano a nessun dispositivo.
-Forse aveva un computer che ha portato con sé. Direi che qui non c'è altro-.

Gli agenti uscirono dalla stanza e andarono nel soggiorno.

-Dobbiamo capire dove si trova adesso-, disse Sardelli.

-Maledetto Zenia!-, gridò Alberto, tirando un calcio ad una sedia.
-Va fermato. Ad ogni costo. Pensa, Stefania...come possiamo trovarlo?-

Ci furono diversi minuti di silenzio. Entrambi erano assorti nei loro pensieri e stavano ripercorrendo mentalmente tutte le informazioni che avevano accumulato.

Ad un tratto, Stefania spalancò gli occhi e il suo volto si allargò in un sorriso.

Giusti la guardò speranzoso.

-I tabulati telefonici!-, urlò.

-Cosa?-

-Si, i tabulati telefonici!-

-Avevo già dato l'ordine, non hanno trovato niente. Il telefono fisso di questa casa non ha mai effettuato telefonate-.

L'entusiasmo di Alberto si spense. Credeva che la collega avesse avuto un'idea rivelatrice.

-Ma no, Albe! Elena! La ragazza ha chiamato il suo amico!-

Alberto si riaccese immediatamente.

-Se siamo fortunati, possiamo facilmente recuperare il numero che ha effettuato la chiamata e poi stabilirne la localizzazione!-

-Sei grandiosa, Stefania!-, disse l'ispettore schioccandole un bacio sulla fronte.

-Il nostro Zenia non è più attento ai dettagli come in passato-, commentò la donna soddisfatta.

-No, credo che ci sia sotto altro-, rispose l'ispettore.
-Non è il solito schema, la ragazza sarebbe dovuta essere morta da diversi giorni ormai, ma sappiamo che non è così. Questa volta...questa volta è diversa-.

PS. Un grande grazie a tutti coloro che stanno proseguendo nella lettura!

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